Le piattaforme petrolifere site in mare non sono assoggettabili all’IMU e ciò si desume dalla nuova disciplina dell’IMPi, recentemente introdotta e valevole a partire dal 2020: una prima conferma della giurisprudenza di merito
Commento alle sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, nn. 46 e 47/2020, depositate il 20 febbraio 2020
Le recenti sentenze gemelle della CTP di Rimini, nn. 46 e 47/2020, depositate il 20 febbraio 2020, hanno confermato la linea interpretativa che avevamo anticipato in un breve commento all’art. 38 del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124 (pubblicato sul Sole 24 Ore del 30 ottobre 2019 e riprodotto qui).
Giova al proposito ricordare che, da un ventennio (e con sorti altalenanti in giurisprudenza) molti Comuni costieri ritengono di dover applicare i tributi locali – e, tra essi, in particolare, ICI ed IMU – alle piattaforme petrolifere “antistanti” le proprie coste, sebbene queste si trovino al di fuori della loro circoscrizione territoriale (che non ricomprende il mare), e sebbene esse non siano suscettibili di accatastamento secondo gli stessi Uffici del Catasto (quando l’accatastabilità dell’unità immobiliare è un requisito necessario per configurare il presupposto impositivo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 e 2, d. lgs. n. 504/1992).
La Suprema Corte, nel 2016, con tre discutibili sentenze (n. 3618, 15509 e 15510), ha tuttavia affermato la tassabilità delle piattaforme da parte dei Comuni e, in via incidentale, la loro accatastabilità (la quale, comunque, secondo le medesime tre pronunce non sarebbe necessaria ai fini dell’assoggettamento ad ICI. Per brevità, tralasciamo di commentare il fatto che l’ora detta tesi dell’irrilevanza dell’accatastabilità ai fini dell’assoggettamento ad ICI/IMU è in contrasto con la ferma giurisprudenza della cassazione, resa anche successivamente al 2016, in relazione a beni diversi dalle piattaforme).
Il Governo tuttavia (con risoluzioni ministeriali e risposte a interrogazioni parlamentari), seguito da parte della giurisprudenza di merito, non ha aderito alle tesi della Cassazione, sicchè gli operatori delle piattaforme marine a tutt’oggi si trovano in un limbo di incertezza. Incertezza peraltro aggravata dal fatto che ciascun Comune, in assenza di norme che ne definiscano e circoscrivano l’asserita competenza sul mare e sulle piattaforme ivi collocate, teorizza, al di fuori di qualsiasi copertura normativa, i criteri di collegamento a sé più favorevoli: e spesso più Enti, in alcun modo coordinati tra loro, finiscono con il pretendere lo stesso tributo sulla stessa piattaforma, moltiplicando il carico fiscale accertato a carico del soggetto passivo.
Nel contesto che abbiamo ora rappresentato per sommi capi, si è da ultimo inserita una importante novità legislativa, ossia l’art. 38 del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, recante l’istituzione della “Imposta immobiliare sulle piattaforme marine” (in breve, IMPi), applicabile a partire dal periodo 2020.
L’introduzione di tale nuovo tributo, secondo i Comuni, confermerebbe che sino a tutto il 2019 essi potevano tassare le piattaforme. Al contrario, ad avviso di chi scrive, numerosi elementi testuali e sistematici recati dall’IMPi fungono da chiave di lettura della disciplina previgente e della diversità dei relativi presupposti impositivi, e confermano il fatto che le piattaforme non fossero, sino a tutto il 2019, assoggettabili a tributo.
La CTP di Rimini ha condiviso la nostra tesi.
In particolare, i giudici di merito hanno dato rilevanza a quanto stabilito dal quarto comma del citato art. 38, a mente del quale
“i Comuni cui spetta il gettito dell’imposta derivante dall’applicazione dell’aliquota del 3 per mille sono individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno, con il Ministro della difesa e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi previa intesa in sede di conferenza Stato-Città ed autonomie locali entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto …”.
Al riguardo, la CTP ha in particolare osservato che
“se si trattasse di mera riaffermazione dell’IMU non dovrebbe esserci alcuna necessità di diversa compartimentazione degli enti territoriali di riferimento, dovendo coincidere, invece, con i destinatari dell’IMU”.
Ulteriormente, si è constatato che
“anche dalla definizione giuridica di piattaforma marina, che ci fornisce il primo comma dell’art. 38, da intendersi come una “piattaforma con struttura emersa destinata alla coltivazione di idrocarburi e sita entro i limiti del mare territoriale”, emerge l’impossibilità che si potesse procedere all’accatastamento di tali cespiti proprio perché è l’Istituto idrografico della Marina l’organo cartografico designato al rilievo sistematico dei mari italiani, mentre nella attuale disciplina catastale non sono sanciti criteri di georeferenziazione necessari per individuare e delimitare il potere impositivo tra i diversi comuni costieri e, dunque stabilire quale poteva essere, eventualmente, il comune censuario territorialmente competente a riscuotere il prelievo su tali immobili e, infatti, si è optato per coinvolgere anche il Ministero della Difesa nell’emanazione del decreto interministeriale che dovrà trovare la soluzione
Alla problematica della georeferenziazione delle piattaforme marine e, di conseguenza, all’individuazione del Comune territorialmente competente a riscuotere l’IMPI di tali manufatti. Si può pertanto pervenire alla conclusione che proprio perché il nodo è stato normativamente risolto con l’introduzione della nuova imposta, a decorrere dal 2020, per gli anni pregressi è da confermare la non assoggettabilità a tassazione delle piattaforme petrolifere attesa, nella specie, l’insussistenza dei presupposti fondanti l’IMU”.
Si registra una assoluta coincidenza “concettuale” tra la riassunta posizione e quella già espressa dal Governo il 20 settembre 2018, in risposta all’interrogazione parlamentare del Deputato Fregolent, n. 5-00481, seppur in sede di introduzione della diversa norma di cui all’art. 1, comma 728 della legge n. 205/2017, afferente le piattaforme di rigassificazione ubicate in acque territoriali, laddove è stato rilevato che
“la norma riguarda esclusivamente i rigassificatori … Allo stato attuale, non esistono ulteriori norme che disciplinano la tassazione di altri manufatti siti nel mare territoriale. Per quanto concerne gli aspetti di ordine catastale, il Dipartimento delle Finanze e l’Agenzia delle entrate hanno già espresso con propri documenti di prassi l’avviso che, a legislazione vigente, non è possibile assoggettare ad IMU le piattaforme petrolifere, dal momento che la disciplina del tributo escludeva detti manufatti dal presupposto impositivo dell’IMU. Le ragioni di tale assunto devono essere ricercate nella circostanza che gli stessi non possono essere accatastati a meno di uno specifico intervento normativo, poiché «è l’Istituto idrografico della Marina» e non «l’Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali» di cui alla legge 2 febbraio 1960, n. 68, «l’Organo Cartografico dello Stato designato al rilievo sistematico dei mari italiani». (cfr. Ris.3/DF del 1o giugno 2016)”.
Le decisioni qui segnalate, ponendosi nel solco di un indirizzo interpretativo particolarmente rigoroso e rispettoso del tenore letterale e sistematico delle norme applicabili alla fattispecie, aggiungono quindi un importante tassello al quadro ermeneutico, utile a chi deve affrontare il complesso contenzioso ancora in essere sulle piattaforme petrolifere.