La sottrazione furtiva del prodotto sottoposto ad accisa in regime sospensivo rende esigibile il tributo
Cass. Civ., sez. trib., ord. 20 febbraio 2020, n. 4453
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza 20 febbraio 2020, n. 4453, ha ribadito il principio secondo il quale il diritto all’abbuono di imposta previsto dall’art. 4 comma 1 del d.lgs. n. 504/1995 (breviter, TUA) a favore del soggetto obbligato per i prodotti detenuti in regime sospensivo possa essere riconosciuto solo per il prodotto (nel caso di specie alcool grezzo) che risulti irrimediabilmente disperso, ma non per quello sottratto furtivamente.
La fattispecie concreta sottoposta al vaglio della Suprema Corte ha ad oggetto l’accertamento dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di un depositario autorizzato, che aveva subìto il furto di un rilevante quantitativo di prodotto, sottoposto ad accisa in regime sospensivo.
Secondo il contribuente, non sussistevano le condizioni per procedere al recupero dell’imposta, giacché il furto dell’alcool realizzerebbe una fattispecie di perdita irrimediabile della merce per fatti imputabili a terzi.
Com’è ben noto, per i prodotti sottoposti ad accisa, l’obbligazione tributaria sorge all’atto della fabbricazione, mentre l’imposta diviene esigibile nel momento dell’immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato (art. 2 del TUA).
In particolare, l’immissione in consumo si verifica per effetto dello svincolo, anche irregolare, dei beni sottoposti ad accisa da un regime sospensivo, a condizione che l’operatore non provi la perdita irrimediabile o la distruzione totale dei prodotti stessi.
Più nella specie, l’art. 4 comma 1 del TUA prevede che
“in caso di perdita irrimediabile o distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono della relativa imposta qualora il soggetto obbligato provi (…) che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. (…) i fatti imputabili a titolo di colpa non grave, a terzi o allo stesso soggetto passivo, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”.
Interpretando tale disposizione, la Suprema Corte, condividendo le eccezioni sollevate sul punto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha affermato che sono legittimamente esigibili le accise sui prodotti rubati ad opera di terzi, giacché il furto, pur determinando la perdita dei beni da parte del soggetto passivo, non impedisce l’immissione in consumo degli stessi.
In particolare, i giudici di legittimità hanno affermato che
“la sottrazione ad opera di terzi determina solo lo spossessamento ai danni del contribuente sostanziale ma non è di ostacolo alla commercializzazione, ancorché clandestina, del bene sottratto”.
Il furto del prodotto, pertanto, non esime dal pagamento dell’accisa il depositario autorizzato, con la conseguenza che l’obbligazione tributaria continua a gravare sul predetto soggetto obbligato, indipendentemente dal fatto che la sottrazione del prodotto sia avvenuta a opera di terzi.
Tale condivisibile orientamento – già avallato da altri precedenti in terminis della stessa Corte (cfr. ex multis Cass., sentenze nn.16966/2016, 25990/2013, 27825/2013 e 12428/2007) – trova precisa copertura anche nell’ambito comunitario, laddove la Corte di Giustizia UE si è trovata più volte a statuire che
“l’abbuono dell’imposta non è previsto in caso di svincolo irregolare della merce dal regime di sospensione, ma solo in caso di ammanchi, essendo tali quelli riconducibili alle perdite dovute a caso fortuito o forza maggiore o alle perdite inerenti alla natura del prodotto che abbiano determinato la perdita o distruzione del bene in senso oggettivo, ossia in riferimento alla sua esistenza ed alla sua idoneità al consumo” (cfr., CGUE, 28 gennaio 2016, BP Europa SE contro Hauptzollamt Hamburg-Stadt, causa C-64/15; CGUE, 11 luglio 2013, Harry WistonSARL, causa C- 273/12).
In continuità con tali principi è la distinta ipotesi – anch’essa oggetto della sentenza della Suprema Corte in analisi – dell’alcool oggetto di dispersione in conseguenza dello stesso furto, giacché in tale fattispecie non viene a concretizzarsi l’immissione del prodotto nel circuito del consumo e, dunque, non si realizza il presupposto per l’insorgenza dell’obbligazione tributaria. Tale circostanza, tuttavia, integra il diritto all’abbuono dell’imposta solo a condizione che l’operatore economico dimostri, in modo ritenuto attendibile dall’Amministrazione finanziaria, che la perdita sia avvenuta per caso fortuito o forza maggiore ovvero per condotte a lui non imputabili a titolo di colpa grave o di dolo. Al contrario, in caso di dispersione, ancorché irrimediabile, causata da fatti imputabili al contribuente a titolo di colpa non lieve, l’accisa risulta comunque esigibile
A meri fini di completezza, si segnala che la pronuncia in rassegna si pone in contrasto con una ormai isolata pronuncia della stessa Suprema Corte, secondo la quale, invece, l’esigibilità delle accise è condizionata al regime sospensivo di cui all’articolo 1, comma 2, lett. g), del D.Lgs. 504/1995, fino al momento dell’immissione in consumo, con la conseguenza che, ove la merce venga rubata da terzi prima della sua immissione in consumo, l’imposta non è dovuta, dovendosi assimilare il furto alle cause estintive dell’obbligazione impositiva previste dall’articolo 4 del decreto citato (cfr., Cass., sentenza n. 24912/2013).