Decreto Spalma Incentivi: arriva un’ulteriore conferma anche in sede internazionale
Lodo arbitrale SSC no. 132/2016 (SunreserveLuxco Holdings S.A.R.L. v. Italy)
Nell’ambito dell’arbitrato internazionale SunreserveLuxco Holdings S.A.R.L. v. Italy (SCC case no. 132/2016), instaurato dinanzi all’Arbitration Institute of the Stockholm Chamber of Commerce, tre Società di diritto lussemburghese hanno convenuto la Repubblica Italiana, contestando l’adozione di alcune misure normative in asserita violazione degli impegni assunti con l’adesione all’Energy Charter Treaty (ECT).
Fra le misure contestate figurava, in particolare, l’art. 26 del d.l. 25 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 116, meglio conosciuto come “Decreto Spalma Incentivi”.
Come noto, tale disposizione, al fine di favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili, ha previsto, inter alia, la rimodulazione degli incentivi riconosciuti, ai sensi dei c.d. Conti Energia, agli impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore ai 200 kw. Nello specifico, le Società hanno contestato la succitata disposizione sotto il profilo della violazione del legittimo affidamento dalle stesse riposto sul godimento delle tariffe incentivanti, per come riconosciute – in misura e tempistiche di erogazione – nelle convenzioni stipulate con il Gestore dei Servizi Energetici – GSE, e in forza del quale erano state indotte ad investire in Italia, in tale specifico settore.
Nel corso dell’arbitrato, sono state richieste delle expertise giuridiche a specialisti del settore, al fine di indagare la coerenza delle misure del Decreto Spalma Incentivi con gli standards del diritto italiano e, segnatamente, con le norme, anche di tipo fiscale, in tema di energia.
È necessario premettere che, successivamente alla introduzione del giudizio arbitrale, la legittimità del Decreto è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale, con la sentenza del 24 gennaio 2017 n. 16, che ha ritenuto non fondate le questioni sollevate in riferimento a diversi parametri costituzionali, ivi inclusa la tutela del legittimo affidamento.
In particolare, la Corte ha evidenziato che nonostante il legittimo affidamento costituisca un «elemento fondamentale ed indispensabile dello Stato di diritto», dalla sua tutela non discende automaticamente l’impossibilità per il legislatore di emanare disposizioni che modifichino, anche sfavorevolmente, la disciplina dei rapporti di durata, purché l’intervento non si traduca in un regolamento irrazionale e arbitrariamente incidente sulle situazione sostanziali preesistenti, come espressamente riconosciuto con riferimento al caso di specie.
Orbene, il Collegio Arbitrale ha innanzitutto condiviso le conclusioni della Corte Costituzionale, ritenendole altresì coerenti con la giurisprudenza dell’arbitrato sugli investimenti.
Di tal ché, le critiche mosse dalle Società non sono state ritenute idonee a giustificare una conclusione diversa da quella cui era pervenuto il Giudice delle Leggi italiano (punto 829 del lodo arbitrale).
Anzi di più. Assunto che già la Consulta aveva espresso un giudizio di costituzionalità favorevole alla disposizione de qua, il Collegio Arbitrale si è spinto oltre, andando ad indagare la natura delle convenzioni concluse tra il GSE e le Società investitrici.
Come noto, tali convenzioni hanno lo scopo di regolare il rapporto tra il Gestore e il soggetto responsabile dell’impianto secondo lo schema tipico ed abituale delle convenzioni di concessione, in cui, accanto al provvedimento di concessione, la Pubblica Amministrazione e il soggetto privato stipulano una c.d. convenzione accessoria volta a definire i rispettivi obblighi.
Al riguardo, risulta rilevante la stretta interdipendenza tra il provvedimento amministrativo e la convenzione, in quanto la prima è la fonte primaria di un rapporto di cui la seconda si limita a specificare alcuni profili.
Su tali premesse, quindi, il Collegio ha ritenuto che le convenzioni siano da ritenersi strumenti meramente accessori, che non avrebbero potuto ingenerare nelle investitrici aspettative diverse ed ulteriori rispetto a quanto disposto dal regime normativo generale.
Sul punto, il lodo finale richiama l’expertise giuridica dell’Avv. Anna Romano, quale consulente nominata dal MISE, secondo cui
«interdependence between the administrative measure and the ancillary [GSE] agreement” and the fact that “the content of the agreement is totally predetermined by law”, evidence the accessory nature of GSE letters and contracts in the face of these contextual features, the form of the GSE letters and contracts, which Claimants emphasise, is not a material feature in consideration» (punto 829 del lodo arbitrale).
Alla luce di ciò, l’unica aspettativa che i richiedenti avevano e su cui avrebbero potuto fare affidamento, mentre decidevano di investire in Italia, sarebbe stata la garanzia di un’equa remunerazione per la vita media convenzionale degli impianti fotovoltaici (fissata a 20 anni). Profilo quest’ultimo su cui non incide la lettera di conferma tariffaria rilasciata dal GSE
(«while being a manifestation of the power plant having qualified for the incentive scheme within the Second ContoEnergia Decree, does not have any implications on the scope of the expectations of a “fair remuneration”» punto 830 del lodo arbitrale).
In virtù di tali considerazioni, il Collegio Arbitrale ha riconosciuto che la Repubblica italiana non ha violato gli obblighi previsti dalla Energy Charter Treaty e, conseguentemente, ha rigettato la richiesta di risarcimento avanzata dalle società ricorrenti.