Verifica fisica e revisione su istanza di parte della dichiarazione doganale

Corte di Giustizia, sentenza 16 luglio 2020, causa C-496/19, Antonio Capaldo S.p.A.
28/12/2020

1. Consolidando il più recente indirizzo interpretativo[1], con la sentenza 16 luglio 2020, causa C-496/19, Antonio Capaldo S.p.A., la Corte di Giustizia precisa che la “verifica fisica” effettuata al momento dell’introduzione della merce in dogana non costituisce circostanza ostativa alla successiva revisione su istanza di parte della dichiarazione doganale.

L’interessante arresto della Corte sulla portata e sull’ampiezza della procedura di revisione dell’accertamento doganale si pone in linea con le caratteristiche dell’istituto, che consente di correggere errori o omissioni (anche di natura giuridico-interpretativa) commessi in dogana, per allineare il regime impositivo alla “situazione reale” e alla effettiva natura delle merci importate.

2. Il caso sottoposto ai Giudici lussemburghesi traeva origine, più nel dettaglio, da distinti contenziosi promossi a fronte del rigetto, da parte dell’Agenzia delle Dogane, delle istanze proposte dal ricorrente per la revisione della dichiarazione doganale e il rimborso dei maggiori dazi scontati sull’importazione di beni (nello specifico, gazebo) provenienti dalla Cina[2].

A fondamento del diniego, l’Amministrazione doganale osservava, in particolare, che le merci oggetto della domanda di revisione erano state precedentemente sottoposte a verifica fisica all’atto dello sdoganamento, senza che la contribuente formulasse alcuna contestazione sulla classificazione individuata in tale sede.

Ne sarebbe, dunque, derivata l’inammissibilità dell’istanza di revisione e della connessa domanda di rimborso delle maggiori somme versate.

Respingendo questa lettura, a seguito del rinvio disposto dalla Commissione di secondo grado, la Corte di Giustizia ha escluso che il controllo fisico delle merci effettuato all’atto della loro importazione osti all’instaurazione della procedura di revisione dell’accertamento di cui all’art. 78 CDC.

Secondo la Corte, infatti, e da un punto di vista testuale, e da un punto di vista teleologico, l’art. 78 CDC non contiene particolari limitazioni alla possibilità di reiterare una verifica condotta sul contenuto delle dichiarazioni doganali, qualora emergano a posteriori elementi idonei a giustificarne la revisione, per correggere errori o omissioni di natura materiale o interpretativa.

Una preclusione in tale senso – precisano i Giudici – non può essere neppure rinvenuta nella circostanza per cui l’importatore non abbia formulato specifiche contestazioni in sede di controllo preventivo e all’atto di una verifica fisica sulla natura delle merci introdotte in dogana.

Secondo la Corte, infatti

«… qualora l’esame a cui procede riveli che le disposizioni che disciplinano il regime doganale di cui trattasi sono state applicate sulla base di elementi inesatti o incompleti, l’autorità doganale, conformemente all’articolo 78, paragrafo 3, del codice doganale, deve adottare le misure necessarie per regolarizzare la situazione, tenendo conto dei nuovi elementi di cui dispone».

E, poiché l’unico rimedio consentito in caso di versamento in eccesso dei dazi all’importazione consiste nel “rimborso dell’eccedenza riscossa”[3], ne deriva che

«…  una verifica fisica delle merci effettuata al momento della loro importazione non può, di per sé, ostare all’avvio della procedura di revisione della dichiarazione in dogana prevista all’articolo 78 del codice doganale».

Su tali premesse, si perviene alla conclusione secondo cui

«…  l’articolo 78 del codice doganale deve essere interpretato nel senso che esso non osta all’avvio della procedura di revisione della dichiarazione in dogana da esso prevista, anche qualora la merce di cui trattasi sia stata sottoposta, in occasione di una precedente importazione e senza contestazione, a una verifica fisica che abbia confermato la sua classificazione doganale».

3. La pronuncia in commento conferma che i rimedi previsti in ambito doganale per la revisione della dichiarazione presentata dall’importatore devono garantire un’imposizione daziaria conforme alla realtà dei fatti e alla natura delle merci introdotte in dogana.

La discrezionalità che pure deve essere attribuita alle Amministrazioni doganali al ricorrere di determinate circostanze (ed in particolare, nei casi in cui la revisione presupponga un riscontro fisico su determinate caratteristiche dei beni, divenuto inattuabile a seguito dello svincolo della merce) non può, quindi, in alcun modo tradursi in una generale e indiscriminata preclusione alla possibilità – espressamente accordata dall’art. 78 CDC – di correggere nei termini di legge una dichiarazione doganale “viziata” da errori (giuridici o materiali) che abbiano comportato l’applicazione di dazi in misura superiore a quella effettivamente dovuta.

Se, quindi, in linea di principio, la verifica fisica costituisce lo strumento elettivo e preferenziale per stabilire le caratteristiche e il connesso regime daziario applicabile ad un determinato bene (cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 20 ottobre 2005, C-468/03, Overland Footwear), ciò non esclude che l’operatore possa comunque avvalersi di ulteriori rimedi per ottenere il rimborso dell’eccedenza riscossa, qualora sussista la possibilità di dimostrare che il trattamento doganale applicato all’importazione sia frutto di dichiarazioni inesatte o incomplete sulle caratteristiche, sul quantitativo e/o valore dei beni importati.

4. Questa precisazione, relativa alla disciplina contenuta nel “vecchio” CDC di cui al regolamento CE n. 2913/92, deve ritenersi a fortiori valida alla luce del quadro normativo attuale e della previsione dell’art. 173 del CDU approvato con regolamento UE n. 952/2013; tale disposizione, come noto, in vigore a far data dal 1° maggio 2016, nel riprodurre il contenuto del previgente art. 78 CDC, non contiene infatti più alcuno specifico riferimento agli elementi “inesatti o incompleti” della dichiarazione originariamente presentata, quale presupposto per la revisione ad istanza di parte.

Si può quindi ritenere che l’istituto in esame possa essere azionato non solo in presenza di errori o inesattezze involontarie, ma in tutti i casi in cui sussista la possibilità di riscontrare a posteriori l’omessa indicazione nella bolletta doganale di uno o più elementi utili alla corretta individuazione del regime impositivo effettivamente applicabile all’importazione.

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[1]
Sul tema della revisione a posteriori della dichiarazione doganale, si v., tra le altre, Corte di Giustizia, sentenza 16 luglio 2020, causa C-97/19, Pfeifer & Langen GmbH; sentenza luglio 2019, causa C-249/18, CEVA Freight Holland; 10 sentenza 10 dicembre 2015, causa C-427/14, Veloserviss; sentenza 27 febbraio 2014, causa C-571/12, Greencarrier Freight Services Latvia

[2] Nello specifico, il ricorrente assumeva che l’importazione aveva avuto ad oggetto gazebo costituiti da strutture in ferro e strutture in acciaio, cui era stato attribuito un unico codice tariffario ed applicata un’aliquota daziaria del 12%. A seguito di verifiche interne era, invece, emerso che i beni avrebbero dovuto essere ricondotti ad una diversa voce doganale, con applicazione di una minore o nulla aliquota daziaria.

[3] Cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 20 ottobre 2005, C-468/03,

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