Energia elettrica: si conferma non dovuta l’IVA su accise mai addebitate in rivalsa

Commissione tributaria Regionale per la Lombardia, sez. III, sent. 3 novembre 2020, n. 2527
28/01/2021

 

1. La CTR per la Lombardia ha confermato che l’IVA sulle accise è dovuta solo ove queste ultime siano addebitate in rivalsa al beneficiario della fornitura e, in altri termini, siano esposte in fattura. Diversamente, l’accisa non accollata al cliente non entrerà a far parte del corrispettivo dell’operazione e non sarà assoggettabile ad IVA.

 

Proseguendo nel proprio – ormai consolidato – orientamento giurisprudenziale sul tema [1], peraltro oggetto di un recente avallo da parte della Corte di Cassazione, la Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia ha affermato che il principio di corrispettività ricavabile dall’art. 13 del d.P.R. n. 633/1972 limita la debenza dell’imposta agli “oneri che il cedente accolla al cessionario” e preclude la ricomprensione nella base imponibile delle operazioni di fornitura di energia elettrica di oneri “astratti”, non effettivamente addebitati in rivalsa al cessionario.

 

2. Questi i fatti di causa. Nell’ambito dell’operazione di sub-concessione degli spazi aeroportuali afferenti gli scali di Linate e Malpensa, la Società svolgente attività di gestione dei due aeroporti ha stipulato con soggetti terzi contratti di fornitura per la messa a disposizione di energia elettrica, condizionamento, riscaldamento ed altri servizi, di corredo alle singole sub-concessioni. A remunerazione del servizio di fornitura svolto dalla Società, i predetti contratti di utilities prevedevano la corresponsione – da parte dei soggetti terzi sub-concessionari – di un corrispettivo “forfetario e onnicomprensivo. In quanto “onnicomprensivo”, tale corrispettivo è stato pattuito dalle parti a copertura di ogni costo sostenuto dalla Società nell’ambito della fornitura in parola, tra cui gli oneri per accisa sull’energia elettrica dovuta da quest’ultima nei confronti dell’erario. Di conseguenza, nel corso delle annualità controverse, la Società di gestione non ha ri-addebitato – né come quota parte del citato corrispettivo, né a titolo di spese anticipate – l’accisa dovuta in capo ai sub-concessionari, facendosi pertanto carico di tale onere.

 

Con separati avvisi di accertamento spiccati in relazione alle annualità 2012-2015, l’Agenzia delle Entrate ha (i) contestato alla Società l’omessa rivalsa nei confronti dei sub-concessionari dell’accisa sull’energia elettrica fornita e ha contestualmente (ii) accertato una maggior IVA dovuta sull’accisa mai ri-addebitata.

 

Il ricorso proposto dalla Società avverso gli atti impositivi è stato rigettato dai giudici di prime cure, secondo i quali, indipendentemente dal fatto che “il fornitore abbia ripetuto… l’accisa” sul sub-concessionario – circostanza “interna ai rapporti economici tra le parti ed irrilevante ai fini fiscali” – gli importi corrispondenti all’accisa sull’energia elettrica fornita dalla Società sarebbero necessariamente dovuti confluire nella base imponibile delle operazioni a valle, prestate nei confronti degli utilizzatori degli spazi aeroportuali.

La Società ha proposto appello avverso tale sentenza.

 

3. Con la decisione in epigrafe la CTR ha riformato la sentenza di primo grado e accolto le ragioni della contribuente.

In via preliminare, la Commissione ha precisato come il giudizio non verta sulla debenza o meno delle accise da parte della Società – che, invero, sono state assunte come dovute –, ma riguardi la circostanza secondo cui l’ente gestore, “non avendo ricomprese le stesse [accise] a base dell’imponibile…ha pagato un’imposta inferiore al dovuto”. Ciò premesso, ad entrare in gioco è il concetto di imponibile. Secondo l’art. 13, cit., la base imponibile è costituita:

 

dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o committente”.

 

La disposizione prevede che la base imponibile sia formata solo dal corrispettivo realmente ricevuto dal cedente [2], senza che possano esservi inclusi oneri astratti, non addebitati al cessionario.

Nel sussumere la fattispecie de quo sotto la disposizione ora riportata, la CTR ha sostenuto che l’imposta erariale sul consumo di energia elettrica costituisca un “onere verso terzi” ai sensi dell’art. 13, cit., e pertanto essa rientri nella base imponibile solo qualora materialmente “accollata” al cessionario. A tal fine, il riscontro documentale risulta decisivo. L’addebito – mediante il quale viene propriamente esercitata la rivalsa – si manifesta, infatti, con l’atto di emissione della fattura, la quale deve indicare, ai sensi dell’art. 21 del d.P.R. n. 633/1973, “corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile” e, con particolare riferimento all’accisa, deve recare la liquidazione del tributo mediante apposita “voce” autonoma, ex art. 56, comma 3, T.U.A. Di conseguenza, mancando nel documento emesso verso i sub-concessionari espressa e isolata esposizione cartolare dell’onere sostenuto dalla Società per le accise sui consumi di energia elettrica, quest’ultima non può dirsi a ragione “accollata” sul cessionario ai fini dell’art. 13, cit. In linea con tali argomentazioni, la Commissione ha rilevato come la Società:

 

nelle fatture emesse per le forniture del servizio di messa a disposizione dell’energia elettrica dalla stessa reso a corredo della sub-concessione degli spazi aeroportuali, unitamente ad una pluralità di servizi, nei confronti delle società insediate presso gli scali aeroportuali di Malpensa e Linate, non abbia mai addebitato l’imposta erariale di consumo sui cessionari, quindi, in concreto, non vi è mai stata alcuna traslazione delle accise, tanto sotto il profilo economico, quanto quello giuridico. Nonostante la normativa [art. 13, cit.] sia chiara nell’affermare che l’onere concorre alla formazione della base imponibile IVA solo quando sia stato effettivamente accollato nei confronti del cessionario, l’ufficio ha preteso di accertare una astratta imposizione”.

 

4. Elemento decisivo considerato dalla CTR è il fatto che l’accisa in oggetto costituisca un tributo per il quale non esiste alcun obbligo di traslazione nei confronti del consumatore finale. La Società, in altri termini, aveva il diritto – e non l’obbligo – di addebitare in rivalsa l’onere sofferto con tale imposta [3]. Il punto merita una considerazione. Nonostante la sentenza non prospetti oltre, può ragionevolmente ritenersi che l’eventuale circostanza contraria (i.e. la presenza di un obbligo di addebito al sub-concessionario) avrebbe condotto i giudici, all’opposto, ad avallare la contestazione erariale. Ed infatti, in presenza di un obbligazione di traslazione dell’onere sul contribuente finale, il dato fattuale dell’avvenuto effettivo addebito o meno a terzi di tale costo sembrerebbe perdere rilevanza: il contribuente, pur non avendo addebitato in rivalsa, vi era comunque tenuto [4].

Simile conclusione non rimane priva di rilievo. Assume, infatti, fondamentale importanza non solo l’individuazione degli obblighi di rivalsa ex lege di oneri fiscali (che nell’ordinamento tributario italiano sono, invero, piuttosto marginali [5]) ma, soprattutto, degli obblighi di traslazione di oneri/spese che le parti hanno convenuto ex contractu. La presenza di una clausola contrattuale che pone a carico del cessionario o committente oneri/spese di sorta potrebbe in ogni caso – anche, cioè, dinanzi alla decisione assunta ex post dal fornitore di “incamerare” e non addebitare effettivamente detti costi – legittimare contestazioni di omessa inclusione degli stessi nella base imponibile IVA.

Nel caso in commento tale ultima circostanza non si è verificata. I giudici hanno, infatti, accertato che un obbligo di addebito delle accise non fosse rinvenibile nelle clausole dei contratti di utilities, che prevedevano corrispettivi “forfetari e onnicomprensivi[6].

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[1] Cfr., ex multis, CTR Lombardia sentt. nn. 4977/12/2015, 4978/12/2015, 7800/5/2016, 1960/22/2018, 1390/1/2019, 209/1/2020.

[2]Costituisce espressione di un principio fondamentale della Direttiva Iva quello secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto”, CGUE, C-404/16, Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatóság, par. 27; nello stesso senso, C-440/12, Metropol Spielstatten, par. 38.

[3] L’art. 56, T.U.A. prevede il “diritto di rivalsa sui consumatori finali”. Allo stesso modo, secondo l’art. 16, comma 3, T.U.A. “i crediti vantati dai soggetti passivi dell’accisa verso i cessionari dei prodotti per i quali i soggetti stessi hanno assolto tale tributo possono essere addebitati a titolo di rivalsa”.

[4] La conclusione è confermata dalla Corte di Cassazione, sent. n. 26145/2019, punto 12.4, richiamata al par. 1 supra, nonché dalle corti di merito: cfr. CTP Milano, sent. n. 1388/8/2019, ove si afferma che tra tra “gli oneri che concorrono a formare la base imponibile vanno ricompresi anche quelli tributari di ogni genere se l’importo sia stato traslato dal cedente a carico del destinatario dei beni medesimi, ovvero se l’importo, ancorchè non traslato, doveva esserlo sulla base della legge”.

[5] Si menziona, a titolo esemplificativo, l’imposta sui diritti d’imbarco: l’art. 5, comma 5, della l. n. 324/1976 ne prevede la traslazione obbligatoria, disponendo che “il diritto è dovuto direttamente dal vettore che se ne rivale nei confronti del passeggero”.

[6] Occorre osservare, tuttavia, che nonostante la mancata rivalsa sia stata ricondotta a ragioni contrattuali, la sentenza riporta altresì come “per la Società, il mancato addebito dell’accisa era dipeso dal fatto che la [medesima] non aveva previamente corrisposto all’erario l’accisa gravante sull’energia fornita ai sub-concessionari”, contribuendo così a ingenerare qualche dubbio sul punto.

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