25/02/2021

Con la risposta a interpello n. 632 del 29 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, in presenza di una cessione intracomunitaria c.d. “triangolare” realizzatasi nel 2019, la prova dell’avvenuto trasporto di merci può essere fornita anche beneficiando delle presunzioni relative previste dall’art. 45-bis del Regolamento di esecuzione n. 282/2011, formalmente entrate in vigore solo a decorrere dal 1° gennaio 2020, purché il contribuente abbia a disposizione un corredo documentale coerente con il contenuto della previsione richiamata.

 

La fattispecie sottoposta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguardava, in particolare, una società tedesca, avente sede legale in Germania e priva di collegamento territoriale (sia esso una stabile organizzazione o un rappresentante fiscale) con l’Italia, che, nell’ambito della propria attività di commercio all’ingrosso, procedeva ad acquistare da una impresa italiana, con clausola “franco fabbrica”, della merce che veniva ritirata nel magazzino del fornitore italiano da un vettore incaricato dalla stessa impresa tedesca e poi consegnata direttamente al cessionario finale austriaco.

 

Qualificata l’operazione come una “triangolazione di esportazione intra-comunitaria” non imponibile ai fini IVA, con riferimento all’acquisto effettuato dal fornitore italiano, la società chiariva che, nella fattura emessa da quest’ultimo, risultava già riportato il nominativo del cliente finale ed il luogo di destinazione della merce (Paese UE al di fuori dell’Italia)” e che, per dimostrare l’avvenuta realizzazione dell’operazione, erano stati forniti:

 

“- la fattura di vendita emessa dal fornitore italiano;

– la lettera di vettura internazionale CMR con la specifica che il fornitore italiano è mittente per conto dell’istante e che il destinatario delle merci è una società austriaca (…);

– il packing list relativo alla fattura emessa dal venditore italiano;

– comunicazioni via e-mail tra Beta e il vettore incaricato del trasporto della merce;

– documentazione rilasciata dall’istante a prova dell’avvenuta consegna della merce, con cui la stessa riepiloga al suo fornitore italiano le fatture ricevute dal cliente austriaco”.

Orbene, a fronte di tale quadro fattuale, l’Amministrazione finanziaria ha, innanzitutto, confermato la correttezza della qualificazione dell’operazione come cessione triangolare non imponibile ai fini IVA ai sensi dell’art. 41, d.l. 331/1993, per poi focalizzare l’attenzione sui profili probatori e, quindi, in particolare, sulla documentazione richiesta ai fini della dimostrazione dell’effettiva realizzazione dell’operazione.

 

Procedendo gradatamente, l’Agenzia delle Entrate ha, in primo luogo, osservato che, per quanto riguarda la disciplina comunitaria di riferimento, da un lato, le disposizioni introdotte con la Direttiva 2018/1910/UE del 4 dicembre 2018 non possono trovare in alcun modo applicazione in quanto non ancora recepite dal nostro ordinamento e, dall’altro, che l’operatività della presunzione relativa di cui all’art. 45-bis del Regolamento esecutivo 298/2011, così come recentemente modificato dal Regolamento 1912/2018, deve essere invece valutata con maggiore flessibilità.

 

Ciò doverosamente premesso, prima di analizzare l’applicabilità delle previsioni comunitarie al caso di specie, l’Amministrazione finanziaria ha osservato che la prova dell’avvenuta cessione intracomunitaria deve essere fornita tenendo conto dei chiarimenti da essa stessa a più riprese rilasciati sulla base dell’orientamento delineato dalle pronunce della Corte di Giustizia.

 

In particolare, è stato precisato nella risposta in esame che, al ricorrere di tutti i presupposti richiesti per la configurazione di un’operazione di cessione non imponibile ai fini IVA, per dirsi realmente eseguito il trasferimento fisico dei beni da un Paese all’altro è richiesta

“la produzione di un complesso di documenti relativi all’operazione tra loro coerenti, dai quali è possibile desumere l’avvenuto trasferimento dei beni”.

Nel rinviare ai precedenti interventi sul tema (risposta a interpello n. 100 del 2019 e risoluzioni nn. 345/E del 2007, 477/E del 2008 e 19/E del 2013), l’Amministrazione finanziare ha, poi, consolidato la propria posizione evidenziando, per quanto qui di rilievo e, dunque, ai fini della dimostrazione dell’avvenuta spedizione di beni in un altro Paese comunitario, che il venditore italiano che trasferisce all’estero la propria merce deve conservare

“la fattura di vendita all’acquirente comunitario (…);

– gli elenchi riepilogativi INTRA relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate dal Fornitore italiano;

– il documento di trasporto “CMR” firmato;

– la rimessa bancaria dell’acquirente (…) relativa al pagamento della merce”.

Una volta ribaditi i principi generali, l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria si è dunque concentrata su una delle criticità più ricorrenti, rappresentata, in particolare, dalla difficoltà pratica che deve fronteggiare il venditore nel reperire il CMR firmato quando, come avvenuto anche nella circostanza qui in esame, il trasporto viene affidato ad un terzo. Ed è proprio in questo caso, quindi, che, come già sancito nelle risoluzioni del 15 dicembre 2008 e 25 marzo 2013, n. 19/E, in assenza di un puntuale e rigido vincolo, viene riconosciuto che

“1. quando non è possibile esibire il documento di trasporto sono ammissibili altri mezzi di prova idonei;

2. la prova dell’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato UE deriva da un insieme di documenti da cui si ricava, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente”[1].

Avendo ora riguardo alla peculiarità della fattispecie in commento, l’Agenzia ha sottolineato, anzitutto, che, sebbene sia stata la società tedesca, in quanto promotore della cessione triangolare, a presentare l’istanza, la prova dell’effettivo trasferimento dei beni all’estero dovrà essere prodotta unicamente dal fornitore italiano, primo cedente.

A questo proposito, preso atto dell’inidoneità del CMR prodotto congiuntamente all’istanza di interpello a costituire mezzo di prova, “perché privo della firma del destinatario finale delle merci”, in applicazione dei principi da essa stessa dettati, l’Amministrazione ha, quindi, richiesto alla società tedesca istante di fornire al primo venditore italiano i documenti che questi dovrà presentare alla stessa Agenzia delle Entrate. Trattasi, in particolare, di:

  • documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alla cessione;
  • dichiarazione di ricezione delle merce da parte del cliente finale;
  • documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti;
  • elenchi Intrastat.

 

Ribadendo il proprio approccio collaborativo a favore dei contribuenti impegnati nell’ambito del commercio intracomunitario, l’Agenzia delle Entrate ha, poi, riproposto le argomentazioni già esposte nella circolare n. 12/E del 12 maggio 2020, sottolineando che

“(…) le presunzioni relative, previste dal nuovo articolo 45-bis del Regolamento di esecuzione UE 282/2011 del 15 marzo 2011 in merito alla prova del trasporto dei beni sono applicabili (…) anche in relazione alle operazioni realizzate ante 1° gennaio 2020 qualora il contribuente possieda un corredo documentale integralmente coincidente con le indicazioni della norma richiamata”.

Muovendo da tali considerazioni, è la stessa Agenzia delle Entrate a riconoscere l’esistenza di un sistema di tutela a due livelli per il contribuente che abbia posto in essere operazioni intracomunitarie, tanto antecedentemente quanto successivamente alla data del 1° gennaio 2020. Ed invero, alla luce di quanto sopra, è possibile rilevare:

  • un livello di tutela c.d. base, nell’ambito del quale il contribuente può ragionevolmente dimostrare la realizzazione dell’operazione producendo i documenti individuati e richiesti dalla prassi italiana;
  • un ulteriore livello di tutela c.d. rafforzato, sulla base del quale il contribuente può provare l’effettivo compimento del trasferimento delle merci producendo un corredo documentale in linea con la disposizione di cui all’45-bis del Regolamento UE.

 

Ragionando in questa ottica, l’Agenzia delle Entrate non ha dunque potuto negare che, nel caso di specie, il fornitore italiano tenuto a produrre la prova dell’avvenuto trasferimento potrà invocare l’applicazione dell’art. 45-bis e, in particolare, della previsione di cui al par. 1, lett. b), riservata all’ipotesi, quale quella in esame, in cui i beni sono trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto.

 

In questo senso, è dunque appena il caso di osservare che, secondo il tenore della richiamata previsione, deve ritenersi provato il trasferimento di merci da uno Stato membro all’altro anche se il venditore sia in grado di produrre una dichiarazione scritta dall’acquirente che:

  • “certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente, o da un terzo per conto dello stesso acquirente;
  • identifica lo Stato membro di destinazione dei beni;
  • … indica la data di rilascio; il nome e l’indirizzo dell’acquirente; la quantità e la natura dei beni; la data e il luogo di arrivo dei beni; nel caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo di trasporto; nonché (…) la persona che accetta i beni per conto dell’acquirente; (…)”.

Dai successivi passaggi della risposta a interpello oggetto del presente commento è possibile rilevare come la finalità di supportare i contribuenti impegnati nel reperimento e nella successiva presentazione della documentazione necessaria alla prova della realizzazione dei trasferimenti di merci in altro Stato UE sia ravvisabile altresì nella posizione assunta dai vertici comunitari i quali, con le Note esplicative c.d. “quick fixes 2020”, pubblicate nel dicembre 2019, hanno riconosciuto l’operatività della predetta presunzione anche a favore del venditore che entri in possesso della dichiarazione scritta rilasciata dall’acquirente oltre il termine del “decimo giorno del mese successivo alla cessione“.

Ciò vale, tuttavia, purché risultino sussistenti tutte le altre condizioni previste dal medesimo articolo e, quindi, come viene ribadito in questa sede dall’Agenzia, laddove la dichiarazione sia accompagnata da:

almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 dell’articolo 45-bis (i.e. un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere);”

oppure

“… un documento di trasporto di cui alla citata lettera a) unitamente ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3 (i.e. una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni)”,

con l’ulteriore chiarimento per cui,

“questi elementi di prova devono essere non contraddittori e provenire da due parti indipendenti tra loro, dal venditore e dall’acquirente”.

In definitiva, nel rinviare alle più ampie considerazioni sul tema del regime probatorio introdotto dall’art. 45-bis del Regolamento n. 282/2011, già illustrate nel precedente contributo “La prova del trasporto nelle cessioni intracomunitarie tra la nuova disciplina comunitaria e la prassi interna”, si osserva, dunque, che le soluzioni operative che l’Agenzia delle Entrate si è sinora impegnata a fornire si pongono perfettamente in linea con la logica che ha ispirato la predisposizione delle nuove misure europee e che mira a rendere più agevole possibile, nel rispetto della normativa interna e comunitaria, l’assolvimento dell’onere probatorio relativo all’avvenuto effettivo trasferimento delle merci in ambito intracomunitario.

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[1] Viene ulteriormente specificato che la prova può essere fornita ricorrendo a qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare il trasferimento della merce in un altro Stato UE quale, ad esempio, il CMR elettronico, avente il medesimo contenuto di quello cartaceo. In questo senso, si veda, infatti, già la precedente risposta a interpello n. 100 del 2019 con cui viene chiarito che costituiscono idonei mezzi di prova: “– DDT con firma di presa in carico della merce da parte del trasportatore(trasportatore che può essere anche incaricato dal cessionario, per vendite effettuate franco fabbrica ovvero ex works); – dichiarazione di ricezione della merce da parte del cliente; – documentazione riguardante gli impegni contrattuali assunti con il cliente(contratto concluso o scambio mail)” (in linea con tali argomenti, cfr.  Agenzia delle entrate, risposte a interpello del 23 aprile 2020, n. 117 e del 3 settembre 2020, n. 305).

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