Natura accessoria e trattamento IVA dei servizi di monitoraggio di consumi elettrici
Agenzia delle Entrate, risposta ad interpello n. 630 del 29 dicembre 2020
Nella risposta ad interpello n. 630 del 29 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate esamina il trattamento IVA dei servizi di monitoraggio dei consumi elettrici forniti ad utenti finali in abbinamento ad un contrato di fornitura di energia elettrica per uso domestico.
La conclusione dell’A.f. – per molti versi, ovvia – è che tali operazioni costituiscano, sul piano IVA, prestazioni accessorie alla fornitura elettrica e, come tali, risultino assoggettabili ad aliquota agevolata del 10%. Non così scontato è, tuttavia, che a tale (ineccepibile) soluzione l’Agenzia delle Entrate pervenga in un caso – come quello oggetto di interpello – in cui la prestazione accessoria venga resa al fruitore della prestazione principale da un fornitore terzo.
Per contestualizzare la portata del chiarimento di prassi qui in esame, occorre anzitutto ricordare che, sebbene ogni operazione rilevante ai fini IVA debba, in linea di principio, essere considerata autonoma ed indipendente (e, come tale, assoggettata al trattamento impositivo ad essa specificamente riferibile), questa regola trova un limite in presenza di cessioni o prestazioni che risultino legate da un nesso di causalità necessaria, talché l’una costituisca null’altro che un mezzo per fruire dell’altra ([1]).
Ciò può verificarsi non solo nel caso in cui gli elementi di una prestazione “composita” siano talmente connessi da costituire un unicum inscindibile ([2]), ma anche nel caso in cui la singola operazione considerata si ponga in rapporto di stretta accessorietà rispetto alla fruizione di un’altra prestazione di carattere “principale” ([3]); una prestazione, cioè, che, proprio in quanto “assorbente” sul piano negoziale, colora della sua stessa natura l’operazione che presenti una funzione meramente ausiliare o servente.
Al ricorrere di tali circostanze, l’operazione “accessoria” non è autonomamente assoggettata ad imposta, ma sconta il medesimo trattamento IVA applicabile alla cessione o prestazione “principale”.
Di tali principi è espressione, in ambito domestico, l’art. 12 del d.p.r. n. 633/1972, laddove stabilisce che
«… il trasporto, la posa in opera, l’imballaggio, il confezionamento, la fornitura di recipienti o contenitori e le altre cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale»
precisando al secondo comma che
«se la cessione o prestazione principale è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile».
Rispetto alla portata applicativa della disposizione in commento, la prassi erariale si è mostrata spesso altalenante. L’Agenzia delle Entrate, nel tempo, ha infatti chiarito che, affinché sussista un vincolo di “accessorietà” tra due o più operazioni imponibili ai fini IVA, occorre che:
- vi sia un’operazione principale, integrata, completata o resa possibile da una cessione o prestazione accessoria;
- l’operazione accessoria avvenga tra gli stessi soggetti dell’operazione principale;
- l’operazione accessoria venga effettuata direttamente dal cedente o prestatore della operazione principale, ovvero da altri soggetti, ma per suo conto ed a sue spese.
Muovendo da tali premesse e interpretando in senso restrittivo il vincolo di “accessorietà”, in alcune occasioni è stata esclusa la possibilità di applicare il regime delineato dall’art. 12 d.p.r. n. 633/1972 in presenza di servizi (seppur di carattere “oggettivamente” accessorio) realizzati da fornitori terzi rispetto al cedente/prestatore dell’operazione principale ([4]).
Tale orientamento avrebbe potuto rendere incerto l’esito dell’interpello in esame, dove si trattava di stabilire se i servizi di monitoraggio e cessione/noleggio di un apposito “dispositivo utente”, offerti dal distributore di energia elettrica ai propri clienti finali per la misurazione in tempo reale del consumo domestico di elettricità, potessero ritenersi strettamente “accessori” alla “fornitura di energia elettrica per uso domestico”, laddove resi tramite l’intervento di un “fornitore terzo”.
Nel caso concreto, in particolare, la società istante aveva rappresentato che i servizi in questione (strettamente connessi alla fornitura elettrica e, come tali, offerti unicamente ai titolari di un’utenza domestica) sarebbero stati fruibili tramite un portale web e/o una app “sviluppati e gestiti da un soggetto terzo” ([5]). Il costo di tali servizi sarebbe stato in ogni caso integralmente riaddebitato in bolletta dal distributore di energia elettrica agli utenti finali.
Nel delineato contesto, l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto osservato che le operazioni oggetto di interpello non avessero:
«… altro fine se non quello di integrare e, dunque, rendere più̀ fruibile per il cliente il servizio di fornitura, garantendo non solo il monitoraggio in tempo reale dei consumi effettuati, ma anche l’accesso ad una serie di servizi ulteriori che assumono valenza economica nella misura in cui vengono resi contestualmente alla fornitura di energia elettrica»
A supporto di tale conclusione, l’A.f. ha inoltre evidenziato che: (i) l’acquisto/noleggio del dispositivo utente non avrebbe avuto altra finalità se non consentire la “fruizione” del servizio di monitoraggio “nel suo complesso”; (ii) la “risoluzione/recesso” dell’utente dal contratto di fornitura di energia elettrica avrebbe comportato l’immediata e automatica “cessazione” del “servizio di monitoraggio”.
Su tali premesse, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che le prestazioni in parola dovessero considerarsi strettamente “accessorie” alla “fornitura di energia elettrica per uso domestico” e, come tali, potessero essere assoggettate ad aliquota IVA del 10% ai sensi del punto 103) della Tabella A, parte terza, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972. Ciò, senza che fosse di ostacolo
«… la circostanza per cui il servizio di monitoraggio in un primo momento verrà supportato a livello informatico da un soggetto terzo, atteso che i costi in concreto sostenuti verranno, comunque, addebitati alla società quale effettivo prestatore del servizio»
La posizione dell’Agenzia delle Entrate è in linea con la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, in numerose occasioni, ha escluso che l’identità soggettiva tra le parti delle due operazioni sia un requisito indefettibile del rapporto di accessorietà rilevante ai fini IVA ([6]).
In questo frangente, ciò che, in particolare, assume rilevanza per stabilire se due o più operazioni debbano essere assoggettate ad un medesimo trattamento impositivo, è la circostanza (correttamente valorizzata dall’A.f. nell’interpello in esame) per cui il costo del servizio di carattere accessorio sia integralmente addebitato al fruitore della prestazione principale, divenendo – per ciò solo e proprio in ragione dello stretto vincolo funzionale riscontrabile tra l’una e l’altra prestazione – null’altro che un elemento della base imponibile della più complessa (e sostanzialmente unitaria) operazione effettuata ai fini IVA
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([1]) Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia (ex plurimis, sentenza 25 febbraio 1999, C-349/96, Card Protection Plan; sentenza 3 luglio 2001, C-380/99, Bertelsmann; sentenza 11 gennaio 2001, C-76/99, Commissione/Francia), “una prestazione dev’essere considerata accessoria ad una prestazione principale” allorché costituisce “il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”.
([2]) In particolare, secondo la Corte UE, una prestazione di servizi può ritenersi “unica”, quand’anche materialmente articolata in più operazioni, “quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al consumatore, considerato come consumatore medio, sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale”. Cfr., Corte di Giustizia, sentenza 21 febbraio 2008, C‑425/06, Part Service; sentenza 2 dicembre 2010, C‑276/09, Everything Everywhere; sentenza 19 luglio 2012, C-44/11, Deutsche Bank AG; sentenza 17 gennaio 2013, C‑224/11, BGŻ Leasing; sentenza 10 novembre 2016, C‑432/15, Baštová; sentenza 18 gennaio 2018, C‑463/16, Stadion Amsterdam CV.
([3]) Possono considerarsi “accessorie” le operazioni che costituiscano “per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”. In questo senso si v., in particolare, CGUE, sentenza 15 maggio 2001, Primback, C-34/99; CGUE, sentenza del 10 novembre 2016, C‑432/15, Baštová.
([4]) Cfr., ex plurimis, Ris. n. 175/E del 28 aprile 2008; Ris. n. 216/E del 4 luglio 2002.
([5]) Secondo quanto rappresentato dall’istante, il servizio sarebbe stato fornito grazie all’installazione di misuratori intelligenti di seconda generazione (“smart metering”); i dati sui consumi, rilevati dall’impresa distributrice tramite i suddetti misuratori, sarebbero stati trasmessi al cliente finale attraverso un apposito “dispositivo utente” e tramite un’interfaccia cloud accessibile da portale web o da app sviluppata e gestita da un soggetto terzo, che avrebbe provveduto a riaddebitare i costi sostenuti al fornitore di energia elettrica.
([6]) Si v., tra le altre, CGCE, sentenza 11 gennaio 2001, C-76/99, Commissione/Francia; nonché, da ultimo, CGUE, sentenza 4 maggio 2017, C-699/15, Brockenhurst College.