Le spese legate al Superbonus rilevano ai fini della determinazione della plusvalenza da cessione dell’immobile
Risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate del 24 marzo 2021, n. 204
Con la risposta all’interpello n. 204 del 24 marzo 2021 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le spese sostenute a fronte degli interventi edilizi, trainanti e trainati, che danno diritto al Superbonus possono essere qualificate come spese incrementative del valore dell’immobile.
Per tale ragione, dette spese devono essere considerate nella determinazione della plusvalenza da cessione infraquinquennale dell’immobile, ai sensi dell’art. 68 del d.p.r. n. 986/1917 (Tuir), andando ad aumentare il costo d’acquisto o di costruzione dell’immobile stesso; a tal fine, è quindi irrilevante che il contribuente non abbia materialmente sostenuto alcun costo, avendo beneficiato dell’opzione per lo sconto in fattura.
Più in dettaglio, l’articolo 119 del d.l. n. 34/2020 (Decreto rilancio) ha disposto la concessione di una detrazione pari al 110% delle spese sostenute a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficientamento energetico degli immobili residenziali e al loro consolidamento statico o alla riduzione del relativo rischio sismico (cd. Superbonus). Tale detrazione, di norma fruibile in quote ripartite in cinque anni, può essere anche oggetto di sconto in fattura oppure di cessione, ai sensi dell’art. 121 del medesimo decreto rilancio.
Quest’ultima disposizione stabilisce, infatti, che i soggetti che sostengono le spese agevolate possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest’ultimo recuperato sotto forma di credito d’imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti. In alternativa, i contribuenti possono optare per la cessione di un credito d’imposta di importo corrispondente alla detrazione. In entrambi i casi, non sostengono i costi per l’intervento edilizio effettuato.
Il Superbonus spetta a fronte del “sostenimento” (anche mediante sconto in fattura o cessione del credito) delle spese relative a taluni specifici interventi che possono essere definiti “trainanti” o “trainati”: i primi sono quelli finalizzati alla riqualificazione energetica e all’adozione di misure antisismiche degli edifici, mentre i secondi sono quelli eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi “trainanti” a condizione che assicurino, nel loro complesso, il miglioramento di due classi energetiche dell’unità immobiliare oppure, ove non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta.
Tornando al tema oggetto dell’interpello, l’Agenzia delle Entrate ha risposto al quesito di un proprietario di un’unità immobiliare che, da un lato, faceva parte di un condominio che aveva deliberato lavori di riduzione del rischio sismico ed efficientamento energetico rientranti nel Superbonus (intervento “trainante”) e, dall’altro, intendeva sostituire i serramenti della propria abitazione, come intervento “trainato”. Facendo presente di aver sottoscritto un contratto preliminare di vendita (infraquinquennale) avente ad oggetto la predetta unità immobiliare, l’istante chiedeva all’Amministrazione Finanziaria se, ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile, fosse legittimato a dedurre dal prezzo di vendita le spese relative ai descritti interventi edilizi (per i quali, visto lo sconto in fattura, non avrebbe di fatto sostenuto alcun esborso).
L’Agenzia delle Entrate, senza pronunciarsi sulla effettiva spettanza o meno del Superbonus, ha chiarito il trattamento delle spese edilizie, ai fini della determinazione della plusvalenza da cessione immobiliare.
Con riferimento alla disciplina delle plusvalenze immobiliari, l’art. 67, comma 1, lettera b), del Tuir, prevede che si considerino redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale (ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente), le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari. Il comma 1 del successivo articolo 68 specifica altresì che tali plusvalenze sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
La norma in esame ha evidentemente lo scopo di assoggettare a tassazione i guadagni derivanti dalle cessioni immobiliari poste in essere con un intento speculativo e tale intento si presume sussistente quando, tra l’acquisto e la vendita, intercorre un arco temporale inferiore a cinque anni (cfr., in questo senso, circolare dell’Agenzia delle Entrate del 29 luglio 2020, n. 23/E).
Ai fini del corretto calcolo della plusvalenza, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato la sentenza n. 16538 del 22 giugno 2018, nella quale la Corte di Cassazione ha affermato che concorrono ad aumentare il costo di acquisto o di costruzione dell’immobile tutti i costi inerenti allo stesso che si risolvono in aumento di valore del bene (cd. “spese incrementative”), perdurante al momento in cui si verifica il presupposto impositivo. A titolo di esempio, la S.C. considera incluse tra le spese incrementative quelle sostenute per liberare l’immobile da oneri, servitù ed altri vincoli. Al contrario, non rientrano tra gli oneri deducibili le spese che attengono alla normale gestione del bene e che non ne abbiano determinato un aumento di valore.
Basandosi proprio sui chiarimenti della Corte di cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che anche le spese legate al Superbonus assumono natura di spese incrementative e, pertanto, possono essere considerate, ai fini del calcolo della plusvalenza della cessione infraquinquennale dell’immobile, tra i costi inerenti all’immobile medesimo, ai sensi del citato articolo 68 del Tuir. Nell’ottica dell’Agenzia delle Entrate, infatti, le spese per gli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico e di efficientamento energetico, per la parte imputata al contribuente, nonché le spese sostenute per la sostituzione dei serramenti nel proprio appartamento rappresentano spese che non attengono alla normale gestione del bene e che ne hanno determinato un aumento di valore, perdurante al momento in cui viene realizzata l’operazione imponibile.
Risulta irrilevante, ai predetti fini, tanto la circostanza che le spese in questione diano diritto al Superbonus, in presenza dei requisiti richiesti dalla normativa appena richiamata, quanto la circostanza che per le predette spese si eserciti l’opzione per lo sconto in fattura, ai sensi del citato articolo 121 del medesimo decreto Rilancio.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, lo sconto in fattura costituisce una modalità alternativa alla fruizione diretta della detrazione e non può incidere sulla tassazione della plusvalenza giacché una diversa interpretazione determinerebbe l’assoggettamento a tassazione del beneficio derivante dalla realizzazione dell’intervento agevolato.
Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate non manca di segnalare che, secondo il disposto dell’art. 1, comma 496, della l. n. 266 del 2005, in caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, all’atto della cessione e su richiesta della parte venditrice resa al notaio, sulle plusvalenze realizzate si può applicare un’imposta sostituiva dell’imposta sul reddito, con aliquota pari al 26 per cento. Naturalmente, anche in questo caso, la plusvalenza deve essere determinata tenendo conto delle spese incrementative.
Al di là del caso specifico analizzato dall’Agenzia delle Entrate, è possibile ritenere che lo stesso principio debba applicarsi anche in ipotesi di agevolazioni diverse dal Superbonus (come quelle per le ordinarie spese di ristrutturazione).