L’IVA parzialmente indetraibile rientra nel calcolo delle spese ammesse al «superbonus»

Con la conversione in legge del «Decreto Sostegni» viene data soluzione a un aspetto storicamente controverso, anche alla luce della prassi contraria dell’Agenzia delle Entrate
29/06/2021

1. Con la conversione in legge del c.d. «Decreto Sostegni» (d.l. n. 41/2021), il legislatore ha inserito un nuovo comma 9-ter all’art. 119 del d.l. n. 34/2020, fornendo ulteriori importanti precisazioni in materia di «superbonus». In particolare, la novella legislativa dispone che l’IVA non detraibile, anche parzialmente, rientra nel calcolo delle spese agevolabili al 110%, indipendentemente dalle modalità di rilevazione contabile adottate dal contribuente.

Se l’inclusione dell’IVA totalmente indetraibile nel novero delle spese «super-agevolabili» risultava pacifica per le persone fisiche operanti in veste di «privati» per le quali l’imposta costituisce parte del costo ammesso al beneficio fiscale de quo (non potendo tali soggetti, come noto, esercitare il diritto di detrazione), l’intervento legislativo appare di indubbio interesse per tutti quei soggetti esercenti attività d’impresa, arti o professioni per i quali l’agevolabilità, ai fini del superbonus, dell’IVA parzialmente non recuperabile per effetto dell’applicazione del pro-rata (ex artt. 19, comma 5 e 19-bis del d.P.R. n. 633/1972) era stata espressamente esclusa, in via interpretativa, dalla stessa Agenzia delle Entrate.

In particolare, nella circolare n. 30/E del 22 dicembre 2020, par. 5.3.2, l’Agenzia, dopo aver rilevato che:

il costo fiscale degli interventi, cui parametrare il Superbonus, deve essere determinato secondo i criteri ordinari per l’individuazione del costo dei beni rilevante ai fini fiscali previsti dall’articolo 110, comma 1, lettere a) e b) del Tuir, indipendentemente dalle modalità (ordinarie, forfetarie) di determinazione del reddito da parte del contribuente”,

ha tenuto a sottolineare che solo l’IVA totalmente indetraibile, in quanto onere accessorio di diretta imputazione, costituisce una componente di spesa agevolabile ai fini della disciplina in commento. Diversamente, l’IVA parzialmente indetraibile per effetto dell’applicazione del pro-ratanon può essere considerata come costo afferente le singole operazioni d’acquisto ma è una massa globale (…) che si qualifica come costo generale” d’impresa e, conseguentemente, non può essere computata nel plafond di spese agevolabili ai fini del «superbonus».

 

2. Tale soluzione interpretativa, in particolare, prende le mosse da un risalente orientamento espresso dalla stessa Amministrazione finanziaria sul più generale tema della deducibilità dell’IVA indetraibile dalle imposte sui redditi.

In dettaglio, con la risoluzione n. 869 del 19 gennaio 1980, il Ministero delle finanze ha invero sostenuto che solo l’IVA oggettivamente indetraibile (ex art. 19-bis.1 del d.P.R. n. 633/1972), nonché quella interamente indetraibile per effetto dell’opzione per la dispensa da adempimenti per operazioni esenti (ex art. 36-bis del d.P.R. n. 633/1972), potessero essere ricomprese (melius, capitalizzate) nel costo dei beni/servizi, in quanto direttamente riconducibili alle singole operazioni di acquisto per le quali non è stato esercitato, per espressa previsione di legge, il diritto di detrazione. In tali ipotesi, considerato che l’indetraibilità ab origine dell’IVA risulta strettamente correlata alla natura del bene/servizio acquistato, detto tributo non può essere considerato come autonomo elemento reddituale, bensì come onere accessorio di diretta imputazione da includere nel “costo fiscale” del bene o servizio acquistato.

Di converso, nel caso di “indeducibilità [rectius, indetraibilità] parziale in presenza di operazioni esenti”, il Ministero ha escluso che l’IVA non recuperabile potesse costituire un onere accessorio di diretta imputazione, configurandosi piuttosto quale costo “generale” afferente all’intera gestione aziendale, deducibile fiscalmente ai sensi dell’art. 109, comma 5 del TUIR secondo il principio di competenza. Ad avviso del Ministero, a determinare l’indetraibilità dell’IVA “non è né la natura del singolo bene acquistata né quella della singola operazione, bensì una caratteristica della situazione generale della azienda derivante dalla compresenza di attività tassabili e di attività esenti ai fini dell’IVA”.

Tale orientamento interpretativo è stato poi solo in parte attenuato con taluni successivi documenti di prassi, in cui l’A.F. ha riconosciuto la natura di onere accessorio (e, quindi, la riconducibilità alle singole operazioni di acquisto):

1) dell’IVA totalmente indetraibile per effetto dell’applicazione del pro-rata, laddove il contribuente avesse posto in essere esclusivamente operazioni esenti (ex multis, circ. n. 154/E del 30 maggio 1995, punto 4.3; ris. n. 297/2002);

2) dell’IVA parzialmente indetraibile riferibile all’unico acquisto effettuato nell’esercizio, purché, sotto il profilo contabile, l’imposta sarebbe potuta essere imputata ad uno specifico bene patrimoniale (ex multis, circ. n. 137/E del 15 maggio 1997, par. 15.12).

È rimasto invece immutato il convincimento dell’Amministrazione sulla qualificazione come costo generale dell’IVA solo parzialmente indetraibile per effetto dell’applicazione del pro-rata, che è stato ribadito anche con riferimento a talune agevolazioni fiscali. È il caso, ad esempio, dell’agevolazione per investimenti in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature (c.d. Tremonti-ter), in cui l’Agenzia delle Entrate ha escluso che l’IVA parzialmente indetraibile potesse essere inclusa nel valore degli investimenti agevolabili in quanto ad essi non direttamente rinconducibile (cfr. circ. n. 44/E del 27 ottobre 2009). Analogamente, la stessa Agenzia ha più di recente escluso l’agevolabilità dell’IVA parzialmetne non detraibile, oltre che per il «superbonus» come sopra rilevato, anche in relazione ad altre agevolazioni fiscali, quali il credito d’imposta per le spese di consulenza relative alle quotazioni delle PMI (cfr. risposta a interpello n. 257/E/2020) e il tax credit locazioni ex art. 28 d.l. n. 34/2020 (cfr. risposte rese dall’Agenzia delle Entrate nel corso dell’evento “Telefisco 2021”), confermando il proprio indirizzo interpretativo sull’impossibilità di ricondurre specificamente detto tributo parzialmente non recuperato alle predette spese agevolabili.

 

3. E’ appena il caso di osservare a questo proposito che la descritta impostazione ministeriale non trova piena rispondenza nel trattamento contabile riservato a tale componente reddituale, considerato che i principi contabili nazionali non operano alcuna differenziazione a seconda delle cause di indetraibilità dell’IVA.

Il principio contabile OIC 12, infatti, si limita a stabilire, in corrispondenza della voce B.14(d) “Oneri diversi di gestione – Imposte indirette, tasse e contributi”, che:

Per quanto riguarda l’IVA indetraibile, essa va iscritta in questa voce se non costituisce costo accessorio di acquisto di beni o servizi. In generale, il trattamento contabile dell’IVA su acquisti segue quello del bene o servizio acquistato al quale si riferisce”.

Inoltre, nell’illustrare la voce B.6 “Per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci”, il medesimo documento contabile stabilisce che “… eventuali imposte di fabbricazione o l’IVA non recuperabile sono incorporate nel costo d’acquisto dei beni” e, conseguentemente, ne segue le medesime sorti.

Da ciò, si ricava dunque che, sotto il profilo contabile, l’IVA indetraibile è di norma considerata come onere accessorio e portata ad incremento del costo dei beni o servizi, a prescidere dalle ragioni che ne determinano la non recuperabilità. In quest’ottica, tale tributo, ancorché parzialmente non recuperabile, può essere:

– “capitalizzato” nel costo dei beni patrimoniali, partecipando al risultato economico aziendale lungo la durata del processo di ammortamento del bene,

– ovvero incluso nel costo dei beni/servizi acquisiti da imputare direttamente a conto economico nell’esercizio di competenza, seguendone la medesima classificazione.

Diversamente, solo ove non sia possibile ricondurre l’IVA indetraibile ad una specifica operazione di acquisto, tale tributo deve essere contabilizzato tra gli oneri diversi di gestione, alla voce B.14, quale costo generale d’impresa.

In linea con l’impostazione adottata dai principi contabili, parte della dottrina ha osservato, in maniera condivisibile, che “la riconducibilità dell’IVA tra gli oneri accessori di diretta imputazione dovrebbe ritenersi corretta, in linea di principio, quale che sia la causa di indetraibilità”; ciò in quanto, contrariamente all’indirizzo interpretativo dell’A.F., anche nel caso di indetraibilità parziale determinata dall’effettuazione nell’esercizio (anche) di operazioni esenti da IVA, l’imposta non detratta può comunque assumere la natura di onere accessorio “essendo evidente che anche in tale ipotesi è pur sempre possibile riferire a ciascun singolo acquisto operato nell’anno la percentuale di IVA indetraibile” ([1]).

Peraltro, occorre considerare che nella stessa disciplina in materia di reddito d’impresa non è presente alcuna disposizione normativa che imponga un trattamento fiscale differenziato a seconda della cause di indetraibilità dell’IVA (differenziazione che, come visto, è di matrice interpretativa). Di talché, in linea di principio, dovrebbero trovare pieno riconoscimento ai fini dell’IRES le modalità di rappresentazione contabile dell’IVA non recuperabile sopra descritte; e ciò specie alla luce dell’estensione del principio di derivazione rafforzata ai soggetti OIC-adopter (ex art. 83, comma 1, secondo periodo, TUIR) in base al quale, come noto, assumono piena rilevanza fiscale i criteri di qualificazione, classificazione e imputazione temporale adottati in bilancio, purché correttamente applicati in base alle prescrizioni dei principi contabili nazionali.

Ne dovrebbe quindi logicamente conseguire che, ove risulti contabilmente possibile imputare l’IVA parzialmente indetraibile alle specifiche operazioni d’acquisto in base alla corretta applicazione dei principi contabili, tale imputazione dovrebbe poter assumere piena rilevanza ai fini fiscali e, conseguentemente, l’IVA parzialmente non detratta essere considerata parte del costo fiscalmente riconosciuto del bene (ex art. 110, comma 1, lett. b), TUIR) ([2]).

Cionondimeno, occorre considerare che l’orientamento interpretativo dell’Agenzia delle Entrate è fermo nell’escludere in radice la possibilità che l’IVA solo in parte non recuperabile a causa dell’effettuazione nell’esercizio di operazioni esenti, possa essere ricondotta a specifiche operazioni aziendali e, quindi, inclusa nel costo fiscale dei beni/servizi acquistati. Con la conseguenza che, seguendo l’ottica dell’Agenzia, detto componente reddituale dovrebbe in ogni caso essere considerato ai fini dell’IRES alla stregua di un costo generale d’impresa, deducibile ai sensi dell’art. 109, comma 5, TUIR, e, per l’effetto, essere escluso dal campo di applicazione delle disposizioni di carattere tributario che intendono agevolare specifiche spese sostenute dai contribuenti.

 

4. Nel descritto quadro interpretativo, si è dunque inserito il nuovo comma 9-ter all’art. 119 del d.l. n. 34/2020, con il quale il legislatore, seppur in relazione alla sola disciplina agevolativa in materia di «superbonus», ha chiarito che:

L’imposta sul valore aggiunto non detraibile, anche parzialmente, ai sensi degli articoli 19, 19-bis, 19-bis.1 e 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dovuta sulle spese rilevanti ai fini degli incentivi previsti dal presente articolo, si considera nel calcolo dell’ammontare complessivo ammesso al beneficio, indipendentemente dalla modalità di rilevazione contabile adottata dal contribuente”.

Contrariamente dunque all’indirizzo interpretativo espresso in materia di «superbonus» dall’Agenzia delle Entrate nella richiamata circ. n. 30/E/2020, può essere inclusa nell’ammontare complessivo di spesa agevolabile al 110% anche l’IVA parzialmente indetraibile per effetto dell’applicazione del pro-rata (ex artt. 19, comma 5 e 19-bis del d.P.R. n. 633/1972), a prescindere dalle modalità di contabilizzazione adottate dai contribuenti.

Pur non avendo detta novella legislativa una portata generale estendibile ad altre agevolazioni fiscali, l’intervento legislativo merita di essere accolto con favore per tutti quei soggetti beneficiari dell’agevolazione diversi dai «privati» – in particolare, gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni, con riferimento agli interventi eseguiti sulle parti comuni condominiali – che effettuano nel corso dell’esercizio anche operazioni esenti da IVA, in quanto consente loro di includere nel plafond delle spese «super-agevolabili» al 110% anche detto componente reddituale, la cui agevolabilità era stata precedentemente disconosciuta, in via interpretativa, dall’Agenzia delle Entrate.

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[1] Così Assonime, circolare n. 30/2002, pag. 51; nello stesso senso, G.M. Camisasca, IVA indetraibile e sua deducibilità dal reddito d’impresa, in Bilancio e reddito d’impresa, 2010, 12, pag. 24.

[2] Cfr. Assonime, circ. n. 60/1997, par. 10.

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