Il trattamento IVA delle cessioni dei crediti derivanti dall’applicazione dell’art. 121 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34
Agenzia delle Entrate, risposta ad interpello del 24 maggio 2021, n. 369
Con la risposta ad interpello n. 369 dello scorso 24 maggio, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le cessioni dei crediti derivanti dall’applicazione dell’art. 121 del D.L. n. 34/2020 (in particolare, i cc.dd. Sismabonus ed Ecobonus) hanno causa finanziaria e, pertanto, costituiscono operazioni esenti ai fini IVA. Per esse, l’emissione della fattura è obbligatoria solo se richiesta dall’acquirente e non è previsto alcun obbligo di certificazione del corrispettivo. Da ultimo, l’atto di cessione non è soggetto a registrazione.
La citata risposta ad interpello risolve i dubbi sollevati da una società attiva nel settore della consulenza agli operatori del settore dei serramenti esterni, la quale – intendendo procedere all’acquisto e successiva cessione a terzi di crediti d’imposta derivanti dall’effettuazione degli interventi edili che danno diritto al Superbonus – ha chiesto di conoscere gli adempimenti fiscali necessari dal punto di vista dell’IVA e dell’imposta di registro, nonché le eventuali formalità richieste per il perfezionamento delle operazioni di cessione. In particolare, secondo la società istante, l’atto di cessione del credito configura un’operazione non finanziaria, esclusa sia dal campo di applicazione dell’IVA, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a) del D.P.R. n. 633/1972, quale cessione di crediti in denaro, sia dall’obbligo di registrazione, ai sensi dell’art. 5 della Tabella allegata al D.P.R. n. 131/1986. Inoltre, sempre ad avviso dell’istante, non sembrano sussistere indicazioni sulla necessità di una forma particolare per la conclusione della cessione stessa.
Per rispondere ai quesiti posti dalla società istante in relazione al trattamento IVA delle cessioni dei crediti Ecobonus e Sismabonus, l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto ripercorso la disciplina IVA delle cessioni dei crediti in generale, osservando che esse possono risolversi sia in operazioni di natura finanziaria, rientranti nel campo di applicazione dell’IVA tra le operazioni esenti di cui all’art. 10, comma 1, n. 1) del D.P.R. n. 633 del 1972, sia in operazioni di natura non finanziaria, escluse dal campo applicativo dell’IVA ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a) del predetto decreto. In particolare, l’art. 2, comma 3, lett. a) dispone che “non sono considerate cessioni di beni le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro”. L’art. 10, comma 1, n. 1) cit., invece, stabilisce che sono esenti dall’imposta
“le prestazioni di servizi concernenti la concessione e la negoziazione di crediti, la gestione degli stessi da parte dei concedenti e le operazioni di finanziamento; l’assunzione di impegni di natura finanziaria, l’assunzione di fideiussioni e di altre garanzie e la gestione di garanzie di crediti da parte dei concedenti; le dilazioni di pagamento, le operazioni, compresa la negoziazione, relative a depositi di fondi, conti correnti, pagamenti, giroconti, crediti e ad assegni o altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero di crediti (…)”.
Ebbene, partendo da tale distinzione, nella risposta ad interpello qui in commento si legge che
“ogniqualvolta l’operazione di cessione del credito è con finalità di finanziamento, l’operazione rientra tra quelle esenti da IVA ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 1, sopra citato (cfr. risoluzione n. 139/E del 17 novembre 2004 e n. 32 dell’11 marzo 2011). Ciò posto, ferma restando la verifica della regolamentazione privatistica dei rapporti tra le parti non oggetto di esame da parte di questa amministrazione, nel caso in esame si è del parere che la cessione dei crediti d’imposta di cui all’art. 14 del D.L. 63/2013 (c.d. “Ecobonus”), all’art. 16 del D.L. 63/2013 (c.d. “Sismabonus”), se effettuata tra le parti dietro corrispettivo abbia finalità e natura finanziaria, rientrando, agli effetti dell’IVA, tra le operazioni esenti, ai sensi dell’art. 10, primo comma, n.1)”.
Di qui la logica conseguenza per cui, da un lato, ai sensi dell’art. 22, comma 1, n. 6 del decreto IVA, l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente entro il momento di effettuazione dell’operazione e, dall’altro, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. n) del D.P.R. n. 696/1996, “le cessioni e le prestazioni esenti di cui all’articolo 22, primo comma, punto 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633” non sono soggette all’obbligo di certificazione mediante scontrino o ricevuta fiscale.
Quanto all’imposta di registro, la risposta in commento chiarisce che in forza del principio di alternatività IVA/registro, le operazioni esenti come quelle di cessione di crediti aventi natura finanziaria, rientrando nel campo di applicazione dell’IVA, risultano soggette a registrazione in caso d’uso se i relativi atti sono redatti per scrittura privata non autenticata, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.P.R. n. 131/1986. Tanto chiarito in termini generali, l’Agenzia delle Entrate osserva, però, che nel caso di cessione di crediti d’imposta, come sono quelli derivanti dalla normativa Superbonus, non vi è alcun obbligo di registrazione: richiamando la risoluzione 5 dicembre 2018, n. 84/E, si osserva infatti come
“all’atto di cessione del credito corrispondente alla detrazione, ove redatto in forma scritta, trovi applicazione la previsione recata dall’art. 5 della Tabella allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, riguardante gli atti per i quali non vi è l’obbligo di richiedere la registrazione. In particolare, in base a tale disposizione, non sono soggetti all’obbligo di registrazione gli “atti e documenti formati per l’applicazione, riduzione, liquidazione, riscossione, rateazione e rimborso delle imposte e tasse da chiunque dovute” …. Come si evince dal suo tenore letterale, la disposizione, appena citata, intende esonerare dall’obbligo di registrazione tutti gli atti e documenti relativi all’attuazione del rapporto tributario, in ogni sua fase, comprendente “l’applicazione, riduzione, liquidazione, riscossione, rateazione e rimborso delle imposte(…)”. Il diritto alla detrazione è un elemento di tale rapporto, in quanto lo stesso nasce per effetto dell’applicazione di una norma tributaria e si esercita al momento della liquidazione dell’imposta. La cessione del diritto alla detrazione – peraltro, consentita, in via facoltativa, solo perché espressamente prevista da una disposizione tributaria – non fa venir meno tali caratteristiche; tramite tale cessione, infatti, il legislatore consente, semplicemente, l’utilizzo del credito corrispondente alla detrazione ad un soggetto diverso dal titolare della posizione tributaria che ha dato origine alla detrazione. Infine, si precisa che l’atto di cessione non è soggetto all’obbligo di registrazione neanche laddove lo stesso dovesse rivestire la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, in base a quanto previsto all’art. 7 del d.P.R. n. 131 del 1986, secondo cui “per gli atti indicati nella tabella allegata al presente testo unico non vi è obbligo di chiedere la registrazione neanche in caso d’uso, se presentati per la registrazione, l’imposta è dovuta in misura fissa. …” (cfr. Circolare del 10 giugno 1986 n. 37, parte n. 4)”.
La risposta in commento offre diversi spunti di riflessione che in questa sede non possono essere adeguatamente approfonditi; ci si soffermerà comunque su alcuni profili relativi sia all’IVA che all’imposta di registro che appaiono meritevoli di qualche precisazione.
Innanzitutto, dal punto di vista IVA, preme soffermarsi sull’assunto – forse non adeguatamente argomentato – per cui la cessione di crediti d’imposta Ecobonus e Sismabonus, effettuata da un soggetto che ha a sua volta acquistato detti crediti, avrebbe natura finanziaria e sarebbe dunque esente.
Per stabilire se detta cessione costituisce effettivamente un’operazione finanziaria, si possono esaminare i precedenti orientamenti sul punto della stessa Agenzia delle Entrate. In proposito, un importante chiarimento è rinvenibile nella risoluzione n. 71/E del 24 maggio 2000, in cui si legge che “in sostanza, restano escluse da Iva, a norma del citato art. 2 del decreto Iva, le cessioni di credito pro soluto non aventi causa di finanziamento, ma effettuate in conto pagamento per preesistenti obbligazioni, le quali possono trovare origine in negozi delle più varie specie: ad esempio compravendite, appalti, ecc.”; per contro, secondo la richiamata risoluzione, rientrano nel novero delle operazioni finanziarie le cessioni di crediti finalizzate a procurare liquidità al soggetto cedente e le operazioni finanziarie aventi carattere di finanziamento seppur attuate con cessioni di crediti, giacché “la stessa legislazione nazionale in materia di attività bancarie e creditizie ricomprende nella nozione di finanziamento ogni tipo di finanziamento connesso con operazioni di acquisto credito”. In buona sostanza, devono ritenersi a carattere finanziario tutte le operazioni di cessione dei crediti che risultino connotate dall’esigenza di assicurare al cedente la possibilità di monetizzare le sue posizioni creditorie, ottenendo una liquidità corrispondente al valore dei crediti ceduti.
Facendo applicazione di tali principi, nella successiva risoluzione del 17 novembre 2004 n. 139/E, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per individuare il corretto trattamento Iva applicabile ad una cessione di crediti, è necessario stabilire la corretta natura dell’operazione concretamente realizzata. Così, in caso di contratto di factoring, per esempio, se la causa del contratto è la volontà di ottenere da parte del factor una gestione dei crediti rivolta essenzialmente al recupero degli stessi, l’operazione è da qualificare come recupero crediti e, come tale, da considerare imponibile ai fini IVA. Al contrario, qualora il creditore voglia ottenere un finanziamento per il quale paga una commissione che si atteggia come un vero e proprio pagamento di interessi, il factoring costituisce una vera e propria operazione finanziaria esente da IVA (nello stesso senso, cfr. ris. 32/E dell’11 marzo 2011).
In questi termini, la cessione dei crediti Ecobonus e Sismabonus (ma lo stesso discorso dovrebbe valere anche per tutte le diverse forme di agevolazione fiscale di cui si prevede la cedibilità a soggetti terzi) intercorrente tra il primo cessionario e il cessionario di ultima istanza, in quanto volta ad assicurare liquidità al soggetto cedente, sembra assumere effettivamente carattere finanziario. Ne consegue che deve essere considerato esente il relativo corrispettivo, da intendersi, per dirla con le parole del documento di prassi in commento, come
“la commissione pattuita tra le parti per la cessione del credito (intesa come compenso per l’anticipo del credito, o come specificato dall’istante provento pari alla differenza positiva da acquisto crediti)”.
Sia pur nei limiti dell’analisi consentita in questa sede, va osservato che alle stesse conclusioni dovrebbe giungersi anche in relazione alla “prima” cessione del credito, ossia quella posta in essere dal titolare dell’agevolazione fiscale (ovviamente nei casi in cui si tratti di soggetto passivo IVA) che decida di optare in tal senso, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante o del c.d. “sconto in fattura”. Anche in questo caso, infatti, la circostanza per cui il titolare dell’agevolazione ha la possibilità, mediante la cessione, di monetizzare subito un credito di cui altrimenti potrebbe beneficiare solo in quote annuali, nell’arco di cinque/dieci anni, evidenzia la sussistenza di una causa finanziaria dell’operazione di cessione. In proposito, si può notare che il 25 gennaio 2021 l’OIC, in risposta ad una richiesta di parere avanzata dall’Agenzia delle Entrate, ha pubblicato un documento concernente i criteri di contabilizzazione del Superbonus e delle altre detrazioni fiscali da interventi edilizi, specificando che, in caso di opzione per la cessione dei crediti d’imposta, la differenza tra il corrispettivo pattuito e il valore contabile del credito tributario al momento della cessione deve essere classificata nella sezione finanziaria del conto economico ed essere quindi trattata a tutti gli effetti come componente di carattere finanziario.
Si potrebbe, però, verificare anche il caso del titolare dell’agevolazione che decide di cedere il credito d’imposta non già, come di solito accade, ad un istituto di credito o ad un intermediario finanziario, bensì allo stesso fornitore dell’intervento da cui deriva l’agevolazione. Si tratterebbe, evidentemente, di un caso diverso da quello del pagamento del corrispettivo mediante lo sconto in fattura (caso, quest’ultimo, che, rappresentando una mera modalità di estinzione dell’obbligazione di pagamento gravante sul committente e potendo essere equiparato ad una sorta di contributo pubblico, non dovrebbe essere, a nostro avviso, rilevante ai fini IVA); qui, infatti, la cessione del credito si configurerebbe solo in un momento successivo al maturare della detrazione in capo al titolare della stessa o addirittura dopo che sono state fruite una o più quote della detrazione in questione. In questa ipotesi, occorre allora valutare con attenzione la natura dell’operazione di cessione che, in virtù del pregresso rapporto intercorrente tra il committente/cedente del credito e il prestatore/cessionario potrebbe essere effettuata per ragioni diverse dal finanziamento (per esempio, proprio a titolo di pagamento del corrispettivo dell’appalto, ove il committente non sia in grado di farvi fronte diversamente) ed essere di conseguenza soggetta ad un trattamento IVA diverso da quello previsto dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello di cui si discute.
Resta ferma, quindi, la necessità di non dare per scontata la natura finanziaria dell’operazione di cessione del credito d’imposta e di analizzare, caso per caso, ogni operazione concretamente posta in essere.
Passando alla risposta fornita dall’A.F. in ordine all’imposta di registro, il documento che qui si commenta riprende, come detto, un principio già espresso nella risoluzione n. 84/E del 2018 con riferimento alla cessione del credito corrispondente alle detrazioni spettanti per interventi di riqualificazione energetica degli edifici e per la riduzione del rischio sismico, prevista dagli artt. 14 e 16 del d.l. n. 63/2013. Nel far ciò, l’A.F. si muove in continuità con un orientamento di prassi ben più risalente: l’esclusione dall’applicazione dell’imposta di registro degli atti inerenti i crediti d’imposta trova invero conferma già nella risoluzione ministeriale del 10 settembre 1992, n. 260221, a mente della quale
“il tenore letterale dello stesso articolo [i.e. l’art. 5 della Tabella allegata al TUR, nda], non lascia adito ad altra soluzione se non quella di considerare i crediti di “natura tributaria” – come è nella specie il credito IVA di cui alla sentenza di omologa n. 6562 del 20.09.90 – esenti dall’obbligo della registrazione”.
In altre parole, secondo l’Agenzia delle Entrate, l’art. 5 cit. – intendendo esonerare dall’obbligo di registrazione tutti gli atti e documenti relativi all’attuazione del rapporto tributario, in ogni sua fase – si estende a qualsiasi atto avente un qualche collegamento con fattispecie di carattere tributario, ivi inclusa la cessione dei crediti d’imposta derivanti da agevolazioni fiscali, quali quelle qui in commento. Nonostante i dubbi avanzati in merito da autorevole dottrina (cfr. G. Fransoni, Il superbonus: considerazioni sulla natura fiscale e sulla giurisdizione), viene così dato definitivo riconoscimento, quantomeno sotto questo profilo, al carattere tributario delle agevolazioni in commento.
Trattandosi poi di esclusione dall’applicazione dell’imposta di tipo oggettivo, si deve ritenere che essa sia valida anche per le ipotesi di cessione del credito effettuate direttamente dal titolare dell’agevolazione, quale primo cessionario del credito corrispondente alla detrazione spettante. Inoltre, detta esclusione deve reputarsi operante a prescindere dalle modalità utilizzate per formalizzare la cessione stessa, ivi incluse quelle che in genere prevedono l’applicazione dell’imposta di registro solo in caso d’uso. Ciò, in conformità al disposto dell’art. 7 del d.p.r. n. 131/1986, secondo cui per gli atti indicati all’art. 5 della tabella allegata al citato decreto,
“non vi è obbligo di chiedere la registrazione neanche in caso d’uso”.