Il dibattito, sempre più ricco, intorno all’idrogeno e ai combustibili sintetici destinati alla carburazione costituisce il perimetro all’interno del quale esigenze e tematiche di natura fiscale ed ambientale si confrontano e trovano nuove soluzioni.
Si caratterizza, inoltre, per il riconoscimento del forte impatto economico che questi nuovi prodotti energetici avranno e, quindi, per la necessità di promuovere misure legislative che garantiscano, almeno in una fase iniziale, un regime tributario agevolato armonizzato con il già preesistente corpus normativo nazionale ed unionale.
In particolare, il contesto di riferimento è rappresentato dalla legislazione in materia di accise e imposte di consumo che incide, indirettamente, sull’attuazione delle politiche legate all’Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015.
L’articolo 21 del Decreto legislativo del 26 ottobre 1995, n. 504 recante il “ Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative” (di seguito anche “TUA”) elenca nel proprio secondo comma i prodotti energetici da sottoporre ad accisa e cioè
“…a) benzina con piombo (codici NC 2710 11 31, 2710 11 51 e 2710 11 59); b) benzina (codici NC 2710 11 31, 2710 11 41, 2710 11 45 e 2710 11 49); c) petrolio lampante o cherosene (codici NC 2710 19 21 e 2710 19 25); d) oli da gas o gasolio (codici NC da 2710 19 41 a 2710 19 49); e) oli combustibili (codici NC da 2710 19 61 a 2710 19 69); f) gas di petrolio liquefatti (codici NC da 2711 12 11 a 2711 19 00); g) gas naturale (codici NC 2711 11 00 e 2711 21 00); h) carbone, lignite e coke (codici NC 2701, 2702 e 2704)…”;
parimenti, l’articolo 52 comma 1 del medesimo decreto dispone che:
“… L’energia elettrica (codice NC 2716) e’ sottoposta ad accisa, con l’applicazione delle aliquote di cui all’allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per l’energia elettrica prodotta per uso proprio…” e, con il medesimo spirito, il primo comma dell’articolo 26 recita che “…Il gas naturale (codici NC 2711 11 00 e NC 2711 21 00), destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, nonche’ all’autotrazione, e’ sottoposto ad accisa, con l’applicazione delle aliquote di cui all’allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio…”;
per economia d’analisi, non si includono in questo novero le imposte sugli oli lubrificanti, alcole e bevande alcoliche, alcole etilico, birra, vino e i loro prodotti intermedi e tabacchi.
Parimenti, vengono esclusi dalla presente disamina i dibattiti intorno alla plastic tax[1]e alla sugar tax.
Una prima considerazione che emerge dalle norme sopra riportate è che la disciplina di riferimento individua, tendenzialmente, un numerus clausus di prodotti energetici tipizzati nelle loro categorie merceologiche.
Tale rigidità è, però, temperata dal quarto comma del già citato articolo 21 TUA per cui
“…E’ sottoposto ad accisa, con l’aliquota prevista per il carburante equivalente, ogni prodotto, diverso da quelli indicati al comma 1, utilizzato, destinato ad essere utilizzato ovvero messo in vendita, come carburante per motori o come additivo ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti. I prodotti di cui al presente comma possono essere sottoposti a vigilanza fiscale anche quando non sono destinati ad usi soggetti ad accisa…” ed ancora dall’alinea successivo il quale riporta che “… E’ sottoposto ad accisa, con l’aliquota prevista per il prodotto energetico equivalente, ogni idrocarburo, escluso la torba, diverso da quelli indicati nel comma 1, da solo o in miscela con altre sostanze, utilizzato, destinato ad essere utilizzato ovvero messo in vendita, come combustibile per riscaldamento. Per gli idrocarburi ottenuti dalla depurazione e dal trattamento delle miscele e dei residui oleosi di recupero, destinati ad essere utilizzati come combustibili si applica l’aliquota prevista per gli oli combustibili densi…”.
Tali norme descrivono il principio di equivalenza per cui le sostituibilità ed intercambiabilità di “nuovi” prodotti energetici con quelli indicati nel TUA[2] giustificano l’assoggettamento dei primi al pagamento delle accise.
Quindi, sulla scorta di tali disposizioni e dell’evoluzione tecnologica in senso ambientale e di sostenibilità, è più corretto definire i prodotti energetici soggetti ad accisa come un numerus clausus che, però, può estendersi rispetto all’evoluzione tecnica e scientifica. In giurisprudenza[3], in effetti, è stato affermato che, ai fini della tassazione, il criterio che rileva è la effettiva destinazione-utilizzazione del prodotto e non solo la sua composizione chimica, così da evitare l’elusione delle tariffe attraverso la produzione di prodotti miscelati, componendo i prodotti fra loro o con altre sostanze.
In altre parole, il principio di equivalenza presuppone un approccio basato sull’interpretazione analogica delle peculiarità dei prodotti energetici non tipici[4].
Pertanto, il principio in parola, insieme alle norme che lo contengono, deve essere interpretato come disposizione di chiusura volta ad assoggettare alla imposta qualsiasi altro prodotto diverso dagli oli minerali, che sia comunque idoneo a costituire un succedaneo od un equivalente degli oli minerali nello specifico impiego come carburante per motori, rimanendo indifferenti in ordine alla interpretazione della esatta portata precettiva della norma, le eventuali difficoltà pratiche o le indagini tecniche connesse alla individuazione – secondo i criteri previsti dal medesimo art. 21 -della aliquota d’imposta applicabile nella concreta fattispecie[5] a prescindere dalla nomenclatura combinata assegnata al prodotto[6] o dalla qualificazione come rifiuto ancorchè se “…rifiuto industriale destinato alla combustione…”[7].
In questa maniera, la composizione chimica del prodotto sostanzialmente “atipico” rappresenta il primo elemento, non sufficiente, per l’idoneità di quest’ultimo alla combustione o carburazione.
Infatti, la normativa in esame prende in considerazione determinati prodotti che, teoricamente esclusi da imposizione, vengono, tuttavia, assoggettati ad accisa in relazione alla loro potenziale destinazione o al loro specifico utilizzo come carburante o combustibile, venendo in rilievo quale presupposto impositivo l’intero ciclo economico del prodotto, dalla fabbricazione al consumo ed avendo, quindi, riguardo la norma “…alla destinazione d’uso impressa ab origine dalla fabbrica, all’ eventuale indicazione di impiego pubblicizzata nella fase di distribuzione o comunque risultante dalle specifiche modalità di vendita, alla concreta destinazione da parte del consumatore finale…”[8]: è, dunque, l’effettiva destinazione del prodotto, oltre alla sua composizione chimica, a giustificare l’applicazione del principio della tassazione per equivalenza che riveste una funzione di chiusura del sistema.
In siffatta prospettiva d’analisi, il ciclo produttivo gioca il ruolo di insieme di attività che possono generare insieme ai prodotti finali, sottoprodotti, scarti e rifiuti destinati alla combustione o carburazione anche se, teoricamente, privi di una loro idoneità chimica la quale, invece, assurge ad indicatore fondamentale della tipologia equivalente del bene e, di conseguenza, dell’aliquota da applicare; basti pensare ad esempio ai progetti di ricavare, per pirolisi, carburante dai rifiuti di plastica presenti nel mare.
Tale considerazione è densa di implicazioni operative per i soggetti che posseggono le licenze d’esercizio in materia di accisa.
La conseguenza pratica delle considerazioni finora svolte è che l’idrogeno e i carburanti sintetici verrebbero tassati nella medesima maniera di quelli tradizionali senza tener conto della complessità ed onerosità del ciclo produttivo e, soprattutto, frustrando la finalità ambientale per cui nascono come ad esempio i recupero, per pirolisi, di rifiuti plastici; ciò de facto vanificherebbe gli sforzi del legislatore.
Per tale ragione si prova, di seguito, a fornire alcune possibili soluzioni normative e proposte di adeguamento al TUA delle disposizioni in materia di rifiuti.
In primo luogo, conviene chiarire che per agevolazione tributaria si può intendere la disposizione normativa che prevede una forma di attenuazione della tassazione attraverso la diminuzione sostanziale dell’entità del prelievo o l’applicazione di modalità e schemi semplificati di attuazione del tributo.
Rappresenta, inoltre, la categoria in cui si posiziona l’esenzione fiscale la quale esclude da contribuzione fattispecie che altrimenti rientrerebbero a pieno titolo nella sfera di applicazione del tributo.
Partendo da questo quadro normativo, si potrebbe pensare di considerare l’impiego di carburante sintetico come condizione necessaria per la concessione delle agevolazioni legati agli “impieghi dei prodotti energetici che comportano l’esenzione dell’accisa o l’applicazione di una aliquota ridotta, sotto l’osservanza delle norme prescritte” previste nella Tabella A del TUA. Potrebbe essere un indirizzo che renderebbe conveniente la produzione dei carburanti oggetto del presente intervento.
D’altronde la struttura tipizzata e complementare della norma agevolativa si presterebbe molto bene a questo scopo.
Inoltre, potrebbe essere interessante osservare l’esperienza dei contingenti defiscalizzati previsti dall’articolo 22 bis del TUA recante disposizioni in materia di “Disposizioni particolari in materia di biodiesel ed alcuni prodotti derivati dalla biomassa” per cui: a) veniva fissato un programma triennale all’interno del quale si prevedevano aliquote ridotte al 20% di quella del gasolio e capienze per annualità; b) la previsione di garanzie finanziarie nei confronti dell’Erario. Si tratta, in altre parole, di una defiscalizzazione contingentata che rientra nell’alveo delle agevolazioni tributarie.
Tale misura, chiaramente, è stata posta al vaglio della normativa unionale in materia di aiuti di stato.
Ma, ad ogni modo, in capo all’operatore economico beneficiario di tale programma la concessione di aliquote ridotte non poteva e, non può comportare una sovracompensazione dei costi aggiuntivi sostenuti nell’ambito della produzione dei biocarburanti e dei biocombustibili: quindi, l’aliquota ridotta per i carburanti sintetici dovrebbe servire solo a ridurre il maggiore sforzo economico rinvenuto per la gestione di un ciclo produttivo particolarmente innovativo.
E’ questa la ragione che ha indotto la Corte di Giustizia dell’UE ad affermare come compatibile con diritto unionale la norma interna che allo scopo di evitare fenomeni di sovracompensazione dei costi sostenuti sostituisca l’originaria esenzione fiscale con un sistema di obbligo di immissione in consumo di un quantitativo minimo di biocarburante in relazione al carburante fossile immesso[9].
E’ importante, dal punto di vista dell’operatore economico dimostrare sempre di prestare un affidamento legittimo che presuppone lealtà e prudenza.
Chiaramente, ça va sans dire, la via maestra per rendere competitivi i nuovi carburanti rimane quella dell’aliquota d’accisa ridotta giustificata da ragioni di politica ambientale[10] che rappresenta un’interessante caratteristica del tributo in parola.
Si tratta di un principio, giova sottolineare, che viene ribadito nella lettera b) comma 1 articolo 5 della legge delega per la riforma del sistema fiscale per cui
“…adeguare in coerenza con l’European Green Deal e la disciplina europea armonizzata dell’accisa, le strutture e le aliquote della tassazione indiretta sulla produzione e sui consumi dei prodotti energetici e dell’energia elettrica, con l’obiettivo di contribuire alla riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e alla promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili…”
il quale va letto anche in combinato disposto con l’articolo 65 del TUA per cui:
“…Le disposizioni delle direttive della Comunita’ ((…)) europea in materia di accisa…sono recepite, in via amministrativa, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro ((dell’economia e)) delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri…”.
Infine, a chiusura del presente contributo, vale la pena sottolineare come l’accisa, considerata un’imposta specifica di consumo, rappresenta un importante fattore di crescita di nuove sostanze per la carburazione più in linea con la volontà legislativa di promuovere uno sviluppo sostenibile.
E’ un tributo dotato di un modulo fiscale capace di incorporare e veicolare le nuove esigenze di politica ambientale che verranno realizzate internamente al territorio doganale unionale con le imposte indirette gravanti sui consumi e, al di fuori, con il nuovo carbon border adjustement mechanism che entrerà in vigore gradualmente.
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[1] E.Scuderi “Towards a plastic free economy: the Italian plastic tax” in Rivista di diritto tributario-supplemento on line del 7 aprile 2021.
[2] S.Ciotti, R.Galdi, P.Orsini, A.Piri, M.Sebastiani, U.Sirico Le accise sui prodotti energetici e sull’elettricità Giappichielli Editore Torino 2014, pg 15: “…occorre precisare che il termine “prodotto equivalente” impiegato dalla direttiva 92/81/CEE non ha sempre l’accezione di “prodotto aventi pari caratteristiche chimico fisiche”. Per determinare quale sia il prodotto equivalente ad un carburante o combustibile sprovvisto di una specifica aliquota minima comunicata, occorre rifarsi, … anche alle modalità d’impiego del prodotto stesso e considerare quale carburante o combustibile venga effettivamente “spiazzato” (inteso come “sostituito”) del prodotto sprovvisto di una propria aliquota di accisa…”.
[3] Cass. Civ Sez V 28 marzo 2012, n. 4950 : “…L’assunto delle ricorrenti, secondo cui l’accertata potenziale idoneità della miscela in questione ad essere impiegata come combustibile o carburante costituirebbe elemento sufficiente ad assoggettare il prodotto accisa, è fondato su di una non condivisibile definizione degli ambiti semantici differenziati da attribuire alle espressioni lessicali con le quali vengono individuate le condizioni di assoggettabilità ad accisa dei prodotti contraddistinti al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 21, comma 2, lett. d) TUA con il codice NC 2710, laddove in particolare la norma subordina l’applicazione della imposta ai prodotti “se destinati ad essere usati”, “se messi in vendita”, ovvero “se usati” come combustibile o carburante. Ritiene il Collegio che ferma la “ratio legis” secondo cui, nei casi previsti dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 21, comma 2 TUA, l’elemento determinante assunto come rilevante ai fini della tassazione è la effettiva destinazione – utilizzazione del prodotto e non la sua composizione chimica, così da evitare l’elusione delle tariffe attraverso la produzione di prodotti miscelati, componendo i prodotti fra loro o con altre sostanze (cfr. Corte cass. 5 sez. 17.1.2005 n. 814, in tema di imposte di fabbricazione sugli olii minerali, disciplinate dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 17, comma 3, convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427 poi recepito nell’art. 21 TUA), occorre considerare che la interpretazione prospettata dalle ricorrenti secondo cui la “destinazione all’uso come combustibili o carburante” indicherebbe meramente la potenzialità energetica del prodotto, verrebbe a disconoscere proprio la predetta ratio legis, venendo individuata la condizione di assoggettabilità ad accisa, non nella concreta destinazione di impiego del prodotto ma nella composizione chimico-fisica dello stesso, con ciò contraddicendo tanto all’art. 21, comma 1 (che invece sulla sola composizione chimico-fisica, e dunque sulla idoneità alla combustione o carburazione del prodotto, prevede la applicazione della accisa), quanto al comma 3 che – con riferimento alla circolazione intracomunitaria dei prodotti indicati nei predenti commi, tra cui quelli contraddistinti dal codice nomenclatore combinato dal n. 2710- 0011 al n. 2710-0072- assoggetta ad accisa detti prodotti “ancorchè siano destinati ad usi diversi da quelli tassati”, con ciò ipotizzando che la mera potenzialità all’impiego come combustibile o carburante della miscela in questione (ricompresa tra i codici 2710- 0011 e 2710-0072) non coincide con la destinazione d’uso e non è sufficiente a dimostrare la “effettiva destinazione del prodotto alla combustione o carburazione”. Ritiene pertanto il Collegio che la corretta soluzione ermeneutica, aderente alla evidenziata “ratio legis”, sia quella di riferire le diverse espressioni utilizzate nel testo normativo all’intero ciclo economico del prodotto, dalla fabbricazione al consumo, e quindi alla destinazione d’uso impressa “ab origine” al prodotto commerciale (indicazione fornita dalla fabbrica: è la ipotesi esaminata da Corte cass. n. 814/2005 cit. relativa a prodotto, “biothermo”, destinato ad essere commercializzato come combustibile per riscaldamento); alla eventuale differente indicazione di impiego del prodotto (rispetto a quella fornita dalla fabbrica) in concreto pubblicizzata nella fase di distribuzione ovvero comunque risultante dalle specifiche modalità di vendita; alla concreta destinazione di impiego del prodotto da parte del consumatore finale…”.
[4] S.Mancuso, Giurisprudenza delle imposte volume- Rassegna di giurisprudenza comunitaria e nazionale sulle accise e imposte di fabbricazione, LXXXVIII Assonime 2015 pg. 89: “…Relativamente alla nozione di equivalenza del prodotto, secondo i giudici comunitari essa deve essere interpretata sotto il profilo della sostituibilità o dell’intercambiabilità dei prodotti energetici in esame. Occorre, quindi, verificare se uno dei prodotti per i quali è stabilito un livello minimo di imposizione possa essere utilizzato come sostituto di detti prodotti energetici al fine di conseguire il risultato voluto nella specie; in tal modo, è garantito che due prodotti che assolvano la stessa funzione siano tassati sulla base della stessa aliquota. Laddove non vi sia sostituzione, invece, occorre individuare, caso per caso, il carburante per motori o il combustibile per riscaldamento che, alla luce delle sue proprietà e della sua destinazione, sia il più prossimo al prodotto di cui trattasi, rispettando in tal modo l’obbligo di distinguere i carburanti per motori dai combustibili per riscaldamento per quanto attiene ai prodotti per i quali i livelli minimi di imposizione non siano stati singolarmente fissati su scala dell’Unione europea…”.
[5] Cass. civ. Sez. V, 11dicembre 2013, n. 27669: “…Dalle disposizioni indicate emerge in modo univoco che il Legislatore ha inteso sottoporre ad accisa alcuni prodotti in quanto tali (puri o miscelati che siano) – art. 21, commi 1 e 4, nonchè sottoporre ad accisa altri prodotti in funzione esclusivamente dell’impiego cui sono destinati (in quanto utilizzati come carburante o additivi per carburante, o come combustibile per riscaldamento) – art. 21, commi 2 e 5: in relazione al presupposto d’imposta fondato sulla utilizzazione del prodotto, la norma in esame non pone quale elemento indefettibile una corrispondenza, nè una “assimilazione merceologica” tra i prodotti indicati nei diversi commi, distinguendo nettamente tra la nozione di “prodotto – olio minerale” (identificato sempre con il codice NC) e quella di “carburante o combustibile” (che si caratterizza invece esclusivamente in relazione al tipo di funzione energetica svolta dal prodotto). Nel secondo comma vengono infatti presi in considerazione (alle lettere da “a” ad “n”) “prodotti” diversi da quelli indicati nel primo comma, e dunque – teoricamente – esclusi dalla imposizione, che tuttavia vengono assoggettati ad accisa in relazione alla loro potenziale destinazione od al loro specifico utilizzo come carburante o combustibile, venendo in rilievo quale presupposto impositivo “l’intero ciclo economico del prodotto, dalla fabbricazione al consumo”, ed avendo quindi riguardo la norma “alla destinazione d’uso impressa “ab origine” dalla fabbrica, alla eventuale indicazione di impiego pubblicizzata nella fase di distribuzione o comunque risultante dalle specifiche modalità di vendita, alla concreta destinazione da parte del consumatore finale” (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 814 del 17/01/2005 – con riferimento al prodotto denominato biothermo, destinato ad uso combustibile per riscaldamento- ; id. Sez. 5, Sentenza n. 4950 del 28/03/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 5860 del 13/04/2012). Non essendo evidentemente esauribile l’elenco di prodotti individuati dalla Nomenclatura combinata potenzialmente destinabili o concretamente utilizzati come “carburanti o combustibili” – avuto riguardo agli imprevedibili impieghi dei diversi prodotti nelle applicazioni tecniche ed al costante sviluppo delle ricerche scientifiche – il Legislatore ha introdotto con il comma quinto una disposizione di chiusura, alla quale non sono estranei anche fini antielusivi, volta a ricomprendere nella sfera di imposizione “qualsiasi altro prodotto” (quindi qualsiasi prodotto non ascrivibile ad alcuna delle categorie merceologiche di oli minerali già disciplinate nei predenti commi 1-3) destinato, messo in vendita o concretamente impiegato come “carburante” – comma 5, prima parte-, nonchè “qualsiasi altro idrocarburo”, puro o miscelato, destinato ad uso “combustibile per riscaldamento” (in quest’ultimo caso equiparando, ai fini fiscali, gli idrocarburi “ottenuti dalla depurazione e dal trattamento delle miscele e dei residui oleosi di ricupero” agli oli c.d. densi) – comma 5 seconda ed ultima parte-, venendo pertanto in questo caso in rilievo il prodotto, in relazione al presupposto impositivo, non per le sue caratteristiche fisico- chimiche (assimilabili od affini a quelle degli oli minerali) ma per la sua specifica funzione economica, in quanto bene “succedaneo” ai prodotti definiti come oli minerali, essendo di fatto utilizzato per ottenere il medesimo risultato energetico. La sequenza scalare delle disposizioni dei commi, art. 21 del D.Lgs. n. 504 del 1995, ordinate secondo un criterio che dalla previsione più specifica scende fino alla previsione generale “di chiusura” (comma 1 – prodotti identificati da codice TARIC, soggetti ad accisa; comma 2 – altri prodotti identificati dal codice TARIC, soggetti ad accisa solo in quanto utilizzati come carburante o combustibile; comma 3 – prodotti già identificati al comma 2, ma “destinati ad usi diversi da quelli tassati”, esonerati da accisa ma sottoposti al regime dei controlli e della circolazione intracomunitaria; comma 4 – prodotti già identificati al comma 1, anche se “miscelati” con altri prodotti analoghi od altre sostanze; comma 5 – altri prodotti in genere, non identificati con codici TARIC e non ricompresi in quelli identificati nei precedenti commi, in quanto destinati ad uso carburante, ed altri idrocarburi, non identificati, destinati ad uso combustibile per riscaldamento. Il comma 6 si limita ad estendere la disposizione del comma 2 allo specifico prodotto denominato “biodiesel”; il comma 7 indica le caratteristiche atmosferiche da assumere a base per la determinazione delle “aliquote a volume”) ed il differente presupposto impositivo, evidenziato, rispettivamente, dal tipo merceologico e dall’impiego energetico del prodotto, non conducono a ravvisare nel precetto normativo anche la ulteriore condizione – ritenuta invece indispensabile dal Giudice di appello – della necessaria affinità nella composizione chimico – fisica fra i prodotti in questione, non potendo essere limitata, in assenza di espresse indicazioni rilevabili dal testo normativo, la generale portata precettiva della disposizione di chiusura del comma quinto. A tale conclusione interpretativa deve pervenirsi anche in considerazione dell’esame delle disposizioni dettate dalla direttiva CEE n. 81 del 1992 che, all’art. 2 paragrafo 1, identifica con il codice NC i prodotti “oli minerali”; al paragrafo 2 gli “oli minerali” (diversi da quelli per cui la direttiva n. 82/1992 ha determinato l’aliquota della accisa) che debbono assoggettarsi ad accisa in caso di utilizzo come carburanti o combustibili; al paragrafo 3 “qualsiasi prodotto destinato ad essere utilizzato come carburante od additivo ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti”: ed, infatti, se le disposizioni dei primi due paragrafi prevedono l’assoggettamento ad accisa degli “oli minerali”, alla disposizione del paragrafo 3 non può che attribuirsi una funzione di chiusura del sistema delle accise armonizzate in relazione al presupposto impositivo funzionale determinato dall’impiego di “ogni altro prodotto” come carburante, ipotesi evidentemente residuale rispetto a quella, già contemplata al precedente paragrafo 2 degli “oli minerali…assoggettati all’accisa se sono destinati ad essere utilizzati, se sono messi in vendita o se sono utilizzati come combustibili o carburanti…“.
[6] Cass.Civ Ord. Sez. V 4 ottobre 2018, n. 24332: “…2.1. questa Corte ha di recente avuto modo di chiarire la portata dell’art. 21, comma 5, TUA applicabile ratione temporis – secondo il quale “Oltre ai prodotti elencati nel comma 2 è tassato come carburante qualsiasi altro prodotto destinato ad essere utilizzato, messo in vendita o utilizzato come carburante o come additivo ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti” -, operando un’interpretazione in linea con l’art. 2, p. 3, della direttiva n. 92/81/CEE, come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia del 18 dicembre 2008, causa C-517/07, Afton Chemical Ltd, 35, giusta l’identità di ratio delle due previsioni normative, entrambe rivolte ad introdurre una disposizione di chiusura che consentia la sottoposizione ad accisa di qualunque prodotto che, prescindendo dall’elenco di prodotti individuati dalla Nomenclatura combinata, rientri comunque nel genus dei “carburanti o combustibili”; la sostanziale sovrapponibilità del testo di cui all’art. 21, comma 5, TUA con quello dell’art. 2, n. 3, comma 1, prima frase, della direttiva n. 92/81/CEE e art. 2, n. 3, comma 2, della direttiva n. 2003/96/CE, nonchè il vincolo di interpretazione della previsione normativa interna con quella Eurounitaria dimostrano come il nitrometano utilizzato come carburante di motori per modellismo è sottoposto ad accisa in forza della disposizione di chiusura dell’art. 21, comma 5, TUA cit., risultando palese la volontà del legislatore Eurounitario di ricomprendere, accanto agli oli minerali, anche altri prodotti, purchè destinati ad essere messi in vendita o ad essere utilizzati come carburante o come additivo ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti (si vedano, peraltro pronunciate tra le medesime parti, Cass. nn. 10780 e 10781 del 08/05/2013; Cass. n. 9749 del 13/05/2013; Cass. n. 11367 del 01/06/2015); 2.2. i principi esposti sono stati ribaditi successivamente in altra pronuncia della S.C., per la quale “l’alcole metilico è soggetto soltanto a regime di vigilanza ai sensi del D.L. 18 giugno 1986, n. 282, art. 2 conv. in L. 7 agosto 1986, n. 462 e del D.M. Finanze 1 agosto 1986, come previsto dall’art. 66 del TU approvato con D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (che riproduce la disposizione del D.L. n. 331 del 1993, art. 32, comma 2, conv. in L. n. 427 del 1993). Tuttavia l’impiego di alcole metilico (metanolo), nella specie in miscela con olio di ricino e nitrometano, come carburante per micromotori a scoppio (modelli di auto, aerei e navi) è assoggettato ad accisa secondo il D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 21, comma 5, dovendo interpretarsi tale disposizione come norma di chiusura volta ad assoggettare alla imposta “qualsiasi altro prodotto” diverso dagli oli minerali individuati nei precedenti commi 1, 2, 3 e 4, che sia comunque idoneo a costituire un succedaneo od un equivalente degli oli minerali nello specifico impiego come carburante per motori, rimanendo indifferenti in ordine alla interpretazione della esatta portata precettiva della norma, le eventuali difficoltà pratiche o le indagini tecniche connesse alla individuazione – secondo i criteri previsti dal medesimo art. 21 – della aliquota d’imposta applicabile nella concreta fattispecie” (Cass. n. 27669 dell’11/12/2013)..”.
[7] Cass. civ. Sez. V, Sent.,08 maggio 2013, n. 10780: “…il giudice del rinvio dovrà, rivisitando integralmente il materiale probatorio offerto dall’Agenzia, verificare non solo la quantità di idrocarburi esistente nei reflui oggetto di accertamento non rinvenuti nello stabilimento, ma anche se gli elementi offerti dall’agenzia confermavano che i reflui individuati sulla base dei registri e dei formulari consentivano di individuare non solo la presenza e quantità di idrocarburi, ma anche la qualità dei prodotti stoccati, ciò al fine di determinare l’aliquota d’imposta prevista per l’olio minerale equivalente…”.
[8] Cass. civ. Sez. V, Sent. 28 marzo 2012, n. 4950.
[9] Corte giustizia CE, sez. III (pres. Rosas, rel. Ó. Caoimh), 10 settembre 2009, n. C-201/08, Plantanol GmbH & Co. KG c. Hauptzollamt Darmstadt.
[10] Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-07-2020, n. 15135 “…5.6. Quello che non è consentito è che, come nel caso delle addizionali locali, la finalità esclusiva sia quella di incrementare il gettito fiscale, dovendo avere la disposizione finalità ambientali da perseguire attraverso una norma fiscale che disincentiva le emissioni di CO2 (v., da ultimo, in caso analogo, Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 15198 del 04/06/2019 (Rv. 654134 – 01: In tema di accise sul consumo di energia elettrica, il caso delle addizionali provinciali che debbono rispondere ad una o più finalità specifiche previste dalla Dir. n. 2008/118/CE, art. 1, par. 2, come interpretata dalla Corte di giustizia UE, dovendosi evitare che le imposizioni indirette, aggiuntive rispetto alle accise armonizzate, ostacolino indebitamente gli scambi; pertanto, va disapplicata, per contrasto col diritto unionale, la disciplina interna di cui al D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 2, conv. in L. n. 20 del 1989, avente come finalità una mera esigenza di bilancio degli enti locali, con conseguente non debenza delle addizionali medesime), non invece che la norma fiscale abbia “anche” una funzione ed una finalità fiscale, il che appare ineludibile, costituendo essa, appunto, lo strumento, per raggiungere la finalità ambientale. 5.7. In tale ambito, anche l’inciso contenuto nella sentenza di questa Corte n. 3553 del 2009, più volte richiamato dalla ricorrente per sostenere la natura esclusivamente fiscale della norma interna di recepimento della Direttiva di cui si tratta, non giova alla tesi della ricorrente, poichè, laddove la suddetta sentenza di questa Corte ha evidenziato la insostenibilità della tesi della natura “ambientale” dell’accisa in questione “perchè: (1) la stessa non ha doti proteiformi, cioè intrinseca capacità di mutare l’originaria (certamente tributaria e non ambientale) natura; (2) la Dir. n. 2003/96/CE, art. 28, impone agli stati membri di comunicare alla Commissione “il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva”, quindi anche il testo delle eventuali “disposizioni” adottate (ovviamente in epoca successiva all’emanazione della direttiva stessa) per fini di “politica ambientale” in quanto anche queste (tenuto conto di quanto riportato nel richiamato “considerando” del provvedimento comunitario) possono incidere sul “settore disciplinato dalla… direttiva”, si è riferita ad una norma univocamente tributaria, preesistente alla normativa comunitaria, cui lo stato italiano pretendeva di attribuire natura ambientale senza avere dato nessuna comunicazione in ordine all’eventuale mantenimento della stessa od all’adozione di altra norma per fini di “politica ambientale”. Il caso si riferiva infatti al periodo precedente al recepimento da parte dell’Italia della Direttiva in considerazione, quando l’Italia non aveva ancora adottato la norma “ambientale” in esecuzione della direttiva, per cui tali considerazioni non possono valere per il periodo successivo, che qui interessa, quando la norma è stata adottata e l’Italia si è adeguata alla Direttiva. 5.8. Si ritiene quindi che la Direttiva CE sia chiara non solo nel suo contenuto ma anche nel punto in cui ha lasciato ampia facoltà agli stati membri di modulare la tassazione per finalità di politica ambientale e ciò anche in base alla sentenza della Corte di Giustizia del 5 marzo 2015, nella causa C-533/2013 citata a pagina 26 del ricorso, per cui, così come trascrive la ricorrente, una imposta, sia pure in relazione ad una diversa direttiva, persegue finalità ambientale soltanto qualora sia concepita con riguardo alla materia imponibile o all’aliquota in modo da scoraggiare i contribuenti dall’utilizzare prodotti nocivi per l’ambiente o da incoraggiare l’uso di altri prodotti non nocivi per l’ambiente; il che è, appunto, quanto avvenuto con riguardo alla tassazione del prodotto “carbone” e cioè della “materia imponibile” che qui interessa, che è una delle principali cause dell’effetto serra la cui riduzione costituisce una delle finalità più importanti che si è proposta l’Unione Europea per finalità ambientali…”.