Brevi note sulle principali novità introdotte dal d.l. 157 dell’11 novembre 2021

Decreto legge dell’11 novembre 2021, n. 157, sul corretto impiego delle agevolazioni per interventi sul patrimonio immobiliare (Decreto Antifrodi)

Il d.l. n. 157 dell’11 novembre 2021 (c.d. “Decreto Antifrodi”) adottato dal Governo per contrastare i comportamenti fraudolenti nell’utilizzo dei benefici fiscali per i bonus edilizi, è stato pubblicato sulla GU n. 269 dell’11 novembre 2021, ed è entrato in vigore dal 12 novembre 2021. Il provvedimento detta disposizioni finalizzate a garantire il corretto impiego di alcune agevolazioni per interventi sul patrimonio immobiliare.

Tra gli interventi di maggiore interesse vanno ricordati quello dell’art. 1, comma 1, lett b) che ha introdotto all’art. 121 del d.l. 34/2020 (c.d. “Decreto Rilancio”) il nuovo comma 1-ter, ai sensi del quale, nel caso di esercizio delle opzioni per sconto in fattura/cessione del credito di imposta corrispondenti alla detrazione edilizia altrimenti spettante, viene disposto (i) l’ampliamento dell’obbligo del visto di conformità (lett. a) e (ii) la necessità di asseverazione della congruità delle spese sostenute (lett. b). Il Decreto ha, altresì, previsto (v. art. 2 che ha introdotto nel Decreto Rilancio l’art. 122-bis) un meccanismo di controllo preventivo per consentire all’Agenzia delle entrate la verifica della correttezza degli interventi alla base delle opzioni esercitate.

Di seguito si delineano brevemente i contorni dei tre interventi sopra enunciati.

(I) Estensione dell’obbligo del visto di conformità (articolo 1 comma 1, lett. a) Decreto Antifrodi).

Viene notevolmente ampliato l’obbligo di richiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione attestante la sussistenza dei presupposti che danno diritto al beneficio che è ora necessario:

  • quando la detrazione del 110% (“Superbonus”) è indicata direttamente dall’avente diritto (beneficiario) nella propria dichiarazione dei redditi, a meno che questa non sia presentata direttamente dal contribuente utilizzando la precompilata predisposta dall’Agenzia delle entrate ovvero tramite il sostituto d’imposta, in quanto, in tali ipotesi, l’amministrazione finanziaria può già effettuare controlli preventivi (in precedenza, il visto era richiesto solo quando, anziché operare la detrazione, si optava per la cessione del credito o per lo sconto in fattura);
  • quando si esercita l’opzione per la cessione del credito o per lo sconto in fattura in riferimento alle altre detrazioni fiscali per lavori edilizi (c.d. “bonus minori”, ad es., recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, adozione di misure antisismiche, recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti, installazione di impianti fotovoltaici, installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici) diversi da quelli che danno diritto allo sconto del 110% (fino all’emanazione del decreto in commento, si ricorda che il visto era necessario soltanto per l’opzione in ambito Superbonus).

Il visto – ricordiamo – deve essere rilasciato dal responsabile di un Centro di assistenza fiscale ovvero da uno dei soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3, art. 3 del D.Lgs. n. 241/1997 (iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali, dei consulenti del lavoro; iscritti nel registro dei revisori legali; iscritti al 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria).

Tale certificazione consiste, in ogni caso, in un controllo formale di tipo documentale (v. Documento del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti/Fondazione nazionale del 19 aprile 2021 in tema di superbonus https://press-magazine.it/wp-content/uploads/2021/04/2021_04_19_il-superbonus-110-check-list-visto-di-conformita-ecobonus-e-sismabonus.pdf ) e le verifiche richieste per il suo rilascio non riguardano (né potrebbero riguardare, atteso il profilo professionale del certificatore) l’effettiva esecuzione dei lavori, né il raggiungimento degli obiettivi alla base del riconoscimento del bonus fiscale, né tantomeno la congruità dei prezzi rispetto ai prezzari.

Il visto va richiesto per tutte le detrazioni e opzioni esercitate a decorrere dal 12 novembre 2021.

Con il provvedimento n. 312528 del 13 novembre 2021, l’Agenzia delle entrate ha reso disponibile il nuovo modello per la comunicazione delle opzioni per la cessione del credito o per lo sconto in fattura relative alle detrazioni previste per gli interventi per lavori edilizi diversi dal Superbonus 110%.

(II) Estensione dell’obbligo di attestazione della congruità dei prezzi.

Ai sensi del nuovo art. 121, comma 1-ter, b) del Decreto Rilancio l’attestazione di congruità deve trovare applicazione in relazione agli interventi relativi a tutti i bonus edilizi diversi dal 110%. Per questi ultimi, i professionisti che attestano la congruità delle spese sostenute per ottenere la cessione del credito o per lo sconto in fattura dovranno far riferimento, oltre che ai prezzari individuati dal punto 13 del DM 6 agosto 2020 (prezzari regionali e prezzari DEI), anche a dei valori massimi che saranno stabiliti, per talune categorie di beni, da un decreto del MITE (Ministro per la Transizione ecologica) (v. art. 1, comma 1, n. 2 lett a) del Decreto Antifrode che ha modificato il comma 13-bis dell’art. 119 del Decreto Rilancio), da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Antifrodi (v. art. 1, comma 2 del Decreto Antifrodi).

La ratio della misura, evidentemente, consiste nello scongiurare i meccanismi fraudolenti perpetrati tramite aumenti ingiustificati dei valori degli interventi fatturati.

In attesa dell’emanazione del decreto attuativo del MITE (entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, art. 1,comma 2) occorrerà dunque adottare la massima prudenza nella fissazione del prezzi e valori degli interventi, allineandosi per il momento al prezziario DEI del 2020 sopra citato.

Con riferimento alla disciplina transitoria delle disposizioni sopra delineate urgono chiarimenti da parte del legislatore; se infatti, è abbastanza chiaro che il visto di conformità vada apposto sulle opzioni esercitate dal 12 novembre 2021 in poi anche per gli interventi realizzati e le spese sostenute prima di questo periodo, non è altrettanto chiaro il perimetro temporale dell’attestazione di congruità delle spese.

Più in dettaglio, il d.l. 157/2021 nulla dispone per chi ha già concordato in contratto con il fornitore (magari con fattura già emessa) l’opzione per lo sconto o la cessione del credito di imposta con l’intermediario finanziario, dovendo formalizzare la spettanza del credito con i nuovi requisiti.

Ad oggi, infatti, stando al contenuto del modello sul sito dell’AdE (v. provvedimento n. 312528 del 13 novembre 2021 di cui supra al par. (I)), i contribuenti devono munirsi del “visto” ma non dell’attestazione tecnica di congruità, che potrebbe, quindi, riguardare solo le spese sostenute successivamente al 12 novembre.

Una tale interpretazione non è tuttavia confermata e, in ogni caso, entra in conflitto con l’esigenza di apporre il visto di conformità dopo il controllo sulla congruità delle spese, che resta lo strumento di controllo sostanziale degli interventi eseguiti. Per questa ragione, quindi, sarebbe più prudenziale considerare entrambi gli obblighi già vigenti dal 12 novembre scorso, anche per le spese già sostenute ed i lavori già terminati, per i quali deve essere ancora esercitata l’opzione.

Un’altra “zona grigia” del Decreto che merita urgenti chiarimenti ufficiali riguarda il compenso dovuto ai professionisti per l’apposizione del visto e l’attestazione di congruità. In effetti, la disposizione che precisa che questi importi rientrano nell’ammontare detraibile (articolo 119, comma 15, del Decreto Rilancio) si applica letteralmente solo agli interventi Superbonus, per cui tali spese non rientrerebbero tra le spese detraibili e risulterebbero quindi “non passanti”, per gli interventi relativi a tutti gli altri bonus. La disposizione che ha introdotto tali adempimenti per i bonus minori richiama soltanto l’art. 121 del DL 34/2020. In proposito, però, può osservarsi come non vi siano ormai sostanziali differenze tra le voci di spesa su elencate e che quindi anche quelle sostenute per i bonus minori meritino di concorrere nel tetto di spesa di volta in volta agevolato.

(III) Controlli preventivi dell’Agenzia delle Entrate.

Con l’inserimento di un nuovo articolo 122-bis nel Decreto Rilancio (v. art. 2 del Decreto Antifrodi), viene introdotta una procedura di controllo preventivo, la cui concreta attuazione (criteri, modalità e termini) è demandata a uno o più provvedimenti dell’Agenzia delle entrate. L’intervento riguarda i casi in cui chi ha diritto alla detrazione opti per lo sconto in fattura o per la cessione del bonus. In tali circostanze, è richiesto che il beneficiario dell’agevolazione comunichi telematicamente all’Agenzia delle entrate l’avvenuta cessione del credito e che il cessionario ne confermi l’accettazione tramite l’apposita piattaforma. L’invio della comunicazione e la relativa accettazione sono previsti anche per le eventuali successive cessioni.

Il Decreto Antifrodi stabilisce in proposito che l’Agenzia delle entrate può sospendere fino a trenta giorni gli effetti delle comunicazioni delle cessioni (anche quelle successive alla prima) e delle opzioni che presentano “profili di rischio”. Questi ultimi devono essere individuati utilizzando criteri relativi alla diversa tipologia di crediti ceduti e riferiti, ad esempio, (i) alla coerenza e alla regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni con quelli presenti nell’Anagrafe tributaria, (ii) ai dati afferenti ai crediti oggetto di cessione ed ai soggetti che intervengono nelle operazioni cui detti crediti sono correlati, oppure (iii) ad analoghe cessioni effettuate in precedenza dagli stessi soggetti.

Se dal controllo preventivo – che si presume, per le caratteristiche intrinseche, sia del tutto automatizzato – sono confermati i rischi di frode che hanno determinato la sospensione, la comunicazione si considera non effettuata e tale circostanza è comunicata in via telematica a chi l’ha trasmessa.

Se all’esito del controllo non risultano confermati i rischi di cui al comma 1, ovvero decorsi trenta giorni dalla presentazione della comunicazione, la comunicazione stessa produce gli effetti previsti dalle disposizioni di riferimento (con piena efficacia della cessione o dello sconto).

Da ultimo, merita rilevare (articolo 3 Decreto Antifrodi) che per lo svolgimento delle attività di controllo, l’Agenzia delle entrate potrà avvalersi dei poteri istruttori previsti in materia di imposte dirette (art. 31 e seguenti, d.P.R. n. 600/1973) e di Iva (art. 51 e seguenti, d.P.R. n. 633/1972) e, per il recupero degli importi dovuti (comprensivi di sanzioni e interessi), procedere con un atto di recupero (art. 1, commi 421 e 422, legge n. 311/2004), da notificare, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione.

Si noti che detto termine è quello che ordinariamente la legge prevede per i crediti ritenuti “non spettanti”, ma non quello che invece è previsto per il recupero dei crediti “inesistenti”, che invece dispone la legittimità dell’azione di controllo esercitata entro il più ampio termine di decadenza del 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo in compensazione (art. 27, comma 16 del D.L. n. 185/2008). Bisognerà anche in questo caso coordinare le disposizioni in tema di controlli con quelle che disciplinano in dettaglio i soggetti da sottoporre a verifica.

L’ufficio di riferimento è quello competente in base al domicilio fiscale del contribuente (artt. 58 e 59, d.P.R. n. 600/1973) al momento della commissione della violazione; in mancanza di domicilio fiscale, l’attribuzione andrà ad altra struttura individuata con provvedimento direttoriale.

L’atto di recupero è autonomamente impugnabile dinanzi alle Commissioni tributarie.

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