29/11/2021

L’art. 10 del DL 76/2020 ha apportato significative modifiche all’art. 3, comma 1, lett. d), del DPR 380/2001 che definisce gli interventi di ristrutturazione edilizia. In particolare, per ciò che concerne i beni vincolati, l’articolo attualmente prevede che “Rimane  fermo  che,  con  riferimento  agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42, nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee  A, gli  interventi  di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o  demoliti  costituiscono  interventi  di  ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti  sagoma,  prospetti,  sedime  e caratteristiche   planivolumetriche   e   tipologiche   dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.

In riferimento a questa novella normativa, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, nel parere dell’11 ottobre 2020, nell’evidenziare il limite posto dalla norma in oggetto nei confronti degli immobili “sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio”, aveva sottolineato la sostanziale distinzione tra i beni i beni culturali e paesaggistici, per i primi intendendosi i beni mobili e immobili a cui è dedicata la Parte II del Codice dei Beni Culturali, mentre per i secondi i beni di cui alla Parte III, essenzialmente immobili ed aree. A questa distinzione corrisponderebbero “distinte procedure di tutela e distinte competenze”. Per tali ragioni, il Consiglio aveva ritenuto che non fosse possibile “riferire un’attività  di demolizione e ricostruzione a beni immobili tutelati ai sensi della Parte II del citato codice dei beni culturali e del paesaggio (i c.d. beni culturali), atteso che la tutela include anche la consistenza materiale del bene e che, comunque, qualsiasi intervento concernente tale tipo di beni, anche se parzialmente demolitivo e/o ricostruttivo, si qualifica come di “restauro” e non come “ristrutturazione edilizia” ”. D’altra parte invece i beni paesaggistici sarebbero esclusi dall’interpretazione estensiva di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), del DPR 380/2001. Sussisterebbero pertanto per i beni questione margini di manovra più ampi.

Tuttavia sul punto è intervenuto il Ministero dei Beni Culturali nella risposta immediata in commissione 5-06704, affermando la sostanziale equiparabilità dei beni culturali ai beni paesaggistici, includendoli nella formulazione “immobili sottoposti a tutela” di cui art. 10 del DL 76/2020. La norma ricomprenderebbe infatti “non solo gli edifici aventi caratteri intrinseci di pregio architettonico ma anche gli edifici, ricadenti in ambiti tutelati, che potrebbero apparire privi di pregio”, coerentemente con la nozione stessa di tutela del paesaggio, così come delineata dalla Corte Costituzionale. La tutela paesaggistica mirerebbe quindi a preservare la conformazione dello stato dei luoghi “salvaguardando il territorio da qualsiasi trasformazione esteticamente percepibile” includendovi conseguentemente anche “gli interventi realizzati su edifici compresi in ambiti vincolati nel loro complesso”. Pertanto, gli interventi su immobili situati in zone vincolate devono rispettare il requisito della fedeltà.

La risposta del Ministero dei Beni Culturali va dunque nella direzione opposta rispetto al parere delineato dal Consiglio Superiore che alleggeriva le limitazioni solo per gli immobili situati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

 

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