29/11/2021

1. – L’art. 17 del d.P.R. n. 633/1972, comma 6, lett. a), secondo periodo, dispone che il reverse charge previsto per le attività edili “non si applica alle prestazioni di servizi diversi da quelli di cui alla lettera a-ter) rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori”. V’è allora da chiedersi se e in che misura tale norma trovi applicazione nei confronti del contraente generale ampiamente diffuso negli appalti affidati per svolgere lavori edili che danno accesso ai noti bonus edilizi (Superbonus 110% e bonus “minori”).

La corretta lettura della norma sembra deporre nel senso che essa non trova applicazione nei confronti dei General Contractor impiegati negli appalti privati, ivi inclusi quelli impiegati per i citati lavori agevolati, per le ragioni di cui subito si dirà.

2. – Come noto, il General Contractor è una figura introdotta nell’ordinamento giuridico nazionale nei primi anni duemila nel contesto degli appalti pubblici, al fine di snellire e accelerare i tempi di realizzazione delle “opere pubbliche strategiche”. Ad oggi, esso è disciplinato dagli artt. 194 e ss. del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Codice dei Contratti pubblici”).

La dottrina e la giurisprudenza si sono lungamente interrogate sulla qualificazione giuridica di tale soggetto e dei contratti da esso stipulati.

Secondo una parte della dottrina civilistica[1], il contratto di affidamento al contraente generale negli appalti pubblici è assimilabile ad un contratto di appalto, anche nella logica delle direttive n. 88/440//CEE e 93/37/CEE che hanno legittimato l’introduzione di questa figura nel nostro Paese. Poiché infatti tali direttive prevedono che l’appalto pubblico è un contratto “da far eseguire con qualsiasi mezzo”, conseguentemente il General Contractor viene individuato in quella figura cui è affidata in via diretta tale esecuzione e su cui grava un obbligo di risultato globale, e cioè un “puro” appaltatore.

Secondo altro orientamento[2], la facoltà di deroga alla disciplina generale sui lavori pubblici e la libertà organizzativa di cui gode il General Contractor permettono di configurarlo come un soggetto incaricato di sviluppare i diversi momenti realizzativi dell’opera. Ne consegue che l’intera operazione apparirebbe riconducibile al mandato senza rappresentanza, in cui un soggetto terzo provvede in nome proprio a compiere una serie di atti giuridici, i cui risultati dovranno poi essere trasferiti all’amministrazione appaltante.

Non vi è uniformità di vedute nemmeno nella dottrina che si è interessata dei profili oggettivi del contratto intercorso con il General Contractor pubblico, chiedendosi se si sia in presenza di un contratto unico o plurimo[3].

La dottrina succitata non manca di sottolineare che, in ogni caso, esistono numerosi elementi normativi che inducono a configurare in capo al contraente generale alcune funzioni analoghe a quelle proprie del concessionario di lavori pubblici[4], in quanto affidatario da parte dell’amministrazione di una pluralità di poteri di carattere pubblicistico consistenti nella progettazione, nel reperimento di fondi, nell’attivazione delle procedure necessarie per realizzare l’opera e, relativamente alla concessione di costruzione e gestione, nella gestione a carattere oneroso di quest’ultima. Depone in tal senso[5] anche l’art. 194, comma 7 del Codice dei contratti pubblici che, nel prevedere che l’affidatario dei lavori da parte del contraente generale possa a sua volta subappaltare i lavori a terzi, induce a ritenere che il General Contractor non sia un puro appaltatore, atteso che il subappalto “a cascata” negli appalti pubblici è, a certe condizioni, vietato[6].

Quest’ultima posizione, che depone nel senso della natura “pubblicistica” del General Contractor pubblico, è accolta anche dalla giurisprudenza[7].

3. – Non esistono, per contro, norme che disciplinano il contraente generale ai fini degli appalti privati, come riconosciuto anche dall’Agenzia delle Entrate[8].

Nondimeno, soprattutto a seguito dell’introduzione dei noti bonus edilizi, questa figura è attualmente molto utilizzata al fine di affidare ad un soggetto dotato di ampie capacità manageriali la complessità degli adempimenti anche burocratici connessi alla gestione di lavori che consentono l’accesso ai bonus, il monitoraggio della normativa di riferimento e il coordinamento dell’ampio novero di soggetti (imprese edili, asseveratori tecnici e fiscali, istituti finanziari) coinvolti negli interventi agevolati.

I principali modelli di “General Contractor” utilizzati nella prassi sono:

  • un General Contractor privo di organizzazione e mezzi tecnici idonei all’esecuzione dei lavori, il quale si limita a mettere a disposizione dei suoi committenti servizi manageriali e di puro coordinamento, spesso forniti per mezzo di una “piattaforma” di servizi, funzionali a coordinare l’attività di più soggetti in vista della realizzazione le opere suscettibili di ricadere nell’agevolazione. Il contratto da questi stipulato con il committente sembra riconducibile ad “un contratto atipico di committenza”, come concluso anche dall’Agenzia delle Entrate in un caso analogo sottoposto al suo vaglio[9], non potendo esso essere qualificato né come “tipico” contraente generale pubblico, né tantomeno come appaltatore in senso proprio;
  • un General Contractor che è un ordinario imprenditore edile, dotato di propri mezzi e organizzazione tecnica specifica, di know how e di esperienza nel settore delle ristrutturazioni e dei lavori edilizi comportanti la ristrutturazione e l’efficientamento energetico e/o antisismico degli immobili. Quest’ultimo è un soggetto giuridico professionale che, forte della propria organizzazione tecnica, dei propri mezzi e della propria esperienza di settore, assume l’obbligo di realizzare l’opera nella sua interezza. Il contratto da questi stipulato con il committente è del tutto similare ad un vero e proprio appalto d’opera ex 1664 e ss. cod. civ.

4. – Tanto premesso, si pone dunque il tema se il citato art. 17, comma 6, lett. a), nella parte in cui menziona il “contraente generale” escludendolo dal regime del reverse charge, trovi applicazione anche nei confronti dei soggetti qualificati quali General Contractor ai fini degli appalti privati.

La risposta a tale quesito parrebbe essere negativa, alla luce degli elementi che si traggono dalla ratio e dalla logica della stessa disposizione.

La seconda alinea dell’art. 17, comma 6, lett. a), a norma della quale il reverse charge non si applica alle prestazioni di servizi diversi da quelli di cui alla lettera a-ter) rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori”, è stata introdotta nel 2008 al dichiarato fine di superare quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella precedente risoluzione n. 155/E/2007, secondo cui il General Contractor pubblico ricadeva nel regime del reverse charge previsto per le attività edili. Nell’opinione di molti e, in particolare, dell’ANCE[10], tale posizione non poteva condividersi perché il General Contractor pubblico non può ricondursi alla figura di un “puro” appaltatore in quanto, come riconosciuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, esso è depositario di funzioni di natura pubblicistica che gli derivano dall’amministrazione appaltante (quali quelli di soggetto espropriante e di direttore dei lavori, con annesso onere del prefinanziamento totale o parziale dell’opera da realizzare).

Questa ratio è stata recepita dalla norma introdotta nel 2008: si legge in particolare nella relazione generale di accompagnamento alla novella che essa trova applicazione nell’ipotesi di affidamento dei lavori ad

un contraente generale – che in base all’art.176, comma 7, del Codice dei contratti pubblici può eseguire i lavori direttamente oppure mediante ulteriore affidamento a soggetti terzi”.

Ma se questa è la logica della norma, la quale presuppone il coinvolgimento di un soggetto depositario di funzioni di natura squisitamente pubblicistica che lo rendono una figura assimilabile ad un concessionario di pubblico servizio più che ad un appaltatore, va da sé che essa non può in alcun modo applicarsi ai General Contractor impiegati negli appalti privati.

Tutto quanto sopra depone nel senso che la disposizione di cui all’art. 17 del d.P.R. n. 633/1972, secondo cui il reverse charge non si applica alle prestazioni di servizi diversi da quelli di cui alla lettera a-ter) rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori”, trova applicazione solo nei confronti dei contraenti generali disciplinati dal Codice dei Contratti pubblici e non anche di quelli coinvolti negli appalti privati.

Da ciò consegue che i profili IVA relativi ai General Contractor privati devono essere individuati solo a seguito della corretta ricostruzione causale dei contratti da essi stipulati:

  • se tali contratti sono riconducibili a “contratti atipici di committenza”, troveranno applicazione delle regole generali in materia di IVA previste per le prestazioni di servizi e, se del caso, per il mandato con o senza rappresentanza;
  • se tali contratti risultano riconducibili alla categoria dell’appalto, condividendone i tratti essenziali, troverà piena applicazione l’art. l’art. 17 del d.P.R. n. 633/1972, comma 6, lett. a), primo periodo, secondo cui il regime di reverse charge si applica “alle prestazioni di servizi diversi da quelli di cui alla lettera a-ter), compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore”.

Vista la delicatezza della tematica e l’assenza di precise indicazioni ministeriali, si auspica un chiarimento sul punto, atteso che a seguito dell’introduzione dei bonus edilizi il General Contractor è ormai una figura assai diffusa nel mondo dell’edilizia privata, accompagnata dalla predisposizione degli schemi contrattuali più variegati che ne vedono il coinvolgimento a vario titolo, ora come mero coordinatore mandatario (con o senza rappresentanza) delle altre figure professionali, ora come appaltatore in edilizia, ora come soggetto ibrido in parte appaltatore e in parte coordinatore.

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[1] Montedoro, La legge obiettivo ed il contraente generale, in Gli appalti di opere, cit., 196, secondo cui elemento decisivo per mantenere sul versante privatistico la figura del contraente generale è quello della origine delle risorse finanziarie nonché quello di svolgere funzioni diverse da quelle di interesse generale; sembra ricondurre la figura al contratto di appalto anche Stumpo, Spunti e riflessioni sulla figura del «general Contractor» di cui alla legge n. 443/01, DeD, 2002, 9, la quale sottolinea le ragioni che hanno portato l’ordinamento italiano a recepire pienamente la direttiva n.93/37/CE, prevedendo l’appalto «da fare eseguire con qualsiasi mezzo».

[2] Protto, La legge obiettivo: arriva il General Contractor e dilaga la «super DIA», UA, 2002, p. 13.

[3] Secondo alcuni (Cintioli, Profili ricostruttivi del general Contractor, in Finanza di progetto, a cura di Morbidelli, Torino,2004, 66), poiché l’unitarietà della causa è essenziale in quanto l’obbligazione del General Contractor è indirizzata ad un unico risultato, appare più idoneo qualificare il negozio stipulato alla stregua di un contratto misto, atipico, in cui l’assetto del rapporto e la disciplina da applicare dipendono dalle scelte concrete degli operatori; secondo altri (Salvatore, La nuova figura del general Contractor, in TAR, 2002, II, p. 7), poiché la complessità dell’operazione economica rivela come l’interesse perseguito dalle parti non possa essere realizzato mediante uno schema negoziale semplice, ma attraverso più negozi legati tra loro da un nesso funzionale, la fattispecie de qua deve essere ricondotta nell’ambito del collegamento negoziale, in cui ciascun negozio, avente una propria causa, è posto in essere dalle parti per il conseguimento di una funzione complessa.

[4] Farina, L’affidamento a contraente generale. Operazione economica. Attività. Procedimento, Napoli, 2007; Cianflone-Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, Milano, 2003; Contieri, Il ricorso al contraente generale. Un metodo alternativo alla cosiddetta «concessione di costruzione», www.diritto.it, p. 1443.

[5] In tal senso, si veda anche ANAC, parere AG6-08 del 20 marzo 2008.

[6] Alle condizioni previste dall’art. 105 del Codice dei Contratti pubblici.

[7] T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., (ud. 06-02-2019) 25-03-2019, n. 3910; T.A.R. Campania, Salerno Sez. II, Sent., (ud. 25-09-2019) 04-12-2019, n. 2150.

[8] La figura del General Contractor – scrive l’Agenzia delle Entrate (risposta ad interpello n. 254 del 15 aprile 2021) – “è stata […] normativamente individuata solo dalla disciplina dei contratti pubblici mentre con riferimento agli interventi edilizi commissionati da soggetti privati, l’attività di “contraente generale” è ordinariamente disciplinata nell’ambito dell’autonomia contrattuale che regola i rapporti privatistici che intercorrono tra il committente/beneficiario delle agevolazioni e le imprese e/o i professionisti. Ai fini del Superbonus, tali soggetti, si pongono, ad esempio quali interlocutori unici per l’espletamento di tutte le attività da effettuare”.

[9] Risoluzione n. 111/E del 28 marzo 2008.

[10] Circolare n. 270 del 2008; News n. 3406 del 12 luglio 2007.

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