27/12/2021

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 9 dicembre 2021 n. 8205, ha stabilito che la Regione che causa in maniera ingiustificata un ritardo al rilascio dell’autorizzazione per la costruzione di un impianto fotovoltaico, rendendolo irrealizzabile per la sopravvenienza di incentivi meno favorevoli, è tenuta al risarcimento del danno.

La decisione del Supremo Consesso, ribaltando la sentenza di primo grado, si pronuncia – accogliendola – su una domanda di risarcimento presentata nei confronti della Regione Puglia da una società che aveva richiesto l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto fotovoltaico.

In particolare, la società lamentava il danno causato dal ritardo dell’Amministrazione, rimasta indebitamente inerte in attesa della comunicazione da parte della società della modificazione del profilo morfologico generale dell’impianto (cosiddetto layout), richiesta in sede di conferenza di servizi. Nelle more del procedimento autorizzativo, infatti, una disciplina sfavorevole aveva reso irrealizzabile il progetto, precludendo l’accesso alle tariffe incentivanti e causando, di conseguenza, un grave squilibrio finanziario che ha addirittura comportato la messa in liquidazione della società.

A fronte di tali fatti, il Collegio, in primo luogo, ha riconosciuto l’illegittimità del ritardo dell’amministrazione poiché le richieste poste in sede di conferenza di servizi non comportavano una modificazione progettuale, bensì soltanto una riduzione della potenza per la mitigazione dell’impatto ambientale dell’impianto. La Regione, quindi, data la natura delle modifiche progettuali, era nelle condizioni di emanare il provvedimento richiesto entro i termini di legge.

In secondo luogo, il Collegio si è pronunciato sul nesso di causalità sussistente tra la condotta della Regione e i danni patiti dalla ricorrente, applicando quanto stabilito dall’Adunanza Plenaria n. 7 del 2021 che, al fine di riconoscere il risarcimento del danno, impone un accertamento concreto della lesione del bene della vita. Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha individuato il danno da ritardo nella sopravvenuta impossibilità di realizzare il progetto e la conseguente messa in liquidazione della società ricorrente.

Invero, la decisione del Supremo Consesso è basata su un rapporto tra causa ed effetto invertito rispetto alla decisione di primo grado, che ha decretato l’accoglimento delle richieste risarcitorie. Infatti, mentre il TAR aveva ritenuto che la mancata realizzazione dell’impianto (e il conseguente lucro cessante) non sarebbe stata causata dal ritardo della Regione, bensì dalla circostanza che la società sarebbe stata messa in liquidazione, il Consiglio di Stato ha rilevato che

tale ricostruzione inverte il rapporto tra causa ed effetto. Ed invero, la società è stata posta in liquidazione solamente quando oramai la realizzazione dell’impianto era divenuta completamente antieconomica, ovverosia quando, a fronte del mutato quadro normativo, era divenuto impossibile l’accesso agli incentivi. Il piano economico finanziario, infatti, era stato predisposto dall’interessata considerando ragionevolmente il termine massimo di 180 giorni risultante dall’art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 per la conclusione del procedimento e la conseguente possibilità di ottenere gli incentivi previsti dalla normativa vigente ratione temporis, sicché lo squilibrio finanziario è stato cagionato, in via diretta e immediata, dal considerevole ritardo nel rilascio dell’autorizzazione unica. Pertanto il danno da mancata percezione degli incentivi deve essere comunque liquidato, così come sancito dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la già citata sentenza n. 7/2021.

Per quanto riguarda, invece, la quantificazione del danno, il Collegio ha richiamato l’art. 31, comma 3, secondo periodo, del codice del processo amministrativo secondo cui

«nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti».

Pertanto, atteso che la predetta norma utilizza la congiunzione coordinante «anche», il Consiglio di Stato ha ritenuto che tali strumenti non possano essere limitati soltanto a quelli giurisdizionali, ma includono necessariamente anche i rimedi stragiudiziali (cfr. Adunanza Plenaria n. 3 del 23 marzo 2011). Nel caso di specie, Il Supremo Consesso, a differenza del TAR, ha valutato positivamente gli strumenti stragiudiziali attivati dalla società. Essa, infatti, aveva inviato alla Regione numerosi solleciti, con i quali aveva diffidato l’Amministrazione a concludere quanto prima il procedimento, rappresentando gli ingenti e crescenti danni cagionati dal ritardo, poi sfociati nell’irrimediabile e concreta irrealizzabilità del progetto a causa dello ius superveniens in tema d’incentivi agli impianti fotovoltaici.

In sostanza, la sentenza in commento riconosce la pienezza ed effettività della tutela risarcitoria nei casi di inerzia e ritardo ingiustificato dell’Amministrazione, nei termini stabiliti dalle citate pronunce dell’Adunanza Plenaria, anche nei procedimenti in materia di autorizzazione per la realizzazione di impianti fotovoltaici.

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