La Corte di Giustizia si pronuncia sulla gestione dei costi di smaltimento dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici
Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 25 gennaio 2022, causa C-181/2020
La Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 25 gennaio 2022, pronunciata nella causa C-181/2020, si è espressa in merito alla legittimità della normativa europea in tema di titolarità degli oneri di finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici.
Invero, la gestione, e i relativi costi, dei rifiuti generati dai pannelli fotovoltaici è un argomento che è stato oggetto di molteplici interventi del legislatore europeo che, negli anni, ha emanato varie direttive volte a individuare il soggetto titolare dell’onere di finanziamento.
Ad ogni modo, l’obiettivo principale della normativa europea è sempre stato quello di escludere i nuclei domestici, ossia i veri e propri utenti finali, dall’onere di gestione di tali costi, al fine di incentivare l’utilizzo dei pannelli solari anche in contesti di piccole dimensioni.
Ciò si evince sia dalla Direttiva 2002/96/CE che, in virtù del principio di chi inquina paga, lasciava agli Stati Membri la possibilità di decidere se i costi dovessero essere sostenuti dal produttore dei pannelli o dal distributore, sia dalla successiva Direttiva 2003/108/CE che, più generalmente, prevedeva che l’onere di gestione dei costi potesse essere attribuito a qualsiasi utente diverso dai nuclei domestici.
Coerentemente, la Direttiva 2012/19/UE, attualmente in vigore e oggetto della pronuncia della Corte di Giustizia, prevede all’articolo 13, paragrafo 1, che
“1. Gli Stati membri provvedono affinché il finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento ecocompatibile dei RAEE provenienti da utilizzatori diversi dai nuclei domestici e originati da prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005 sia sostenuto dai produttori.”.
Tale norma sembra porre a carico dei produttori l’onere di sostenere i costi di gestione dei rifiuti provenienti da pannelli solari immessi nel mercato prima dell’emanazione della Direttiva. Di conseguenza, l’introduzione di un simile aggravio in via retroattiva ha fatto sorgere dubbi interpretativi soprattutto rispetto alla possibilità, per i vari legislatori nazionali, di imporre il finanziamento di tali costi a soggetti diversi dai produttori, almeno per i pannelli immessi nel mercato prima dell’entrata in vigore della Direttiva. Infatti, i produttori, prima del 2012, avevano maturato un legittimo affidamento riguardo alla circostanza per cui non avrebbero dovuto sostenere obbligatoriamente i costi di gestione. La Direttiva del 2012, quindi, introducendo una disposizione applicabile a un periodo precedente alla sua entrata in vigore, interviene su posizioni già consolidate.
Alla luce di tali effetti, evidentemente irragionevoli, la Corte di Giustizia ha statuito che
“L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) è invalido nella parte in cui tale disposizione impone ai produttori il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato tra il 13 agosto 2005 e il 13 agosto 2012.”
In definitiva, il Supremo Consesso europeo, dichiarando l’invalidità della normativa europea, ha valorizzato i principi di certezza del diritto, irretroattività degli atti giuridici nell’introduzione di oneri e tutela del legittimo affidamento, che informano il diritto di matrice europea. Se è necessario, quindi, che i costi di gestione non siano sostenuti dai nuclei domestici, non può però essere legittima la previsione di un aggravio retroattivo in capo ai soli produttori.