1. – L’imposta straordinaria sui sovraprofitti del settore energetico, introdotta in Italia dall’art. 37 del d.l. n. 21/2022, non è un unicum nel panorama europeo. La crisi russo-ucraina ha avuto impatti devastanti sugli approvvigionamenti di risorse energetiche in tutto il vecchio continente, determinando un correlativo incremento dei prezzi dell’energia che ha spinto molti governi ad adoperarsi per acquisire le risorse destinate al sostegno delle famiglie e delle imprese colpite dalla crisi energetica.
Al pari dell’Italia, anche altri Stati mirano a finanziare tali interventi di sostegno con un’imposta sui profitti delle imprese energetiche, ispirati da un condivisibile principio di solidarietà circolare: chi ha guadagnato dalla crisi deve supportare chi ne sta pagando le conseguenze.
2. – Alcuni Paesi hanno già introdotto misure di tal fatta.
L’Italia ha adottato il noto contributo straordinario contro il caro bollette, introdotto con l’art. 37 del d.l. n. 21/2022, già ampiamente commentato in altro contributo su questo sito.
Il Regno Unito il 26 maggio 2022 ha annunciato una nuova imposta sui profitti delle attività di estrazione di petrolio e gas naturale, poi approvata a luglio con effetto retroattivo. Il prelievo è costituito da un’addizionale alle imposte sui redditi del 25% che grava, in linea di massima, sugli stessi redditi che sono già soggetti all’imposta britannica sulle società e al regime di imposizione supplementare del settore petrolifero e del gas. Tuttavia, la normativa di attuazione introduce anche una “indennità di investimento” che, insieme ad altri sgravi già previsti, consente ai contribuenti di ottenere uno “sconto” sull’imposta fino a 91,25 pence per sterlina laddove quegli stessi profitti siano reinvestiti nel settore petrolifero e del gas nel Regno Unito. Il neo-primo ministro, Liz Truss, ha annunciato che non intende introdurre altre imposte di tal fatta. Il gettito atteso è di circa 6 miliardi di sterline in un anno.
Anche in Romania, i produttori di energia elettrica devono dichiarare e versare al bilancio dello Stato una tributo straordinario dell’80 per cento su eventuali extraprofitti percepiti nel periodo dal 1 novembre 2021 al 31 marzo 2022. In particolare, la legge n. 259/2021 prevede che tale imposta sia applicata sui ricavi straordinari, calcolati in base alla differenza tra il prezzo medio mensile di vendita dell’energia elettrica e un prezzo “standard” previsto per legge (450 RON/MWh).
3. – In altri Paesi, analoghe misure sono allo studio del legislatore.
In Spagna, nel mese di luglio il governo ha presentato un disegno di legge nel quale propone una nuova imposta sulle società operanti nei settori del gas, del petrolio e dell’elettricità, con esclusione delle società che non raggiungono determinate soglie di fatturato (la soglia è fissata ad 1 miliardo di euro nel 2019) o che abbiano ricavi energetici non prevalenti. L’imposta sarebbe temporanea (è infatti prevista solo per il 2023 e il 2024) e pari all’1,2 per cento del fatturato totale delle società, con divieto di rivalsa economica sui consumatori. Il gettito stimato è pari a 4 miliardi di euro in due anni.
Anche il Belgio ha annunciato un nuovo contributo sui profitti straordinari del settore energetico. La struttura di tale contributo è stata ampiamente discussa durante l’estate e il ministro dell’energia belga ha anche proposto di introdurre un’imposta una tantum ispirata al modello italiano. Tali proposte non sono confluite in legge, ma il governo ha deciso rimaneggiare il modello utilizzato per la c.d. “tassa nucleare”, o “contributo di ripartizione” (repartitiebijdrage/contribution de répartition), un tributo del 38% sul margine di profitto derivante dallo sfruttamento delle centrali nucleari che, secondo le stime, potrebbe generare in questi anni un extra-gettito proprio a causa dell’aumento dei prezzi energetici. Sono comunque allo studio numerose proposte alternative, anche nella forma di tributo permanente e non straordinario.
In Germania, le discussioni politiche sull’introduzione di un’imposta sui profitti straordinari sono ancora in corso. Non essendo stato raggiunto un accordo politico sull’introduzione di tale tributo, il governo federale ha attualmente allo studio un meccanismo di ridistribuzione degli utili straordinari che non transiti per il bilancio federale ma che sia rimesso direttamente al settore privato, e cioè alle società energetiche.
In Austria è allo studio una proposta che, pur partendo dal modello italiano, propone di quantificare gli utili straordinari confrontando l’EBITDA dell’anno in corso con un EBITDA “di riferimento”. A seconda dell’importo dell’utile straordinario risultante da tale confronto, dovrebbe essere applicata un’aliquota diversa (del 60% o del 90%).
Il panorama appena descritto è destinato a mutare non appena l’Unione Europea adotterà ufficialmente una propria linea, già annunciata e tuttora all’esame del Consiglio, che prevede un tributo straordinario sugli extraprofitti energetici avente fonte direttamente nel diritto unionale.
4. – Le misure allo studio nei vari Paesi sono numerose e profondamente diverse tra loro. V’è chi intende tassare i “profitti” lordi, chi invece cerca di intercettare i “margini” delle imprese, chi ancora mira a tassare sui redditi con una più gravosa aliquota e chi, come l’Italia, finisce con l’assoggettare ad imposizione un “incremento tra saldi IVA”, che è un anomalo presupposto quali-quantitativo del tutto variabile e quasi impossibile (finanche) a descriversi. V’è tuttavia da chiedersi quale di queste imposte sia idonea a rintracciare e colpire proprio e solo gli “extraprofitti” delle imprese derivanti dall’aumento dei prezzi energetici.
Probabilmente non esiste un unico modello teorico di individuazione e tassazione dei sovraprofitti energetici. È tuttavia certo che una vera imposta sui sovraprofitti deve avere una reale capacità selettiva rispetto ad un fenomeno economico marginale, specifico, qual è – per l’appunto – la componente di “profitto” straordinario generato dalla dinamica del prezzo dei prodotti energetici. Quando ciò non accade, questi tipi di imposte innovative possono essere difettose nella loro struttura, affrontare sfide costituzionali, violare potenzialmente le norme sugli aiuti di Stato: essere, in buona sostanza, imposte “ingiuste”, seppur ispirate da giuste, giustissime intenzioni.