Con sentenza del 1° settembre 2022, n. 1367, il TAR Puglia ha rigettato il ricorso di una Società operante nel settore delle energie rinnovabili proposto avverso il diniego al rilascio del provvedimento autorizzativo unico regionale (PAUR) per la realizzazione di un impianto agrivoltaico.
In particolare, la Società ricorrente impugnava il provvedimento di diniego della Provincia di Brindisi che aveva ritenuto non soddisfacente la compatibilità ambientale del progetto promosso in merito agli aspetti di tutela del paesaggio e di utilizzo delle aree agricole.
Di talché, la Società ne chiedeva l’annullamento, inter alia, per difetto di istruttoria e violazione della normativa in materia di energie rinnovabili che, a parere della ricorrente, prevedeva un favor per gli impianti agrivoltaici.
Invero, quanto sostenuto dalla Società trovava conforto anche nella giurisprudenza dello stesso TAR Puglia che riteneva l’agrivoltaico, alla luce delle sue innovative caratteristiche, maggiormente rispettoso dei requisiti di sostenibilità ambientale e sociale e, pertanto, svincolato dagli stringenti controlli imposti dalla normativa agli impianti fotovoltaici ‘classici’. Gli impianti agrivoltaici, infatti, si differenziano dai classici impianti fotovoltaici a terra poiché, grazie alla loro struttura, consentono il pascolo e la coltivazione dei terreni su cui insistono le installazioni, garantendo contemporaneamente l’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili e lo sfruttamento agricolo del territorio.
Nel giudizio in esame, tuttavia, il TAR adito ha ridimensionato il proprio precedente orientamento evidenziando che, al netto di ogni peculiarità degli impianti agrivoltaici e della loro sostanziale diversità rispetto agli impianti tradizionali, anche i progetti agrivoltaici devono essere sottoposti ad un approfondito controllo da parte dell’amministrazione ai fini della loro autorizzabilità.
E invero, a parere dei giudici, le caratteristiche di tali impianti non li esonerano da un accertamento della loro compatibilità rispetto:
(i) alle colture identitarie del luogo;
(ii) alle componenti paesaggistiche e/o culturali;
(iii) alle altre fonti di energie alternative già presenti sul territorio;
(iv) all’opportunità di sfruttamento di ulteriore suolo agricolo.
Sul punto il TAR, modificando le proprie precedenti statuizioni, ha affermato che
“[…] l’impianto agri-voltaico (o agro-voltaico) rappresenta una sub specie del genus fotovoltaico in ambito agricolo, caratterizzato da soluzioni tecniche innovative per non compromettere la continuità dell’attività agricola. […] Non vi sono pertanto, a giudizio (meditato) del Collegio, elementi normativi o regolamentari per ritenere che gli impianti agri-voltaici (o agro-voltaici), sia pur con il suddetto favor legislativo, non debbano rispettare i valori paesaggistici, ambientali e rurali tutelati da norme costituzionali, statali e regionali, anche in base al noto principio in base al quale la legge tam dixit quam voluit.
In applicazione del metodo apagogico, ove si accedesse alla tesi diversa, ossia alla esclusione dell’agri-voltaico dal campo della tutela paesaggistica e del P.P.T.R. solo perché di tecnologia più avanzata e successiva all’approvazione del suddetto strumento pianificatorio, oltre ad ammettere una grave lacuna nell’ordinamento giuridico, dovrebbe ritenersi che ogni evoluzione tecnologica del fotovoltaico richieda un differente trattamento giuridico o addirittura l’assenza (in ogni ipotesi) di alcuna limitazione paesaggistica o ambientale.
La circostanza che l’installazione di impianti F.E.R. di tipo agri-voltaico rispettino maggiormente i requisiti di sostenibilità ambientale e sociale non può, a giudizio del Collegio, rappresentare una certezza assoluta dovendo tali requisiti essere coniugati con le caratteristiche concrete degli impianti e con gli impatti territoriali, paesaggistici, ambientali e rurali da rispettare (elementi presi compiutamente in esame nei provvedimenti oggetto del presente ricorso); peraltro, affinchè l’impianto agri-voltaico possa effettivamente svolgere la funzione incentivante che il legislatore gli assegna deve consentire una implementazione dell’attività agricola già esistente e non già comportare un ulteriore consumo di suolo fertile identitario, o comunque un decremento o depauperamento della superficie agraria destinata a colture identitarie (come nel caso in esame).”
La sentenza in esame, oltre a rappresentare il nuovo punto di partenza dell’analisi della normativa in tema di agrivoltaico, evidenzia anche il cambio di ruolo della giurisprudenza amministrativa in materia; infatti, se in un primo momento, in presenza di un forte vuoto normativo, i giudici hanno contribuito all’adattamento della disciplina generale sul fotovoltaico alle peculiarità dell’agrivoltaico, oggi, dopo gli interventi del legislatore nazionale e regionale, la giurisprudenza ha acquisito un ruolo di interpretazione delle nuove e certe coordinate ermeneutiche che investono la materia.
E invero, l’individuazione nei piani regionali delle aree idonee all’installazione dell’agrivoltaico, le Linee guida in materia di impianti agrivoltaici e le altre misure – anche di soft law – messe in campo dal legislatore forniscono agli operatori, alle amministrazioni e ai giudici gli strumenti per ponderare i contrapposti interessi in gioco alla luce delle innovazioni di settore.
L’overrulling giurisprudenziale, pertanto, non solo era prevedibile ma anche necessario ai fini di un corretto sviluppo della disciplina in materia.