14/11/2022

Con sentenza del 18 ottobre 2022, n. 2732, il TAR Sicilia, Catania, ha annullato i tre pareri negativi alla costruzione e all’esercizio di un parco fotovoltaico di potenza pari a 384 MWp, resi, rispettivamente, dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali, dall’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente e dalla Commissione Tecnica Specialistica.

La sentenza in commento è stata emanata nell’ambito di una controversia sorta a seguito dell’impugnazione dei predetti atti da parte della Società che aveva richiesto il rilascio del Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (PAUR) per la realizzazione di un parco fotovoltaico denominato “Centuripe”.

I tre provvedimenti impugnati erano strettamente collegati tra loro, non solo perché emanati all’interno dello stesso procedimento autorizzatorio, ma anche perché l’Assessorato e la Commissione fondavano la propria determinazione sfavorevole esclusivamente sulla base del parere negativo reso dalla Soprintendenza. Quest’ultima, in particolare, riteneva di non poter esprimersi favorevolmente, e neanche con riserva, poiché l’area cui si riferiva il progetto era di particolare interesse archeologico.

La ritenuta vincolatività del giudizio della Soprintendenza, asseritamente reso ai sensi dell’art. 26, comma 2, del D.Lgs. 42/2004, determinava, inoltre, il mancato avvio della conferenza di servizi decisoria necessaria ai fini dell’emanazione del PAUR e il definitivo arresto del procedimento attivato dalla Società ricorrente.

Tuttavia, per meglio comprendere le motivazioni che hanno condotto alla dichiarazione di illegittimità dei pareri negativi impugnati, è necessario chiarire il quado normativo e procedimentale che governa la fattispecie oggetto del giudizio in esame.

Il rilascio del PAUR è disciplinato all’art. 27-bis del D.Lgs. 152/2006, ove sono previste le tre fasi del procedimento autorizzatorio de quo:

1) la fase pre-istruttoria dedicata al controllo della completezza della documentazione;

2) la fase di consultazione pubblica;

3) la fase della Conferenza dei Servizi, simultanea e sincrona, “alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all’esercizio del progetto richiesti dal proponente”, destinata a concludersi nel termine perentorio indicato.

Come detto, nel caso in esame, il procedimento di emanazione del PAUR si arrestava a causa del ritenuto carattere vincolante del parere della Soprintendenza, dichiaratamente espresso ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. 42/2004, secondo cui “Per i progetti da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, il Ministero si esprime ai sensi della disciplina di cui agli articoli da 23 a 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Qualora prima dell’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale risulti che il progetto non è in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali esso è destinato ad incidere, il Ministero si pronuncia negativamente e, in tal caso, il procedimento di valutazione di impatto ambientale si conclude negativamente”.

Sennonché, i giudici del TAR hanno escluso la riconducibilità del prefato parere all’articolo citato, che è, infatti, misura di protezione dei beni culturali vincolati ai sensi della Parte I del Codice dell’Ambiente e non delle aree tutelate solo ai fini paesaggistici.

Allo stesso tempo, secondo i giudici di prime cure, l’art. 26 citato non sarebbe comunque stato idoneo a bloccare l’intero procedimento, impedendo lo svolgimento della conferenza di servizi. Infatti, come già chiarito dal Consiglio di Stato in precedenti pronunce:

Se ci si attestasse solo all’art. 26, come auspica la difesa regionale, ne deriverebbe che al MIBAC spetta un potere decisorio di “blocco” in materia di VIA nei casi in cui il progetto incida sui beni culturali e paesaggistici in modo incompatibile con la loro tutela, a prescindere dall’indizione della conferenza dei servizi decisoria che, a giudizio del Collegio, resta pur sempre al centro della complessa procedura di valutazione di impatto ambientale.

Il potere del MIBAC di determinare la conclusione, in senso negativo, della VIA (art. 26 comma 2 D.Lgs n. 42/2004), che si traduce praticamente in un potere di arresto della realizzazione dell’opera progettata, è invero bilanciato da due disposizioni in materia di procedimento amministrativo che sono di applicazione generalizzata a tutti i settori di attività in cui è previsto il potere di intervento di più amministrazioni pubbliche.

La prima è la conferenza dei servizi, perché l’art. 27 bis comma 7 del D.Lg. n. 152/2006, richiamato dallo stesso art. 26, prevede per le procedure di VIA di competenza regionale il ricorso obbligatorio alla conferenza decisoria (art. 14 ter L.n. 241/90), convocata in modalità “sincrona”, a cui si applicano tutte le disposizioni in materia di determinazioni conclusive della conferenza stessa (artt. 14 quater e 14 quinquies).

Nel caso di pronuncia negativa degli organi del MIBAC, tali procedure non si arrestano necessariamente, potendosi concludere con una decisione positiva, assunta in base all’orientamento prevalente ed opponibile dal Ministero davanti al Presidente del Consiglio dei Ministri.

In definitiva e per quel che qui interessa, ai sensi dell’art. 27-bis D.Lgs. n. 152/2006, la sola sede in cui la Soprintendenza poteva manifestare la valutazione di sua competenza era quella della conferenza di servizi secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento di semplificazione procedimentale previsto dalla legge, conseguendone pertanto l’illegittimità del parere espresso dalla stessa nell’ambito di una fase “preistruttoria” ossia prima e al di fuori di detta sede.

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