Con ordinanza n. 1158/2022 del 7 dicembre 2022, la Corte di Giustizia Tributaria di I° grado di Genova ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, D.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nella formulazione che tale norma presentava nel corso dei periodi d’imposta 2014-2018 (i.e., indeducibilità parziale dalla base imponibile IRES – nella misura dell’80 per cento – dell’IMU versata sui beni immobili strumentali dell’impresa).
Come è noto, attraverso la sentenza n. 262/2020, la Corte Costituzionale ha già avuto modo di sancire l’illegittimità della previgente formulazione del citato art. 14, laddove detta norma stabiliva – fino al periodo d’imposta 2013 – l’indeducibilità integrale dell’IMU assolta sui beni d’impresa dalla base imponibile IRES. In tale occasione, tuttavia, la Consulta non ha ritenuto di poter estendere d’ufficio detta declaratoria di incostituzionalità anche alle ulteriori versioni della norma in esame, la quale – nell’arco dei successivi periodi d’imposta – ha previsto una indeducibilità non più integrale bensì parziale dell’IMU, in misura progressivamente decrescente (i.e., 80 per cento fino all’anno 2018, 50 per cento nell’anno 2019, 40 per cento nelle annualità 2020 e 2021; dal periodo d’imposta 2022 la deducibilità dell’IMU dalla base imponibile IRES è riconosciuta in misura integrale). La mancata estensione d’ufficio della declaratoria di illegittimità di cui alla sentenza n. 262/2020 ha pertanto indotto gli uffici dell’Amministrazione finanziaria ad attribuire alla Corte Costituzionale l’intenzione di voler far salve le successive versioni dell’art. 14, comma 1, D.lgs. 14 marzo 2011, n. 23; ciò anche in ragione di un inciso riportato nella pronuncia resa dalla Consulta, ove quest’ultima ha ricordato il percorso normativo con cui il Legislatore si è “gradualmente corretto […]fino a giungere alla virtuosa previsione, certamente non più procrastinabile, della totale deducibilità a partire dal 2022”.
Tale incertezza in ordine all’effettiva portata della declaratoria di incostituzionalità di cui alla citata sentenza n. 262/2020 ha alimentato un considerevole contenzioso, promosso dalle imprese al fine di ottenere il rimborso dell’IRES versata in eccesso per effetto dell’indeducibilità parziale dell’IMU nel corso delle annualità 2014-2021. Ad avviso dei contribuenti, proprio l’applicazione dei principi sanciti dalla Consulta con riferimento alla previsione di indeducibilità integrale dell’IMU dovrebbe condurre, mutatis mutandis, ad analoghe conclusioni anche relativamente alle successive versioni del citato art. 14 e, quindi, all’ipotesi della deducibilità solo parziale. Individuato nel possesso di un “reddito complessivo netto” il presupposto impositivo dell’IRES, il Legislatore non potrebbe difatti più disconoscere – neppure nell’esercizio di quella discrezionalità che l’ordinamento comunque gli riconosce – la deduzione, integrale o parziale, di un costo fiscale inerente (come risulta essere l’IMU); e questo perché, se fosse diversamente, si finirebbe per “[…]rompere un vincolo di coerenza” (così la Consulta) su cui si fonda la stessa struttura dell’IRES.
Ora, attraverso l’ordinanza in commento, la CGT di Genova ha ravvisato la fondatezza della questione di legittimità sollevata dal contribuente ricorrente relativamente alla versione dell’art. 14 vigente negli anni 2014-2018 (i.e., indeducibilità pari all’80 per cento); a questo proposito, la CGT ha evidenziato innanzitutto la possibile contrarietà di detta disposizione rispetto al principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., nella parte in cui – per tale via – non viene ad essere inciso un “presupposto economico effettivo”, sebbene ai fini del prelievo IRES i “costi e gli oneri sostenuti, ove presentino i requisiti di inerenza, certezza e di oggettiva determinabilità, devono necessariamente poter essere dedotti dalle entrate lorde”.
La CGT ha poi colto altresì la potenziale irragionevolezza della previsione di indeducibilità parziale della norma in esame, dal momento che – secondo quanto rilevato dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 262/2020 – forme di deducibilità parziale o forfetaria dei costi d’impresa (inclusi quelli fiscali) possano trovare una giustificazione unicamente laddove dirette a scongiurare “indebite deduzioni di spese di dubbia inerenza”, “ingenti costi di accertamento” ovvero “fenomeni di evasione o elusione”; ipotesi, queste, che tuttavia non appaiono integrate nel caso dell’IMU, trattandosi di un tributo (un costo) relativo a “beni al sole, difficilmente sfruttabili per manovre evasive, elusive o erosive” (così sempre nella sentenza n. 262/2020).
In conclusione, si osserva come l’ordinanza della CGT di Genova appaia decisamente ben motivata: in primis, per quanto concerne la rilevanza della questione di legittimità rispetto alla concreta vicenda ivi sub judice, atteso che la CGT ha espressamente chiarito di aver preliminarmente verificato la natura strumentale degli immobili per cui la società ricorrente aveva corrisposto l’IMU rimasta indeducibile, evitando così di incorrere nel vizio di inammissibilità che ha condotto la Consulta a rigettare la precedente ordinanza di rimessione n. 165/2021 con cui la CTP di Parma aveva già provato a sollevare la questione di illegittimità delle successive formulazioni dell’art. 14 (cfr. la sentenza Cost. n. 156/2022); in secundis, con riferimento ai cennati profili di incostituzionalità dell’art. 14, superando così la posizione di coloro che, invece, avevano voluto leggere nella predetta sentenza n. 262/2020 un’implicita “salvezza” delle versioni della norma in esame che prevedevano la deducibilità parziale dell’IMU.
Lo sforzo in cui si è profusa la Corte di Giustizia Tributaria di I° grado di Genova, in sede di redazione dell’ordinanza di rimessione in commento, risulta quindi indubbiamente apprezzabile, considerata anche la rilevanza della tematica ivi affrontata; si spera, a questo punto, che la Consulta possa finalmente valutare nel merito la questione di legittimità costituzionale della previsione di indeducibilità parziale dell’IMU assolta con riferimento ai beni strumentali dell’impresa, giungendo – nel solco di quanto già stabilito attraverso la sentenza n. 262/2020 – ad una conclusione coerente alle regole fondanti l’imposizione IRES e, più in generale, rispettosa del principio generale di capacità contributiva.