Panoramica sul recepimento da parte degli Stati Membri del regolamento n. 1854/22 e profili critici (prima parte)
Regolamento n. 1854 del 6 ottobre 2022
Il Consiglio dell’Unione europea, in data 6 ottobre 2022, ha promulgato il Regolamento n. 1854, recante misure volte a mitigare i negativi effetti che la crisi energetica ha prodotto sul territorio europeo.
Come sottolineato dal legislatore europeo[1], i motivi della crisi possono essere rinvenuti da un lato nell’escalation della guerra in Ucraina[2], dall’altro nelle temperature eccessivamente elevate che si sono registrate durante l’estate del 2022, capaci di generare una crescita della domanda di energia elettrica per il raffrescamento, così comportando, a sua volta, una pressione sulla produzione dell’energia elettrica e una riduzione della produzione di energia generata dalle tecnologie alternative quali, ad esempio, le centrali nucleari e l’energia idroelettrica[3].
La crisi, in tal modo generata, ha avuto forti ripercussioni sui prezzi al dettaglio dell’energia.
Il Consiglio dell’Unione europea ha ritenuto necessario un intervento coordinato a livello sovranazionale, poiché, le singole misure nazionali sarebbero state in grado di generare ingenti ripercussioni sul funzionamento del mercato interno dell’energia[4].
Una delle peculiarità dell’atto è da rinvenirsi nella natura stessa che esso riveste; se infatti è ben nota la possibilità di emanare direttive “self executing”, meno lo è invece la possibilità per l’Unione europea di emanare un Regolamento avente, in parte, la funzione di una Direttiva.
Infatti, il Regolamento n.1854/2022 prevedendo all’art. 14 che
“Gli utili eccedenti generati da imprese e stabili organizzazioni dell’Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione sono soggetti a un contributo di solidarietà obbligatorio, a meno che gli Stati membri non abbiano adottato misure nazionali equivalenti”
lascia aperta la possibilità per gli Stati membri di seguire una via alternativa rispetto al contributo di solidarietà che invece viene disciplinato negli artt. successivi. In sostanza gli Stati membri hanno una duplice possibilità: da un lato istituire il tributo così come strutturato dalle disposizioni degli artt. 14 e ss., dall’altra creare un proprio tributo seguendo, tuttavia, le “linee guida” sancite nel Regolamento europeo.
Infatti, a seguito di tale previsione, diversi sono stati gli atteggiamenti dei Paesi membri nel territorio europeo.
La Francia, ad esempio, ha optato per la seconda via in precedenza richiamata, istituendo, con la Loi de finances n.2022-1726, un proprio tributo.
Invero, non risultano dalla lettura del provvedimento grandi differenze rispetto al Regolamento Ue; i soggetti passivi dell’imposta, infatti, sono i medesimi di cui all’articolo 2 paragrafo 17[5] risultando pertanto le persone giuridiche e le stabili organizzazioni che generano almeno il 75 % del loro fatturato da attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione.
Cambia nella modalità, ma non nel risultato, il calcolo della base imponibile, dal momento in cui nel terzo comma dell’art. 40 della legge di bilancio francese viene prevista una determinazione sulla differenza, se positiva, del risultato imponibile del 2022 ed il 120% della media del risultato imponibile degli anni 2018- 2021; il Regolamento, infatti, prevede il medesimo risultato di calcolo nel momento in cui sancisce che sia calcolato sugli utili imponibili che “eccedono un aumento del 20 % degli utili imponibili medi, determinati secondo la normativa tributaria nazionale, nei quattro esercizi fiscali che iniziano il 1o gennaio 2018”.
L’aliquota prescelta dallo Stato francese rimane invariata rispetto alle prescrizioni dell’Unione europea consistendo, pertanto, in un 33% della base di calcolo supra descritta.
Anche in Grecia la situazione si discosta, a ben vedere, dal Regolamento Ue.
Qui infatti, come avvenne nel nostro Paese, è stata emanata una legge antecedente all’emanazione del Regolamento stesso, precisamente nel Maggio del 2022.
Tale disposizione prevedeva l’instaurazione di un’imposta calcolata tra il profitto generato in un determinato mese e quello generato nello stesso mese del 2022, con aliquota al 90%.
Il Portogallo, dal canto suo, ha recepito con la Lei. N. 24-B/2022 le prescrizioni indicate dal legislatore europeo. Nella lettura del menzionato provvedimento, è facilmente percepibile la mancanza di emendamenti rispetto al Regolamento in merito all’incidenza oggettiva (art. 3 della legge portoghese), la quale viene determinata, infatti, sulle eccedenze di utili riportate nei periodi d’imposta 2022 e 2023 rispetto alla media degli utili imponibili dei quattro periodi d’imposta antecedenti.
Una forte distinzione, invece, riguarda l’individuazione dei soggetti passivi. Se è infatti vero che le attività che essi debbano svolgere siano le stesse di cui all’articolo 2 paragrafo 17 del Regolamento, nella legislazione portoghese è previsto che la percentuale di fatturato per rientrare tra tali soggetti non sia del 75% bensì del 37,5%.
Infine, l’aliquota ivi prevista rimane sempre del 33%.
Dopo una breve panoramica sul recepimento del Contributo di solidarietà da parte di alcuni Stati membri, sembra opportuno analizzare quanto prescritto dal nostro legislatore.
L’Italia è tra i Paesi che ha preferito optare per una propria definizione del tributo, prendendo dunque le distanze, per quanto possibile, dal Contributo europeo.
Nella legge di Bilancio, L.197/2022, viene prevista la sua disciplina nei commi 115-119. Le differenze, in questo caso, sono molteplici e di notevole rilevanza: l’aliquota, la determinazione della base imponibile ed infine anche in merito all’individuazione dei soggetti passivi.
In questa sede, tuttavia, ciò che si vuole porre in evidenza è un determinato profilo critico che potrebbe essere oggetto di future contestazioni da parte dell’Unione europea nei confronti del nostro Stato.
Come visto precedentemente, il Regolamento dell’Ue ha l’intento di far istituire agli Stati membri un tributo per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia; quest’ultimo è rivolto nei confronti di soggetti che, astrattamente, potrebbero lucrare sulla situazione andando a sfruttare prezzi di mercato elevati senza però aver sostenuto costi elevati, con conseguenze negative che si manifestano soprattutto nei consumatori più fragili.
Come emerge dalle considerazioni brevemente riepilogate, il legislatore europeo è giunto alla conclusione di voler far istituire agli Stati membri, come ben evidenziato dall’articolato stesso, un vero e proprio tributo di (molteplice) scopo. Ciò emerge chiaramente dall’articolo 17[6] che a tal proposito è rubricato “utilizzo dei proventi del contributo di solidarietà temporaneo”.
Il quesito che ci si pone, esaminando la L. 197/22, è se siano previsti vincoli di destinazione per le somme derivanti dall’applicazione del Contributo.
Infatti, come affermato dallo stesso Regolamento europeo, per misura “equivalente” deve intendersi “una misura legislativa, regolamentare o amministrativa adottata e pubblicata da uno Stato membro entro il 31 dicembre 2022 che contribuisce all’accessibilità economica dell’energia”[7]. Ma soprattutto, specifica il Considerando n. 63 che è tale una misura:
– avente obiettivi simili a quelli del contributo europeo e, cioè, supportare i consumatori nell’accesso all’energia in un contesto di aumento dei prezzi;
– gravante sulle medesime attività oggetto del contributo europeo;
– destinata a finanziare i medesimi obiettivi previsti dal contributo europeo.
È facilmente agevole comprendere come, se dovesse mancare l’indicazione della finalità a cui sono destinate tali somme, sarebbe impossibile considerare tale misura come equivalente al Contributo europeo.
Invero, la questione diventa di maggior interesse; il tema infatti deve essere analizzato alla luce del principio, di rango costituzionale, di unità di bilancio vigente nel nostro ordinamento.
Nel nostro Paese infatti non è possibile rinvenire uno specifico collegamento tra la somma oggetto del prelievo e la determinata spesa pubblica, tuttavia è noto come, sempre più spesso, il nostro legislatore proceda all’instaurazione di simili tributi, che siano esse tasse o imposte, soprattutto in momenti nei quali si verificano circostanze straordinarie (quali alluvioni, terremoti ecc.)[8].
In questa occasione, la legge di bilancio 2023, non prevede, però, nessuna destinazione all’interno delle summenzionate disposizioni; una menzione in tal senso potrebbe essere rinvenuta nel Dossier Senato del 26 gennaio 2023, nel quale viene previsto il fine per il quale è volto, ovverosia “contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori”.
Nonostante ciò, si può notare come la nostra legislazione sembrerebbe porsi in contrasto con l’articolo 17 del Regolamento europeo dal momento in cui esso, pur prevedendo la possibilità per gli Stati membri di creare il proprio contributo di solidarietà, non permette a questi ultimi di derogare alle finalità per cui essi vengono instaurati[9], ne deriva un possibile conflitto tra normativa europea e normativa di recepimento.
A parere di chi scrive, una soluzione interpretativa plausibile, in grado di superare le varie questioni supra menzionate, potrebbe consistere nel rinvenire nella Relazione illustrativa alla legge di bilancio 2023 un collegamento con le finalità previste in sede unionale; infatti, la Relazione prevedendo che “il contributo di solidarietà temporaneo introdotto dall’articolato costituisce, per l’anno 2023, una misura nazionale equivalente al contributo europeo (…)” potrebbe consentire di interpretare il concetto di equivalenza, ivi descritto, in virtù del Considerando n.63 del Regolamento.
Potrebbe, pertanto, prospettarsi il superamento della questione di compatibilità sostenendo che, seppur il legislatore italiano non abbia previsto esplicitamente le finalità del Contributo mosso forse dalla volontà di non instaurare un vero e proprio tributo di scopo, esse possano essere desunte attraverso un’integrazione della legislazione interna con quella sovranazionale.
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[1] Così come esposto nel Considerando n.3 del Regolamento Ue n.1854.
[2] Così come esposto nel Considerando n.1 del Regolamento 1854..
[3] Così come esposto nel Considerando n. 3 del Regolamento..
[4] Così come esposto nel Considerando n.9 del Regolamento..
[5] Il quale prevede che i soggetti siano: “imprese e stabili organizzazioni dell’Unione con attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione»: imprese o stabili organizzazioni dell’Unione che generano almeno il 75 % del loro fatturato da attività economiche nel settore dell’estrazione, della raffinazione del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria di cui al regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio”.
[6] L’articolo 17 del Regolamento n.1854 recita: “1. Gli Stati membri utilizzano i proventi del contributo di solidarietà temporaneo in modo da conseguire un impatto sufficientemente tempestivo per uno qualsiasi degli scopi seguenti:
a) misure di sostegno finanziario ai clienti finali di energia, in particolare alle famiglie vulnerabili, per attenuare in modo mirato gli effetti dei prezzi elevati dell’energia;
b) misure di sostegno finanziario intese a ridurre il consumo di energia, ad esempio mediante procedure d’asta o di gara per la riduzione della domanda, ad abbassare i costi di acquisto di energia a carico dei clienti finali di energia per determinati volumi di consumo o a promuovere investimenti dei clienti finali in energie rinnovabili e investimenti strutturali nell’efficienza energetica o in altre tecnologie di decarbonizzazione;
c) misure di sostegno finanziario a favore delle imprese dei settori ad alta intensità energetica, a condizione che siano subordinate a investimenti nelle energie rinnovabili, nell’efficienza energetica o in altre tecnologie di decarbonizzazione;
d) misure di sostegno finanziario per lo sviluppo dell’autonomia energetica, in particolare investimenti in linea con gli obiettivi di REPowerEU stabiliti nel piano REPowerEU e nell’azione europea comune REPowerEU quali i progetti aventi una dimensione transfrontaliera;
e) in uno spirito di solidarietà fra Stati membri, gli Stati membri possono destinare parte dei proventi del contributo di solidarietà temporaneo al finanziamento comune di misure volte a ridurre gli effetti dannosi della crisi energetica, tra le quali il sostegno a tutela dell’occupazione e a favore della riqualificazione e del miglioramento del livello delle competenze della forza lavoro, o di misure intese a promuovere gli investimenti nell’efficienza energetica e nelle energie rinnovabili, anche in progetti transfrontalieri, e nel meccanismo unionale di finanziamento per l’energia rinnovabile di cui all’articolo 33 del regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio.”.
[7] art. 2, par. 1, n. 21 del Regolamento.
[8] Così A. Carinci, T. Tassani in “Manuale di diritto tributario”, Giappichelli editore, Torino, 2022, pag. 8.
[9] Così come emerge dal considerando 63.