Le competenze nell’individuazione delle aree non idonee nelle Regioni a statuto speciale
TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, sentenza del 2 febbraio 2023, n. 299
Con sentenza del 2 febbraio 2023, n. 299, il TAR Sicilia ha annullato il Regolamento del Comune di Castelvetrano concernente l’installazione di impianti fotovoltaici a terra e integrati su serra superiori a 50 Kwp adottato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 17 del 2014, nella parte in cui ha individuato le zone idonee e quelle inidonee all’installazione degli specifici impianti fotovoltaici.
La sentenza in commento è stata emessa nell’ambito di un giudizio instaurato da una Società avverso il diniego al rilascio dell’autorizzazione per la costruzione di un impianto fotovoltaico a terra emanato dallo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP).
Nello specifico, il diniego era stato rilasciato in considerazione del fatto che il sito interessato dall’intervento ricadeva al di fuori delle aree individuate dal Regolamento Comunale, risultando quindi estraneo al perimetro entro il quale era consentita l’installazione di impianti FER.
Le censure della Società ricorrente, pertanto, erano rivolte principalmente nei confronti del Regolamento, adottato, a suo parere, in assenza di uno specifico potere di individuazione delle zone idonee o inidonee alla realizzazione di impianti fotovoltaici.
Tale contestazione è stata ritenuta dal TAR fondata e assorbente, alla luce della ripartizione di competenze tra Comuni, Regioni e Stato anche nell’ambito del quadro normativo delle Regioni a statuto speciale come la Sicilia.
Sul punto, i giudici di prime cure, in via generale, hanno specificato che la competenza primaria attribuita ad una Regione speciale in materia di tutela del paesaggio da un lato rende inapplicabili a questa le Linee Guida statali in materia in impianti FER nella loro interezza, ma dall’altro non la esonera dall’osservanza delle disposizioni a carattere generale contenute nelle citate Linee Guida (così, Corte Cost. n. 224/2012). Quindi, rimane fermo il divieto anche per le Regioni a Statuto speciale di invertire il criterio generale stabilito dal legislatore statale di indicare le aree non idonee all’installazione di impianti FER e non potendo comunque introdurre divieti aprioristici di carattere generale all’insediamento di detti impianti.
Con riguardo, invece, al caso di specie e alla legittimità del Regolamento comunale hanno evidenziato quattro elementi:
1) l’assetto ordinamentale vede i Comuni del tutto estranei all’attività di pianificazione basata sulle Linee Guida FER e sul D.Lgs. 199/2021;
2) spetta solo alle Regioni l’individuazione delle aree non idonee;
3) le indicazioni che possono fornire le Regioni, anche a statuto speciale, in merito alla non idoneità di determinate aree ad accogliere impianti fotovoltaici è espressamente riferita alla segnalazione di aree non idonee in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti;
4) l’individuazione delle aree non idonee non può comunque comportare un divieto assoluto all’installazione, bensì serve a segnalare una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni in sede di autorizzazione ed ha dunque la funzione di accelerare il procedimento amministrativo ma non di azzerarlo.
Invero, come osservato anche dalla giurisprudenza, l’individuazione delle aree inidonee rappresenta solo un “primo livello” di valutazione che impone poi di verificare nel caso concreto se l’impianto, così come progettato, possa essere realizzato in una specifica area senza compromettere il sito.
In sostanza, il Regolamento comunale era illegittimo, in via preliminare e assorbente, perché adottato in assenza di una specifica competenza da parte del Comune; tuttavia, l’atto amministrativo era altresì illegittimo nel merito poiché prevedeva l’impossibilità, in ogni caso, di installare impianti FER nelle aree valutate come inidonee.
Simili previsioni non possono che ritenersi contrarie al principio di riserva amministrativa che in materia di energia e ambiente regna sovrano; e invero,
“nella disciplina relativa all’autorizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, una normativa che a qualsiasi livello non rispetti la riserva di procedimento amministrativo e, dunque, non consenta di operare un bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla specificità dei luoghi, impedisce la migliore valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati e, di riflesso, viola il principio, conforme alla normativa dell’Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (Corte cost., sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011). Nel caso di specie, la mera individuazione di aree idonee e di aree non idonee e correlata preclusione di insediamento degli impianti in area agricola – al di là della pacifica carenza di potere – mediante strumento regolamentare locale, ha frustrato la conoscibilità e valutazione dei diversi interessi in gioco, unicamente valutabili dal soggetto preposto all’istruttoria per come affermato dal giudice delle leggi secondo cui: «il procedimento amministrativo costituisce il luogo elettivo di composizione degli interessi, in quanto “[è] nella sede procedimentale […] che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei princìpi costituzionali la loro previsione e tutela» (v. Corte cost. n. 116 del 2020).”
In conclusione, il rispetto delle riserve e delle competenze delineate nei vari livelli legislativi è necessario per garantire la corretta e massima diffusione sul territorio degli impianti fotovoltaici e deve essere garantito, ancor di più, in questa fase di espansione delle fonti di energia rinnovabile indispensabili per garantire l’autonomia energetica dell’Italia e dell’UE.