1. Tra i soggetti beneficiari dei “crediti energia” per le imprese non-energivore e non-gasivore rientrano, come noto, anche le società cooperative, le quali, al pari di qualsiasi altra impresa beneficiaria, sono tenute a contabilizzare una corrispondente componente positiva nel conto economico relativo all’anno di sostenimento dei costi dell’energia che hanno dato luogo alla maturazione dei crediti stessi.
Considerata la natura eccezionale di tale provento, potrebbe sorgere il dubbio sul fatto se – e in che misura – la fruizione dei crediti energia possa assumere rilevanza ai fini della determinazione dell’avanzo della gestione mutualistica ristornabile ai soci cooperatori.
È infatti ben noto che, quale metodo di “attribuzione differita” del vantaggio mutualistico, il ristorno deve essere determinato assumendo come base di riferimento il solo avanzo di gestione ritratto dalla cooperativa per effetto delle transazioni effettuate con i soci (cfr., Agenzia delle Entrate circ. 53/E/2002 e circ. n. 37/2003), di tal che, nella sua individuazione, occorre tenere conto solo dell’attività espressiva dell’oggetto sociale della cooperativa erogante (determinato dalla somma algebrica delle voci A – B del conto economico con le limitazioni di cui si dirà infra).
In termini generali è, infatti, appena il caso di ricordare che il perseguimento dello scopo mutualistico di ogni cooperativa si riflette necessariamente nell’oggetto sociale della società, che rappresenta, appunto, lo “strumento” attraverso il quale quest’ultima è in grado di soddisfare l’interesse mutualistico del socio ([1]). È, in altre parole, solo tramite l’esercizio dell’attività espressione dell’oggetto sociale che può trovare attuazione il rapporto mutualistico con il socio cooperatore.
Operativamente, “la quota parte dell’avanzo di gestione destinabile ai ristorni” è, dunque, determinata dall’applicazione all’avanzo di gestione dell’esercizio di una percentuale calcolata tenendo conto degli scambi effettuati con i soci, in rapporto agli scambi con i terzi ([2])([3]).
2. Ciò posto, proprio per escludere il rischio di un possibile “inquinamento” dei risultati di esercizio attraverso l’inclusione nel ristorno di elementi del tutto estranei alla gestione caratteristica, a seguito delle modifiche apportate allo schema di conto economico dal d.lgs. n. 139/2015 ([4]), il MISE ha ritenuto necessario espungere dal calcolo dell’avanzo ristornabile (cfr. circolare MISE del 29 marzo 2017) le componenti:
a) di entità o incidenza “eccezionale” che “devono essere indicati in nota integrativa ai sensi dell’art. 2427, c. 1, n. 13, c.c.” ([5]);
b) non risultino attinenti allo scambio mutualistico ([6]).
In proposito, va precisato che poiché l’informativa prescritta dall’art. 2427, comma 1, n. 13) c.c. per i “Ricavi o costi eccezionali” presuppone un’indagine sulla natura (episodica o ripetitiva) dell’evento cui risulta collegato il componente di volta in volta considerato, può considerarsi “eccezionale” il provento o l’onere non rappresentativo (sul piano quantitativo o qualitativo) dei normali risultati economici aziendali e dell’andamento dell’impresa in chiave attuale e prospettica, a prescindere dalla sua riconducibilità all’attività ordinaria o straordinaria. In questo contesto, è ben possibile, dunque, che l’attributo di “eccezionalità” venga riferito a componenti che trovano genesi nell’attività caratteristica dall’impresa (si pensi all’esempio riportato nel principio contabile OIC 12 e relativo ai “picchi non ripetibili nelle vendite o negli acquisti”), ma che si manifestano in via del tutto “episodica”.
Alla luce di quanto sopra, le componenti (costi e proventi) irrilevanti ai fini del calcolo dell’avanzo di gestione mutualistica sono pertanto solo quelle derivanti da attività estranee rispetto a quelle tipicamente poste in essere dalla cooperativa ([7]). Pare questo, d’altronde, il senso della riportata indicazione offerta dal MISE nel 2017, allorquando, dopo aver affermato la necessità di escludere dall’avanzo ristornabile ai soci gli “elementi di entità o incidenza eccezionali”, si affretta a chiarire che tale necessità sussiste solo “a condizione che” i ricavi o costi considerati “non siano attinenti allo scambio mutualistico”. Precisazione, quest’ultima, che, stante la richiamata natura “strumentale” dell’attività caratteristica rispetto allo scopo mutualistico, risulta priva di una reale portata applicativa (sebbene il MISE ne dia separata rilevanza) e che conferma ulteriormente come il parametro di riferimento per stabilire se un componente rilevi o meno ai fini dell’avanzo ristornabile ai soci sia – e non possa che essere – l’attività ordinaria della cooperativa.
In definitiva, dunque, la natura “eccezionale” di un provento o di un costo, non determina di per sé la sua esclusione dalla determinazione dell’avanzo di gestione ristornabile ma richiede una necessaria verifica, per così dire, di “secondo livello”, volta ad accertare se, indipendentemente dalla genesi “episodica”, il componente sia afferente all’attività ordinaria svolta e, dunque, inerente allo scambio mutualistico che costituisce oggetto dell’attività della cooperativa. Qualora tale verifica si concluda con esito positivo, anche l’elemento che ove isolatamente riguardato potrebbe risultare di entità o incidenza eccezionale, deve ritenersi espressivo dell’attività posta in essere dalla cooperativa con i soci e, come tale, non può che influire sulla determinazione del ristorno. In altri termini, le componenti (costi e proventi) eccezionali irrilevanti ai fini del calcolo dell’avanzo di gestione mutualistica sono solo quelle derivanti da attività estranee rispetto a quelle tipicamente poste in essere dalla cooperativa ([8]).
3. Orbene, se si muove dalle premesse di cui sopra, è indubbio che le componenti positive contabilizzate a fronte della spettanza dei crediti energia abbiano natura eccezionale (data la loro episodicità). È tuttavia parimenti indubbio che tali componenti sono necessariamente riferibili all’attività ordinaria della società e allo scambio mutualistico con i soci cooperatori e, pertanto, non possano che concorrere alla determinazione dell’avanzo di gestione ristornabile ai soci. I crediti energia costituiscono, infatti, “contributi straordinari attribuiti nella forma di credito d’imposta” (cfr. e pluribus circ. Agenzia delle Entrate n. 36/2022) destinati alla “parziale compensazione delle spese sostenute per l’acquisto dell’energia elettrica consumata” nell’esercizio dell’attività d’impresa (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 25 dell’11 luglio 2022) e, sotto questo profilo, possono essere inquadrati nella più ampia categoria dei cc.dd. contributi in conto esercizio, come individuati dal principio contabile OIC 12 ([9])([10]).
Come noto, tale principio dispone la separata annotazione nella voce A.5 di tutti i contributi diversi da quelli relativi ai materiali e da quelli aventi “natura finanziaria” (par. 56, OIC 12)In particolare, confluiscono nella predetta voce:
1) sia i contributi “ordinari” che hanno “natura di integrazione dei ricavi dell’attività caratteristica o delle attività accessorie diverse da quella finanziaria o di riduzione dei relativi costi ed oneri” e che, anche prima dell’eliminazione della sezione E del conto economico, sarebbero stati annotati tra le componenti di natura ordinaria (voce A.5);
2) sia quelli “erogati in occasione di fatti eccezionali (ad esempio, calamità naturali come terremoti, inondazioni, ecc.)” e legati al verificarsi di accadimenti estranei alla sfera di controllo dell’impresa (i.e. forza maggiore).
I contributi previsti a favore delle imprese non energivore e non gasivore, dovendo “compensa[re] [le] spese sostenute per l’acquisto dell’energia elettrica consumata” nell’esercizio dell’attività d’impresa (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 25 dell’11 luglio 2022), devono essere ricondotti alla categoria di contributi di cui al precedente punto 1) ove:
a) riducano i costi dell’attività caratteristica della società e, per l’effetto, ne incrementino i ricavi (tanto nel caso in cui tale incremento sia conseguente all’integrazione in senso proprio dei ricavi sia ove sia conseguente all’abbattimento dei costi di produzione);
b) trovino genesi nello svolgimento di un’attività ordinaria della società.
In tal caso, alla luce di quanto sopra ricordato, la diretta afferenza dei contributi in questione all’attività ordinaria/mutualistica della società cooperativa ben espressa dalla citata classificazione contabile ([11]) – costituirebbe di per sé elemento sufficiente a determinarne la rilevanza ai fini dell’attribuzione dei ristorni.
4. Quanto sopra è confermato dalla verifica di secondo livello (come detto, ultronea) richiesta dalla citata prassi ministeriale circa la specifica inerenza del provento allo scambio mutualistico. Si è infatti evidenziato come l’elemento discretivo che consente di tracciare un distinguo tra le componenti legate all’attività mutualistica della cooperativa – e, come tali, rilevanti ai fini del calcolo dell’avanzo ristornabile ai soci – e le componenti di natura “straordinaria” – prive di incidenza ai fini della determinazione del ristorno – dev’essere individuato nell’oggetto sociale della cooperativa che rappresenta, appunto, lo “strumento” attraverso il quale la società è in grado di soddisfare l’interesse mutualistico del socio.
Se ciò è vero, un credito d’imposta come quello in esame, in quanto volto a garantire una riduzione dei costi per energia afferenti all’attività caratteristica della società cooperativa e un corrispondente incremento dei risultati della stessa, è inerente al complesso di attività poste in essere per soddisfare l’interesse allo svolgimento della prestazione mutualistica del socio e, come tale, concorre alla determinazione dell’avanzo ristornabile da parte della cooperativa.
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[1] Cfr. F. Preite, Cooperative, consorzi e società consortili, vol. I, Milano, 2018, p. 18 ss. È invero affermazione costante (per tutti, P. Abbadessa – G.B. Portale, Il nuovo diritto delle Società, vol. 4, 2007, Milano, p. 715, ss.) che, nelle società cooperative, lo scopo mutualistico “si realizza soltanto se la società svolge quella particolare attività che consente di concludere lo scambio mutualistico con i soci”. Per tale ragione l’art. 2521 c.c. richiede che dall’atto costitutivo risultino gli elementi qualificanti del rapporto mutualistico tra cui “la indicazione specifica dell’oggetto sociale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci”.
[2] Ricordiamo che ai sensi dell’art. 2545-sexies c.c. “l’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici. Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all’attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche. L’assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2525, ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari”. Pur potendosi escludere – in difetto di precisi riferimenti testuali – che tale prescrizione miri ad istituire un obbligo di “separazione contabile” per le società cooperative, sembra comunque evidente – alla luce di quanto meglio osservato sopra – che la separata indicazione in bilancio dei valori dell’attività posta in essere con i soci sia funzionale a “misurare” l’incidenza dell’attività mutualistica sull’attività ordinaria complessivamente posta in essere dalla cooperativa.
[3] Come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 37/2003 “per la determinazione del predetto avanzo di gestione è necessario utilizzare parametri diversificati in relazione al modello cooperativo utilizzato, che riflettano le diverse tipologie di scambio mutualistico. In particolare, laddove lo scambio mutualistico sia misurabile attraverso i ricavi (è il caso delle cooperative di consumo o di servizi) è necessario identificare la percentuale di questi ultimi che deriva dall’attività svolta con i soci rispetto al totale dei ricavi. Tale percentuale, applicata all’avanzo di gestione dell’esercizio, fornirà l’avanzo di gestione generato dall’attività con i soci … Nell’ipotesi in cui lo scambio mutualistico sia misurato, invece, attraverso i costi, al fine di ottenere la quota parte dell’avanzo di gestione destinabile ai ristorni, dovrà correlarsi l’ammontare dei costi relativi ai rapporti con i soci con l’ammontare dei costi complessivi riferibili alle medesime voci del conto economico. In particolare, per le cooperative di lavoro, le poste interessate sono la voce B9 del conto economico e, qualora la cooperativa abbia instaurato rapporti diversi da quello di lavoro subordinato, parte della voce B7”.
[4] Tale decreto ha, come noto, eliminato la c.d. sezione straordinaria del conto economico dedicata agli oneri e proventi straordinari frutto di eventi di natura casuale o accidentale. Come già chiarito dalla la Relazione illustrativa al d.lgs. n. 127/1991 “l’aggettivo straordinario, riferito a proventi ed oneri, non allude all’eccezionalità o anormalità dell’evento, bensì all’estraneità, della fonte del provento o dell’onere, alla attività ordinaria”. Sulla base di tali precisazioni, era quindi agevolmente intuibile come il concetto di “straordinarietà” rilevante ai fini de qua si riferisse a qualsiasi componente economica “eccezionale” non tanto (o non meramente) sotto il profilo temporale o quantitativo, quanto piuttosto sul piano dell’estraneità all’attività aziendale.
[5] Con la circolare in commento il MISE ha confermato il criterio già adottato nel modello di verbale di ispezione cooperativa approvato con DM 23 febbraio 2015 secondo cui l’avanzo mutualistico oggetto di ristorno doveva essere determinato applicando all’avanzo di gestione risultante dal conto economico, rettificato in diminuzione dei totali dell’allora aggregato “D” (rettifiche di valore di attività finanziarie) e (se positivi) dell’allora aggregato “E” (proventi e oneri straordinari), la percentuale calcolata tenendo conto degli scambi effettuati con i soci, in rapporto agli scambi con i terzi. Permangono tuttavia margini di incertezza derivanti dal fatto che, mentre le indicazioni fornite dal MISE nel 2015 prevedono chiaramente l’esclusione dal calcolo dell’avanzo di gestione delle aree del conto economico per definizione “straordinarie” (sez. E e D), a seguito dell’eliminazione della sezione straordinaria del conto economico e della conseguente confluenza, tra le voci A e B del conto economico, di tutte le componenti di costo o di ricavo che non attengono alla gestione finanziaria dell’impresa (riconducibili o meno all’attività caratteristica) si pone il dubbio se la nozione di “eccezionalità” delle componenti di conto economico accolta dall’art. 2427, c. 1, n. 13, c.c. ai fini dell’informativa richiesta per gli “elementi di ricavo o di costo di entità o incidenza eccezionali” coincida con quella di “componente straordinario” che, anteriormente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 139/2015, non avrebbe dovuto assumere rilevanza ai fini della determinazione del ristorno erogabile da parte delle cooperative ai soci. Come si dirà infra, tale dubbio deve essere risolto in senso positivo in quanto, data la definizione di eccezionalità risultante dai principi contabili nazionali, risultano escluse dalla determinazione dell’avanzo ristornabile le medesime componenti di natura straordinaria che, anteriormente al 2015, sarebbero confluite nella sezione E del conto economico. Sul punto cfr. principio contabile OIC 12, par. 115 nonché la sezione dedicata alle “motivazioni alla base delle decisioni assunte”.
[6] Nella circolare in commento, il MISE ha precisato che “in continuità con le norme e la prassi dell’Autorità di vigilanza e dell’Amministrazione finanziaria in tema di determinazione del massimo ristorno attribuibile, nel calcolo dell’avanzo della gestione mutualistica non si dovrà tener conto degli elementi di entità o incidenza eccezionali che devono essere indicati in nota integrativa ai sensi dell’art. 2427, c. 1, n. 13, c.c., a condizione che non siano attinenti allo scambio mutualistico tra soci e società, ancorché secondo le nuove norme siano classificate nelle voci di cui ai punti A) e B) del conto economico. Dunque, in quanto non attinenti lo scambio mutualistico, l’avanzo complessivo della gestione dovrà essere depurato dal saldo (solo se positivo) dei valori, a titolo esemplificativo, relativi alle plusvalenze e minusvalenze di natura straordinaria derivanti da trasferimenti d’azienda o di rami d’azienda, alienazione di partecipazioni, immobili e beni non strumentali, nonché al plusvalore derivante dall’acquisizione delle immobilizzazioni materiali a titolo gratuito”.
[7] Trattasi delle componenti di natura straordinaria che, anteriormente al 2015, sarebbero confluite nella sezione E del conto economico. Ciò che è venuto meno è, come detto, l’agevole rinvio alla sezione E per l’individuazione degli elementi da escludere.
[9] Già nella versione vigente al 2014, al par. 51, il citato principio descriveva detti contributi come componenti dovute: “sia in base alla legge sia in base a disposizioni contrattuali … che abbiano natura di integrazione dei ricavi della attività caratteristica o delle attività accessorie diverse da quella finanziaria o di riduzione dei relativi costi ed oneri”. Data la stretta correlazione con l’attività ordinaria dell’azienda beneficiaria, detti contributi – ove non relativi all’acquisto di materiali – dovevano generalmente essere separatamente annotati in “apposita sottovoce della voce A.5” del conto economico quest’ultima che comprendeva “tutti i componenti positivi di reddito non finanziari, di natura ordinaria, riguardanti l’attività accessoria”. Viceversa, la sede dei contributi di natura finanziaria o “straordinaria”, non era l’attività ordinaria (seppur accessoria) dell’impresa, quanto piuttosto la (ex) sezione straordinaria del conto economico. A seguito dell’eliminazione della sezione E del conto economico ad opera del più volte citato d.lgs. n. 139/2015, nella voce residuale A.5 sono inevitabilmente confluite non solo le componenti “di natura ordinaria” riguardanti l’attività (accessoria o caratteristica) dell’impresa, ma anche quelle di natura straordinaria prima annotate nell’eliminata sezione. Nel recepire tale modifica, il principio contabile OIC 12 oggi vigente non distingue più tra contributi correlati ad “attività caratteristica o delle attività accessorie” e contributi “erogati in occasione di fatti eccezionali”.
[10] Analogo inquadramento si rinviene, tra l’altro, nella prassi erariale relativa ad ulteriori tipologie di misure agevolative come, ad esempio, le cc.dd. tariffe incentivanti di cui all’art. 1, c. 271-279, l. n. 289/2006 (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 20 del 27 gennaio 2009), nonché con riferimento a contributi di fonte regionale per la ristrutturazione di immobili (ris. Agenzia delle Entrate n. 2 del 22 gennaio 2010), in cui i contributi in conto esercizio vengono descritti quali misure destinate a “fronteggiare esigenze di gestione”, integrando “i ricavi o … ridu[cendo] i costi e gli oneri” dell’impresa beneficiaria dell’agevolazione.
[11] Sulla stretta riferibilità dei contributi in conto esercizio ordinari all’attività d’impresa si è espressa anche la giurisprudenza legittimità – ancorché in relazione ad una fattispecie differente da quella oggetto del presente parere – che ha ritenuto “direttamente riferibili all’attività dell’impresa” “i contributi corrisposti dallo Stato a titolo di fiscalizzazione, degli oneri sociali … in quanto rivolti ad abbattere i costi sopportati dall’imprenditore per fini previdenziali del personale dipendente, e quindi finalizzati alla riduzione del costo del lavoro e, in definitiva, della produzione” (Cass. sent. n. 12003 del 10 giugno 2015).