Nell’articolo precedente abbiamo avuto modo di analizzare le modalità con cui Francia, Portogallo e Grecia hanno recepito il regolamento europeo n. 1854/22, in particolare sull’istituzione del Contributo di Solidarietà.
Appare opportuno, ora, indagare su come altri Stati Membri abbiano provveduto ad adempiere alle prescrizioni del legislatore europeo.
Il primo Paese da analizzare è la Germania, il quale ha introdotto il Contributo con la legge del 16-12-2022[1].
I soggetti passivi sono delineati come
“qualsiasi impresa che durante il periodo d’imposta ai sensi dell’art. 3 par. 2, realizza almeno il 75% del suo fatturato dalle attività economiche specificate nel Regolamento Ce n. 1893/2006 nelle aree di estrazione, estrazione mineraria, raffinazione del petrolio o produzione di prodotti da cokeria” (articolo 2 par. 1).
Sotto tale aspetto dunque non si notano differenze con il Regolamento stesso, che, come si ricorda, all’art. 2 par. 17 prevede che i soggetti siano le imprese o stabili organizzazioni che generano almeno il 75% del loro fatturato da attività nel settore della raffinazione, del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria di cui al Regolamento CE n. 1893/2006.
Simile osservazione deve essere svolta con riferimento alla base imponibile, infatti, anche in tal caso, non si notano differenze con il Regolamento. La Germania, dunque, calcola la base del contributo sul risultato di esercizio che inizia il 31 dicembre 2021, se esso eccede il 20% della media del reddito imponibile per gli esercizi dal 2017 al 2021 (così l’art. 4 par. 1 della legge tedesca).
L’aliquota prescelta dallo Stato è del 33% (art.4 par. 3).
Infine, è da segnalare che la Germania ha previsto esplicitamente la destinazione finanziaria dei proventi che derivano dall’applicazione del Contributo. Infatti, all’art. 1 par. 3 della legge tedesca si legge che “Le entrate spettano alla Federazione e sono utilizzate in conformità alle disposizioni dell’art. 17 del Regolamento Ue 1854/2022 (…)”.
Un altro Stato che ha istituito un contributo equivalente a quello del Capo III del Regolamento Ue è la Spagna.
La misura è stata introdotta con al Ley n. 38/2022[2] e prevede che i soggetti passivi siano
“Le persone o gli enti che sono considerati operatori principali nei settori dell’energia ai sensi della delibera 10 dicembre 2020 della Commissione nazionale per i mercati e la concorrenza. Parimenti le persone fisiche o giuridiche che svolgono in Spagna attività di produzione di petrolio greggio o gas naturale, estrazione di carbone o raffinazione di petrolio che generano almeno il 75% del proprio fatturato da attività economiche nel settore dell’estrazione, estrazione mineraria, raffinazione del petrolio o la fabbricazione di prodotti di cokeria di cui al Regolamento Ce n. 1893/2006” (art. 1 par. 1 e 2).
Sempre nel par. 2 della Ley. N. 38/22 si legge inoltre che sono esenti dal pagamento i soggetti sopra indicati se: a) l’importo netto del fatturato corrispondente al 2019 è inferiore a 1 milione di euro; b) l’ammontare netto del fatturato corrispondente, rispettivamente, agli anni 2017, 2018, 2019 derivante da attività che ne avrebbe determinato la considerazione quale operatore principale di un settore energetico non superi il 50% dell’ammontare netto complessivo del fatturato del rispettivo anno.
Quanto invece alla determinazione della base imponibile, la legislazione spagnola adotta un calcolo che differisce nel modus rispetto al Regolamento ed agli Stati che hanno istituito un tributo equivalente. Infatti, l’art. 1 par. 4 della legge spagnola prevede che “l’importo della prestazione che dovrà essere corrisposta da ciascun obbligato sarà il risultato dell’applicazione della percentuale di 1,2% all’importo netto del fatturato derivante dall’attività svolta in Spagna nell’anno solare precedente a quello della nascita dell’obbligazione di pagamento che compare nel proprio conto economico”. A ben vedere dunque non vi è un riferimento alla media degli ultimi esercizi e l’applicazione dell’aliquota del 33% a detto risultato, bensì si opera direttamente sull’importo netto del fatturato dell’anno precedente al sorgere dell’obbligazione, con applicazione di un’aliquota del 1,2%.
Anche nel caso della Spagna viene sancita la destinazione finanziaria dei proventi ottenuti con l’applicazione del Contributo. L’art. 1 par. 11 prevede che i proventi del contributo saranno utilizzati per uno dei seguenti scopi:
- misure di sostegno finanziario per i clienti finali dell’energia, in particolare le famiglie vulnerabili, per mitigare gli effetti dei prezzi elevati dell’energia, in modo mirato;
- misure di sostegno finanziario per contribuire alla riduzione dei consumi energetici (…);
- misure di sostegno finanziario per sviluppare l’autosufficienza energetica, in particolare investimenti in linea con gli obiettivi dell’UE REPower definiti nel Piano REPower dell’UE e nell’Azione comune europea REPower dell’UE, come i progetti con una dimensione transfrontaliera;
- il finanziamento di misure volte a ridurre gli effetti negativi della crisi energetica, compreso il sostegno alla tutela dell’occupazione e alla riqualificazione e al perfezionamento della forza lavoro, o a promuovere gli investimenti nell’efficienza energetica e nelle energie rinnovabili, compresi i progetti transfrontalieri e nello strumento di finanziamento dell’Unione per le energie rinnovabili di cui all’articolo 33 del Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo (…).
Infine, l’ultimo Stato in questa sede oggetto d’indagine è l’Olanda. Detto Paese ha istituito un proprio contributo tramite la legge del 21 dicembre 2022[3]. L’imposta si applica al contribuente residente che, nell’anno di contribuzione, realizza almeno il 75% del suo fatturato con attività economiche nel settore dell’estrazione di idrocarburi, estrazione mineraria, raffinazione del petrolio o fabbricazione di prodotti di cokeria di cui al Regolamento Ce n. 1893/2006 (art. 2.1 legge olandese).
Inoltre, per quanto riguarda la base imponibile, essa è determinata, ai sensi dell’art. 3.1 della legge olandese, sull’eccedenza di profitto di cui gode un contribuente e l’aliquota prescelta è del 33%.
Pertanto, in questo caso gli elementi essenziali del contributo sembrerebbero rispecchiare le prescrizioni del Regolamento. Tuttavia, è da segnalare che, anche per l’Olanda, così come per il nostro Stato, il legislatore non abbia previsto nulla in tema di destinazione finanziaria dei proventi. Tale caratteristica, così come precedentemente analizzato, potrebbe generare delle ripercussioni. Infatti, è vero che il Regolamento consente agli Stati di istituire un contributo proprio, tuttavia, esso deve essere equivalente a quello europeo. Sul punto, proprio per capire cosa significhi equivalente, basta leggere il considerando n. 63 del medesimo Regolamento, in cui si prevede che esso debba:
1. avere obiettivi simili a quelli del contributo europeo;
2. gravare sulle medesime attività oggetto del contributo europeo;
3. essere destinato a finanziare i medesimi obiettivi previsti dal contributo europeo
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[1] La legge tedesca è consultabile su: https://www.gesetze-im-internet.de/eu-energiekbg/BJNR232500022.html
[2] La legge spagnola è consultabile su: https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2022-22684
[3] La legge olandese è consultabile su: https://wetten.overheid.nl/BWBR0047704/2023-01-01/0#search_highlight0