L’autorizzabilità degli impianti agri-fotovoltaici e l’interesse pubblico alla loro installazione

TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, sentenza del 17 giugno 2023, n. 900
17/07/2023

Con la sentenza n. 900 del 2023, TAR Calabria ha accolto un ricorso promosso da una società operante nel settore dell’energia avverso un provvedimento di diniego al rilascio di un AUR per un progetto agro-voltaico di potenza pari a circa 14 MW.

Il progetto presentato dalla ricorrente prevedeva l’installazione di pannelli agro-fotovoltaici in un’area inserita in un contesto fortemente antropizzato e priva di colture di pregio, essendo coltivata a seminativo; il progetto conteneva, inoltre, un piano di miglioramento fondiario con implementazione agronomica, combinando la coltivazione delle superfici agricole con la produzione di energie rinnovabili e rispondendo alle esigenze ambientali, climatiche e di tutela dei territori rurali, poiché i moduli fotovoltaici sarebbero stati posti ad un’altezza di 3 m da terra, consentendo così la normale attività agricola condotta con mezzi tradizionali.

Tuttavia, la conferenza di servizi appositamente convocata per la valutazione del progetto decideva di non autorizzare il progetto a causa di due concorrenti problemi:

1. il contrasto con l’art. 15, comma 4, lett. a) del Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico (Q.T.R.P.) in forza del quale gli impianti di produzione da energia elettrica da fonti rinnovabili, posti su terreno agricolo, non possono superare la soglia del decimo dell’area impiegata per le coltivazioni;

2. la negativa valutazione delle conseguenze che l’impianto – da realizzare in prossimità della Zona Speciale di Conservazione – determinerebbe su habitat e specie protette legati all’esercizio delle pratiche agricole ed alle colture tipiche dell’area, la quale costituisce un’importante fascia ecotonale, cioè zona ricca di biodiversità, per la varietà di specie ornitologiche di elevato valore.

Quanto al primo profilo, l’art. 15, punto 4, lett. a), Q.T.R.P.  dispone che “gli impianti realizzati a terra in terreni a destinazione agricola ovvero, in particolare, nell’ambito di aziende agricole esistenti, non potranno occupare oltre un decimo dell’area impiegata per le coltivazioni”.

Il TAR, fornendo la corretta interpretazione della citata norma, ha evidenziato che

“Tale disposizione non può tuttavia trovare applicazione nella vicenda in esame, avuto riguardo alle peculiarità tecniche dell’impianto agro-fotovoltaico a terra, con inseguitori mono-assiali sollevati dal terreno per 3 m. Non è infatti ravvisabile nella fattispecie il denunciato contrasto del progetto “Fattoria Solare La Petrosa” con la normativa tecnica prevista nel Q.T.R.P., la quale risulta pertanto inconferente, poiché dettata con riferimento agli impianti fotovoltaici tradizionali realizzati a terra, ma non anche con riferimento agli innovativi impianti agro-fotovoltaici come quelli in esame, i cui moduli sono infissi al suolo ma elevati appunto dallo stesso a circa 3 m, così da ridurre al minimo il consumo del terreno agricolo (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 20 giugno 2022, n. 1109). A corroborare l’assunto interpretativo giova richiamare altra giurisprudenza, la quale ha statuito in vicenda analoga che “mentre nel caso di impianti fotovoltaici tout court il suolo viene reso impermeabile, viene impedita la crescita della vegetazione e il terreno agricolo, quindi, perde tutta la sua potenzialità produttiva, nell’agri-fotovoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti e ben distanziati tra loro, in modo da consentire la coltivazione sul terreno sottostante e dare modo alle macchine da lavoro di poter svolgere il loro compito senza impedimenti per la produzione agricola prevista. Pertanto, la superficie del terreno resta permeabile, raggiungibile dal sole e dalla pioggia, e utilizzabile per la coltivazione agricola” (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 11 febbraio 2022, n. 248). Si aggiunga, da ultimo, che in base all’art 51, comma 3-bis, ultimo periodo, L.R. n. 19/2002, modificato dalla L.R. n. 17/2022, nel caso di impianti agro-voltaici i limiti percentuali di utilizzo del suolo non trovano applicazione.”

Quanto, invece, al secondo rilievo posto a base del diniego, i giudici di prime cure, nel corso del giudizio, hanno ritenuto di dover ricorrere ad una CTU, trattandosi di questioni particolarmente tecniche e legate alla conformazione ambientale e biologica del territorio.

Gli esiti della consulenza tecnica hanno portato i giudici a ritenere contraddittoria e fortemente carente la valutazione svolta dalla conferenza di servizi: la relazione tecnica svolta dal CTU, infatti, diversamente da quanto sostenuto dalle amministrazioni resistenti, ha escluso che l’opera da realizzare possa comportare una modifica ambientale, ha al contempo precisato che eventuali cambiamenti degenerativi all’interno dell’area interessata possono essere dimostrati solo avviando azioni di monitoraggio sulla medesima area sia ante operam sia post operam.

Sul punto, al netto di ogni valutazione tecnica, il TAR di prime cure ha anche evidenziato che  in applicazione delle linee guida nazionali n. 303 del 28.12.2019, attuative della direttiva 92/43/CEE Habitat e inerenti alla valutazione di incidenza ambientale, il diniego della realizzazione del progetto costituisce una extrema ratio, mentre nella fattispecie la preclusione alla realizzazione dell’impianto agro-fotovoltaico è stata disposta in assenza di una concreta analisi del sito di interesse, senza la rigorosa indicazione delle ragioni circa la prospettazione di effetti pregiudizievoli per l’ambiente, essendo l’area di interesse esterna al sito protetto, e in assenza, ancora, della individuazione di eventuali misure di mitigazione idonee ad elidere le criticità riscontrate, come invece previsto dall’art. 4.3 delle richiamate linee guida.

Anche in questo caso, quindi, la giustizia amministrativa, valorizzando e sottolineando le peculiari caratteristiche degli impianti agri-fotovoltaici, ha dato seguito all’evidente favor legislativo che connota la materia.

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