L’articolo 2 co. 3-sexies del d.l. n. 11/2023 ha introdotto il comma 8-quinquies dell’art. 119 del d.l. n. 34/2020 che consente ai contribuenti che hanno sostenuto spese agevolate con il superbonus nell’anno 2022, di optare per la ripartizione della detrazione in dieci quote annuali costanti in luogo delle quattro ordinariamente previste.
L’intenzione del legislatore risulta essere quella di permettere ai contribuenti con un’imposta lorda meno capiente e senza acquirenti disponibili a comprare il loro credito, di poter fruire integralmente della detrazione a loro spettante in un lasso temporale più ampio (per l’appunto dieci anni in luogo di quattro).
In particolare, la norma prevede che:
“Per le spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 relativamente agli interventi di cui al presente articolo, la detrazione può essere ripartita, su opzione del contribuente, in dieci quote annuali di pari importo a partire dal periodo d’imposta 2023. L’opzione è irrevocabile. Essa è esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2023. L’opzione è esercitabile a condizione che la rata di detrazione relativa al periodo d’imposta 2022 non sia stata indicata nella relativa dichiarazione dei redditi”.
Tale opzione (irrevocabile, per espressa previsione normativa) è pertanto esercitabile a condizione che il contribuente non fruisca della detrazione nella dichiarazione dei redditi presentata per l’anno d’imposta 2022 ed eserciti l’opzione nella dichiarazione dei redditi presentata per l’anno d’imposta 2023, rinviando quindi a tale dichiarazione dei redditi la fruizione della prima quota costante di detrazione.
Da ciò si ricava che il contribuente che intende avvalersi della suddetta opzione deve:
(i) astenersi dall’utilizzare il primo quarto della detrazione superbonus nella dichiarazione dei redditi che presenta nel 2023 per l’anno d’imposta 2022;
(ii) indicare il primo decimo di tale detrazione direttamente nella dichiarazione dei redditi che presenta nel 2024 per l’anno d’imposta 2023.
Da quanto anticipato, dunque, le 10 rate annuali di pari importo, conseguenti alla ripartizione, sono fruibili dall’anno successivo a quello di riferimento della rata originaria. In altri termini, per una rata 2022, la ripartizione in 10 anni avviene dall’anno 2023 ed arriverà sino al 2032 mentre per una rata 2023, la ripartizione in 10 anni avviene dall’anno 2024 ed arriverà sino al 2033.
Entrando sempre più nel merito dei risvolti applicativi della norma in commento, giova rilevare che – sebbene il legislatore abbia espressamente chiarito la natura inderogabile dell’opzione – non risulta chiaro se suddetta irrevocabilità riguardi soltanto il cambiamento di orizzonte temporale di fruizione della detrazione, oppure, come potrebbe sembrare, attenga anche alla modalità di fruizione del beneficio (chiave interpretativa, quest’ultima, che precluderebbe la possibilità di esercitare in seguito l’opzione per cessione delle rate residue non ancora fruite).
Sul punto, in mancanza di alcuna espressa limitazione da parte del legislatore, e in virtù della finalità “agevolativa” della disposizione stessa, sembrerebbe preferibile l’ipotesi per cui sarebbe comunque possibile la cessione da parte del beneficiario stesso delle rate residue di detrazione non ancora fruite, anche con riguardo alle spese per le quali è stata esercitata l’opzione di ripartizione della detrazione stessa in 10 anni.
Ed invero, non si rivede alcuna giustificazione per limitare la possibilità che il beneficiario possa anticipare il recupero del beneficio corrispondente alle quote di cui non ha ancora fruito mediante cessione in favore di un terzo disponibile ad acquistare i crediti d’imposta.
Sembrerebbe invece più ragionevole ritenere che la natura inderogabile dell’opzione in commento rilevi solo ai fini della impossibilità da parte del beneficiario di “tornare indietro”, e cioè di rinunciare alla ripartizione della detrazione in 10 quote annuali per ritornare alla possibilità di utilizzare lo stesso credito in detrazione nelle quattro quote originariamente previste.
Sul punto, tuttavia, si attendono chiarimenti ufficiali da parte dell’Amministrazione finanziaria.