Il silenzio delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili

Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza del 2 ottobre 2023, n. 8610
21/11/2023

Con la sentenza n. 8610/2023, il Consiglio di Stato ha fornito una interpretazione definitiva in merito alla natura del silenzio tenuto dalle amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili in sede di procedimenti co-decisori.

La pronuncia in esame supera l’interpretazione del silenzio c.d. devolutivo dell’amministrazione portata avanti da parte della giurisprudenza anche dopo la riforma Madia. Nello specifico, secondo la teoria del silenzio devolutivo, trascorso il tempo previsto per l’emissione del parere, il potere dell’amministrazione non si consumava ma degradava la natura del parere che da vincolante diveniva meramente obbligatorio e doveva comunque essere preso in considerazione qualora il provvedimento finale non fosse stato ancora emesso.

In base a tale ricostruzione, appariva evidente la distinzione tra silenzio devolutivo e silenzio-assenso. Nel primo caso, l’autorizzazione paesaggistica veniva imputata esclusivamente all’ente territoriale che l’ha rilasciata, mentre nel secondo caso era riconducibile (in co-decisione) a entrambe le amministrazioni.

Tuttavia, le modifiche apportate alla legge 241/1990 sembrano chiare nella loro volontà di voler attribuire al silenzio delle amministrazioni de quibus una natura di assenso, al fine di velocizzare i procedimenti amministrativi.

Invero, proprio l’art. 17 bis, l. 241/90, dispone che, decorso inutilmente il termine di legge, si forma silenzio assenso anche allorchè le amministrazioni chiamate a pronunciarsi, a fini decisori, siano quelle preposte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, dei beni culturali e della salute.

Tale innovativa impostazione, come è stato sottolineato da attenta dottrina, è la conseguenza del combinato operare di due fattori: 1) la trasformazione del ruolo della semplificazione, da valore strumentale (ossia come principio generale da collegare all’esigenza di migliorare l’efficienza amministrativa nel valutare tutti gli interessi che si confrontano nel procedimento e di aumentare l’efficacia nella cura degli interessi pubblici al contempo garantendo una più agevole tutela delle pretese del cittadino) a bene o valore di natura finale, autonomo rispetto agli interessi curati dalle amministrazioni competenti al rilascio di assensi comunque denominati; 2) l’attenuazione della valenza forte e assolutizzante dell’attributo di primarietà associato agli interessi sensibili, nella misura in cui viene ammesso un loro bilanciamento in concreto con altri valori e principi.

Proprio tale indirizzo interpretativo è stato avallato dalla sentenza in esame che riporta le molteplici posizioni a favore di una simile impostazione ermeneutica.

In primo luogo, il Consiglio di Stato evidenzia il valore di una interpretazione autentica della lettera della norma che sia coerente con il dato letterale, con la volontà del legislatore e con lo spirito dei tempi.

Per tale ragione, non possono essere ammesse posizioni giurisprudenziali “creative” volte a dare prevalenza ad un bene che, ad oggi, la legge parifica e bilancia con gli altri.

In secondo luogo, una simile interpretazione è avallata anche dal tipo di procedimento in cui il silenzio è inserito. Trattasi, invero, di fattispecie aventi ad oggetto ipotesi di procedimenti co-decisori dove, quindi, la responsabilità della scelta non è solo in capo ad una singola amministrazione. In tal caso, pertanto, l’eventuale silenzio serbato dell’autorità co-decidente consolida la scelta dell’autorità procedente, che è comunque dotata di competenza (sia pure non esclusiva) in materia.

Non si rischia, dunque, un vuoto di potere o una totale deresponsabilizzazione dell’amministrazione.

Le conclusioni fin qui raggiunte hanno, del resto, riscosso nel tempo un diffuso apprezzamento sia in dottrina che in giurisprudenza.

L’applicazione del silenzio assenso orizzontale al parere paesaggistico è stata espressamente affermata dal Ministero dei Beni culturali con le circolari 10 novembre 2015, prot. n. 27158 e 20 luglio 2016, prot. 21892.

Pertanto, il superamento dei termini previsti dalla legge per esprimere un parere determina la predita del potere di decidere e il sorgere di una forma di silenzio qualificata: così, l’atto amministrativo, adottato in carenza di potere, è privo di effetti nell’ordinamento amministrativo e deve ritenersi come tamquam non esset.

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