Agrivoltaico: il difetto di motivazione del diniego alla luce di una recente pronuncia del TAR Lazio
TAR Lazio, Roma, Sez. II-quater, Sentenza del 26 gennaio 2024, n. 1560
Con una recente sentenza, il TAR Lazio si è pronunciato sugli elementi di cui un’amministrazione deve necessariamente tener conto nel motivare il diniego ad autorizzare la costruzione di un impianto agrivoltaico ‘avanzato’.
Nello specifico, una Società operante nel settore dell’energy aveva formulato al Comune un’istanza di procedura abilitativa semplificata (PAS) per l’installazione di un impianto agrivoltaico avanzato, da costruirsi in modo tale da non interferire con l’attività agricola e con la fauna.
L’impianto agrivoltaico ‘avanzato’ si caratterizza per la scelta di soluzioni tecniche innovative che consentono l’utilizzo a fini agricoli anche del terreno sottostante ai pannelli e non solo di quello tra i pannelli.
Facendo seguito a tale richiesta, il Comune indiceva una conferenza dei servizi decisoria, agli esiti della quale, pur dando conto dei molteplici pareri positivi espressi dalle Amministrazioni coinvolte, adottava un provvedimento conclusivo di rigetto della PAS.
Tale dissenso veniva motivato dall’Amministrazione alla luce di una Delibera del Consiglio comunale che, nel 2022, aveva individuato come zone non idonee all’installazione (anche) di impianti agrivoltaici quelle classificate dal Piano territoriale paesaggistico regionale del Lazio (PTPR) come “paesaggio agrario di valore”. Fra queste, vi rientravano anche le aree designate per la costruzione dell’impianto in causa.
La Società contestava che il Comune, procedendo a una verifica circa l’idoneità dell’area interessata, avrebbe oltrepassato i propri limiti valutativi, che gli avrebbero invece imposto di valutare esclusivamente la compatibilità urbanistica e edilizia del progetto.
Si contestava all’Amministrazione anche l’assenza di un’istruttoria relativa caratteristiche specifiche dell’impianto, nonché il fatto che l’individuazione ex ante da parte del Comune delle aree non idonee costituirebbe semplicemente un primo livello valutativo, cui dovrebbe necessariamente seguire una valutazione più approfondita, incentrata sulle caratteristiche specifiche del singolo progetto.
Le Deliberazioni comunali non avrebbero tenuto conto, inoltre, del fatto che la disciplina nazionale individua delle zone idonee ex lege, che le Amministrazioni locali non possono autonomamente contrassegnare come inidonee. In sintesi, nel caso di specie, sarebbe stata indicata come inidonea una zona idonea ex lege.
La Società contestava inoltre il rinvio operato dal Comune al PTPR del Lazio, in quanto questo, rispetto ad aree non interessate da beni paesaggistici, come sono quelle in causa, non avrebbe alcuna efficacia prescrittiva.
A fronte di tali doglianze, il Collegio si è espresso in questi termini:
- l’impianto in causa non andava a modificare la destinazione d’uso dell’area, in quanto consente il proseguimento dell’attività agricola;
- il Piano regionale, relativamente alle porzioni di territorio non interessate da beni paesaggistici, non era da considerarsi vincolante, e pertanto l’Amministrazione avrebbe dovuto adottare, nel bilanciamento fra le esigenze di tutela del paesaggio agricolo e quelle di riduzione dell’inquinamento, rispetto all’area in causa, una motivazione specifica.
Il diniego è stato di conseguenza ritenuto affetto da un difetto di motivazione, e quindi annullato.
Il TAR ha quindi stabilito che il Comune dovrà procedere a un nuovo esame della domanda autorizzativa, nell’ambito del quale il potere discrezionale dell’Amministrazione “potrà ritenersi esercitato correttamente solo se la delibera adottata conterrà una motivazione puntuale, dettagliata e specificamente riguardante la zona oggetto dell’istanza abilitativa”. Ciò a meno che nelle more non entri in in vigore il Piano energetico regionale (PER), destinato ad assorbire, in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e risparmio energetico in agricoltura, le valutazioni discrezionali attualmente rimesse ai Comuni.