22/03/2024

1. Con le risposte ad interpello nn. 16 e 18 del 26 gennaio 2024 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, ai fini della determinazione della base imponibile del Contributo di Solidarietà di cui all’art. 1, commi 115 e seguenti della legge n. 197/2022 rilevano anche le sopravvenienze attive non collegate all’andamento dei prezzi nel settore energetico.

In sintesi, la risposta n. 16 si riferisce all’istanza di una società titolare di un impianto idroelettrico che chiedeva di escludere dalla base imponibile del predetto Contributo taluni incentivi del GSE percepiti nel 2022 ma riferiti a precedenti periodi d’imposta, rilevati in bilancio come sopravvenienze attive. Secondo l’istante tali componenti (positivi) di reddito non avrebbero dovuto conteggiarsi nella base imponibile del Contributo, in quanto relativi a un provento straordinario del tutto estraneo all’extraprofitto originato dall’aumento dei prezzi nel settore energetico. Questione analoga riguarda la risposta n. 18 in cui era stato richiesto da una società, operante nel settore della distribuzione petrolifera, di poter escludere dalla base imponibile del Contributo le somme (ugualmente classificate come sopravvenienze attive) riconosciute – all’esito di un procedimento giudiziale – a titolo di risarcimento di un danno, sostitutivo di un reddito imponibile ai sensi dell’art. 6 TUIR.

Con riguardo ad entrambe le suddette fattispecie l’Agenzia delle Entrate, non condividendo la soluzione dei contribuenti, ha pedissequamente applicato la normativa sugli extra-profitti di cui all’art. 1, co. 115 e seguenti della citata legge n. 197/2022 attenendosi ai chiarimenti della circ. n. 4 del 23 febbraio 2023 e affermando che, ai fini del calcolo della base imponibile del Contributo, rileva l’ammontare di reddito determinato in base alle previsioni del Titolo II, Capi II e IV, del TUIR, conseguito nei cinque periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 1° gennaio 2023, senza considerare – per ciascuno dei periodi d’imposta interessati – le eventuali riduzioni dovute al riporto delle perdite riferite alle annualità pregresse, nonché le deduzioni per effetto della c.d. agevolazione ACE. Dunque, la base imponibile del Contributo è determinata considerando le disposizioni di cui agli artt. 83 ss. del TUIR; comprendendovi così anche eventuali componenti (positivi) di reddito riconducibili tra le sopravvenienze attive ex art. 88 TUIR.

Detti chiarimenti si discostano, a ben vedere, dalle conclusioni cui è recentemente giunto il TAR Lazio che, con le ben note ordinanze nn. 763 e 766 del 16 gennaio 2024, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma istitutiva del Contributo per violazione degli artt. 3, 53 e 117 Cost. In particolare, con dette ordinanze, il predetto TAR ha evidenziato numerose criticità anche (e soprattutto) in relazione ai criteri di determinazione della base imponibile del Contributo, rilevando che – poiché detta base di calcolo (a cui applicare l’aliquota del 50%) è il risultato di un confronto fra il reddito IRES conseguito nel 2022 e la media dei redditi dei quattro periodi d’imposta precedenti – vi sarebbe il (più che fondato) “pericolo” di includervi voci che incrementano il reddito ma che non hanno collegamenti con l’extraprofitto collegato all’aumento dei prezzi[1].

Tale “pericolo” pare effettivamente sussistere se si considera che i sopra richiamati criteri di determinazione della base imponibile del Contributo non paiono per nulla coerenti con la finalità dello stesso di “contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori[2] e di intercettare così presunti extraprofitti. Si è invero osservato che, essendo la base imponibile del Contributo determinata secondo le disposizioni di cui agli artt. 83 e ss. del TUIR, lo stesso potrebbe verosimilmente finire per assoggettare ad imposizione materia imponibile che non corrisponde (almeno del tutto) ad asseriti sovra-profitti energetici. In applicazione delle predette norme, il reddito complessivo rilevante ai fini della determinazione del Contributo rischierebbe infatti di includere voci del tutto disancorate dalla produzione di extraprofitti derivanti dall’aumento dei prezzi nel settore energetico. Si pensi ad esempio – come evidenziato dallo stesso TAR Lazio – “ai fondi rischi, agli oneri o alle plusvalenze/minusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni, ovvero […] da eventi collegati all’operatività straordinaria delle imprese”. E ancora, più in generale, a tutte quelle vicende di per sé estranee alla gestione ordinaria (caratteristica) dell’impresa, “che individuano un incremento di reddito [ma] che non ha[nno] […] alcuna connessione con l’incremento dei prezzi dell’energia”.

2. Orbene è ragionevole ritenere che tra tali vicende debbano poter essere ricompresi anche quegli accadimenti da cui (come nelle fattispecie oggetto degli interpelli in commento) originano, sotto il profilo contabile-fiscale, sopravvenienze attive.

Detti componenti costituiscono, a ben vedere, gli elementi positivi di reddito dai quali meglio sembrerebbe evincersi la prospettata illogicità dei criteri di determinazione della base imponibile del Contributo. Le sopravvenienze attive infatti – pur considerate (in applicazione delle regole generali di individuazione del reddito di impresa ex art. 83 e ss. del TUIR, come ribadito nelle citate risposte ad interpello) nel computo del Contributo – appaiono per loro stessa natura del tutto inidonee ad intercettare extra-profitti connessi “con l’incremento dei prezzi dell’energia” (extra-profitti che il Contributo, almeno sulla carta, è destinato a colpire). Di qui la necessità di espungere tali componenti dal calcolo dell’imponibile del Contributo.

2.1. Sotto un primo e assorbente profilo, va ricordato che in materia di determinazione del reddito d’impresa le sopravvenienze attive sono disciplinate dall’art. 88 TUIR. All’interno di tale disciplina la dottrina suddivide le sopravvenienze in due categorie: le sopravvenienze attive proprie e le sopravvenienze attive per assimilazione. La prime sono disciplinate dal comma 1 dell’art. 88, secondo il quale costituiscono sopravvenienze attive proprie: (-) i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite o oneri dedotti ovvero di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi; (-) i ricavi o proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi; (-) la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi. Le seconde sono invece disciplinate dal comma 3 del citato art. 88, secondo cui costituiscono sopravvenienze attive c.d. assimilate taluni incrementi straordinari di ricchezza aziendale privi di una relazione con fatti economici (o patrimoniali) sorti e contabilizzati in precedenti periodi di imposta. Sono, in dettaglio, sopravvenienze assimilate: (-) le indennità conseguite a titolo di risarcimento (pure in forma assicurativa) per danni diversi da quelli che interessano i beni merce o i beni strumentali; (-) i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, eccetto i contributi che danno luogo a ricavi e i contributi per l’acquisto di beni ammortizzabili, a prescindere dal tipo di finanziamento adottato.

Da tale (pur sintetica) ricostruzione emerge chiaramente come sia le sopravvenienze proprie sia le sopravvenienze assimilate non possono che originare da accadimenti di natura straordinaria, che esulano del tutto dall’attività caratteristica dell’impresa. Ed infatti, le prime hanno la funzione di “rettificare” in aumento determinati risultati economici, contabilizzati in esercizi pregressi, che abbiano partecipato alla formazione del reddito. In altri termini, esse costituiscono lo strumento per attribuire rilevanza reddituale a rettifiche di costi e ricavi che altrimenti, in considerazione del principio di autonomia dei periodi di imposta e del principio di competenza, resterebbero fiscalmente irrilevanti (in quanto relativi a esercizi già chiusi). Le sopravvenienze assimilate sono invece (non già componenti positivi che rettificano poste precedentemente iscritte, bensì) fattispecie del tutto peculiari che comportano per l’impresa un incremento di ricchezza “occasionale” (o, meglio, non ricorrente). Queste – che di per sé non rientrerebbero propriamente nella nozione di “sopravvenienza attiva” – costituiscono il mezzo attraverso il quale il legislatore ha inteso attribuire rilevanza fiscale a taluni proventi (ritratti a titolo di risarcimenti, contributi o liberalità) connotati da un carattere di sostanziale estraneità alla normale gestione dell’impresa.

Quanto appena precisato, è facile constatare come nessuna delle due citate tipologie di sopravvenienze possa considerarsi “sintomatica” di un (asserito) realizzato sovra-profitto. Come si è osservato, infatti, dette poste originano esclusivamente da accadimenti di natura straordinaria, che nulla hanno a che vedere con l’attività caratteristica delle imprese operanti nel settore energetico. Con l’evidente conseguenza che – essendo tale ultima attività l’unica di per sé in grado di risentire delle vicende connesse all’incremento dei prezzi dei prodotti energetici – le sopravvenienze attive (che, per stessa definizione, non possono considerarsi rappresentative di utili collegati alla gestione ordinaria delle imprese, non attribuendo alcuna rilevanza ad eventi correlati al ciclo economico-produttivo delle stesse) risultano del tutto inidonee ad intercettare ipotetici sovra-profitti derivanti dall’attuale contesto congiunturale. Di tale contesto potrebbe invero beneficiare (“sovra-profittandone”) esclusivamente l’attività ordinaria dell’impresa energetica (e, in definitiva, i proventi dalla stessa direttamente ritratti). Da ciò pare derivare una prima conferma circa l’illegittimità della (arbitraria) ricomprensione delle sopravvenienze attive nella base di calcolo del Contributo.

2.2. Né si dica che l’inclusione di tali componenti nella base imponibile del Contributo trovi giustificazione nell’assunto che, proprio in considerazione dell’incremento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico, potrebbero in realtà verificarsi (a beneficio delle imprese della filiera energetica) accadimenti straordinari ad hoc in grado di determinare sotto il profilo contabile-fiscale l’emersione (non già di ricavi, bensì) di sopravvenienze attive di per sé sole rappresentative di un fantomatico extra-profitto (trattandosi, nella specie, di sopravvenienze derivanti, al pari delle poste reddituali connotanti l’attività ordinaria dell’impresa, dall’attuale situazione di crisi congiunturale). Una simile prospettazione costituirebbe un vero paradosso giuridico se si considera che, come già in parte rilevato:

1) le sopravvenienze “proprie” si caratterizzano per la presenza di due presupposti costitutivi. Il primo è dato dal carattere sopravvenuto del fatto generatore del componente positivo del reddito, perché non conosciuto né conoscibile in passato nella sua esistenza o nel suo esatto ammontare. Il secondo è la sua connaturale relazione con un componente economico (o con una passività patrimoniale) che abbia concorso alla formazione del reddito d’impresa, in un periodo di imposta precedente l’insorgere della sopravvenienza stessa[3];

2) le sopravvenienze “assimilate” emergono esclusivamente a fronte di situazioni particolari puntualmente individuate dal legislatore. Il citato art. 88, comma 3 del TUIR è infatti specifico nell’assoggettare a imposizione fiscale talune “indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa” e taluni “proventi in denaro o natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità”. Si tratta, dunque, di fattispecie impositive residuali, che il legislatore circoscrive a ipotesi limitate, non suscettibili di applicazione estensiva.

Quanto appena rilevato, emerge chiaramente come eventuali accadimenti di natura straordinaria dipendenti dall’incremento dei prezzi e delle tariffe del mercato energetico non sembrerebbero poter determinare l’emersione di sopravvenienze attive (meritevoli di essere incluse nel computo del Contributo). In primo luogo tali ipotizzati accadimenti non potrebbero comportare la rilevazione di una sopravvenienza propria, posto che – come sopra ricordato – detti componenti presuppongono una necessaria connessione dell’evento straordinario con una posta che abbia concorso alla formazione del reddito d’impresa in un precedente anno di imposta. Si tratterebbe paradossalmente di instaurare un’irragionevole correlazione tra accadimento straordinario e un (già rilevato) componente di reddito sorto in un periodo d’imposta (precedente) in cui dell’attuale contingenza economica (e dei correlati fantomatici sovra-profitti) non vi era neppure traccia. Per altro verso, gli ipotetici accadimenti straordinari non potrebbero neanche determinare l’emersione di una sopravvenienza assimilata, posto che il legislatore ha inteso circoscrivere la rilevanza di detti componenti a ipotesi ben limitate, quali risarcimenti, contributi o liberalità (insomma a elementi reddituali che prescindono dalla individuazione e conseguente tassazione di un eventuale sovra-profitto). Anche per tale via emergerebbe, dunque, l’illegittimità della ricomprensione delle sopravvenienze attive nella base di calcolo del Contributo.

2.3. Se ne trae definitiva conferma di come le sopravvenienze (proprie e assimilate) non siano di per sé idonee ad intercettare una materia imponibile coincidente con presunti sovra-profitti energetici. Si è infatti osservato come detti componenti non possono originare (nemmeno per le imprese energetiche) a fronte di eventi straordinari derivanti dall’attuale contesto di congiuntura economica che il legislatore ha inteso (quantomeno nelle intenzioni) ovviare anche tramite la previsione del Contributo. In questa prospettiva, ricomprendere le sopravvenienze attive nella base di calcolo del Contributo significherebbe assoggettare ad imposizione fiscale componenti di reddito non effettivamente (rispondenti al presupposto del tributo, poiché non) connessi all’aumento dei prezzi del settore energetico. E ciò in palese contrasto con i principi cardine dell’imposizione tributaria.

3. L’inclusione delle sopravvenienze attive nella base imponibile del Contributo finisce per tradursi in una manifesta violazione dei principi di eguaglianza e capacità contributiva. Ed infatti, se è vero che il Contributo di Solidarietà ha per presupposto tassabile i sovraprofitti energetici, allora l’intera struttura del tributo dovrebbe essere idonea ad isolare e a misurare quei supposti sovra-profitti, affinché la tassazione risponda a costituzione: idoneità di cui il Contributo è evidentemente privo (e l’inclusione delle sopravvenienze nella relativa base di calcolo ne costituisce una definitiva riprova).

3.1. Come già chiarito dalla Corte costituzionale nella ben nota sent. n. 10/2015 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della c.d. Robin Hood Tax (e come pure ribadito dal TAR Lazio nelle citate ordd. di rimessione della norma istitutiva del Contributo alla Consulta), la congiuntura economica caratterizzata da un eccezionale incremento dei prezzi di prodotti energetici può sensibilmente incrementare i margini di profitto degli operatori dei settori interessati e, dunque, costituire: “un elemento idoneo a giustificare un prelievo differenziato che colpisca gli eventuali “sovra-profitti” congiunturali”. Tuttavia: “affinché il sacrificio recato ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva non sia sproporzionato e la differenziazione dell’imposta non degradi in arbitraria discriminazione, la sua struttura deve coerentemente raccordarsi con la relativa ratio giustificatrice”. Ciò in quanto: “la possibilità di imposizioni differenziate deve pur sempre ancorarsi a una adeguata giustificazione obiettiva, la quale deve essere coerentemente, proporzionalmente e ragionevolmente tradotta nella struttura dell’imposta”.

Più in generale, infatti, nell’introdurre qualsivoglia fattispecie discriminatoria (quale è la norma istitutiva del Contributo), il legislatore deve sempre tener conto dell’insegnamento per cui:

il precetto enunciato nell’art. 53, primo comma, della Costituzione, per cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche, in ragione della loro capacità contributiva, va interpretato quale specificazione del generale principio di uguaglianza, […] che […] sul piano garantistico costituzionale […] deve essere inteso come espressione dell’esigenza che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza” (Corte cost. sent. n. 120/1972; negli stessi termini, Corte cost. sent. n. 155/1963). Sicché, sulla scorta di “…quel principio di eguaglianza tributaria, per cui la Corte ha affermato […] “che a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale», attuando in tal modo l’«esigenza che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza” […], la discriminazione qualitativa dei redditi […] richiede per dimostrarsi costituzionalmente legittima che a questa diversità corrisponda una peculiare e differenziata capacità contributiva” (così Corte cost. sent. n. 42/1980).

Ragion per la quale: “se, come nel caso in esame, il presupposto economico che il legislatore intende colpire è la eccezionale redditività dell’attività svolta in un settore che presenta caratteristiche privilegiate in un dato momento congiunturale, tale circostanza dovrebbe necessariamente riflettersi sulla struttura dell’imposizione” (così Corte cost. sent. n. 10/2015).

3.2. Sennonché, nessuna di tali indicazioni pare essere stata recepita nel Contributo di Solidarietà che, stante la peculiare irragionevole modalità di determinazione della relativa base imponibile, non riesce di per sé ad isolare un effettivo incremento dei profitti (e cioè un sovra-profitto) derivante dalla congiuntura economica. Ed infatti, nonostante una pluralità di indizi contenuti nel testo legislativo e nei relativi lavori preparatori suggeriscano che l’intento del legislatore fosse quello di colpire – con il Contributo in esame – i sovraprofitti conseguiti dai soggetti della filiera energetica nel contesto dell’attuale aumento dei prezzi del settore, in realtà la struttura del nuovo tributo (così come configurata) non appare per nulla coerente con detta ratio giustificatrice. In sostanza, il Contributo si dimostra di fatto completamente inadeguato allo scopo, in quanto il suo presupposto (con le relative regole di quantificazione) non si “riflette sulla struttura dell’imposizione”.

Emerge così appieno la più manifesta irragionevolezza della previsione istitutiva del Contributo laddove essa include, nella relativa base di calcolo, anche voci che – al pari delle sopravvenienze attive (oggetto dei recenti interpelli n. 16 e 18 del 2024) – nulla hanno a che vedere (e ciò è evidente!) con gli extra-profitti derivanti dall’incremento dei prezzi dei prodotti energetici. In detta prospettiva, non possono allora che condividersi le censure di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Lazio con le citate ordd. di rimessione, nell’auspicio che ad esse attribuisca egualmente rilievo anche la Consulta nell’esercizio del proprio sindacato di costituzionalità. La norma istitutiva del Contributo e la relativa prassi attuativa meriterebbero infatti (se non già un’integrale dichiarazione di incostituzionalità) quantomeno un’adeguata rivisitazione.

___________________________________

[1] Più in dettaglio, ad avviso del TAR Lazio, la norma istitutiva del Contributo si pone in contrasto con i principi di uguaglianza, proporzionalità, ragionevolezza e capacità contributiva, nella misura in cui, da un lato, assoggetta a contribuzione straordinaria componenti reddituali di per sé non riconducibili ad “extraprofitti” derivanti dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici e, dall’altro, non considera ai fini dell’individuazione della propria base imponibile la “riespansione” dei consumi a seguito della pandemia da Covid-19. In sostanza, secondo il TAR: “Le disposizioni di cui ai commi 115 e ss. dell’art. 1 della legge n. 197/2022 presentano diverse criticità con riferimento all’individuazione della base imponibile, la definizione della quale risulta, per più versi, non congruente con la dichiarata finalità di tassare gli incrementi di utili dipendenti dall’aumento dei prezzi dell’energia”. Più in dettaglio, il Giudice Amministrativo ha rilevato che: 1) “La base di calcolo del contributo di solidarietà per il 2023, alla quale applicare l’aliquota del 50 per cento, è dunque il risultato di un confronto fra il reddito IRES conseguito dal soggetto passivo nel periodo d’imposta antecedente al 1° gennaio 2023 – quindi nel 2022, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare – e la media dei redditi complessivi IRES dei quattro periodi d’imposta precedenti. Il reddito rilevante ai fini Ires, tuttavia, include, nella base di calcolo, anche voci che nulla a che vedere con gli “extraprofitti” derivanti dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici”; 2) “la disciplina del contributo straordinario appare poi in contrasto con il principio di capacità contributiva laddove non considera che una parte dell’incremento dei profitti realizzati nel 2022 rispetto alla media dei precedenti quattro anni non è dovuta a una maggiore capacità di produrre reddito dell’operatore economico, ma dipende dalla riespansione dei consumi energetici, che, nel corso degli anni 2020 e (in parte) 2021, si è contratta a causa della pandemia da Covid 19, così che una parte di quelli che vengono considerati “extraprofitti”, sia pure solo con riferimento ai criteri di calcolo della media rilevante, è semplicemente rappresentata dal ritorno al volume di affari pre Covid”.

[2] Cfr. Dossier Senato del 26 gennaio 2023, pag. 189. Più in dettaglio, nella circ. n. 4/E/2023 si legge che il Contributo dovrebbe colpire “gli utili eccedenti, verificatisi in capo alle società dei settori normativamente previsti”, i quali “non corrispondono agli utili ordinari che le stesse si sarebbero aspettati o avrebbero potuto prevedere di ottenere in circostanze normali, se non si fossero verificati eventi imprevedibili sui mercati dell’energia”.

[3] Cfr. Agenzia delle Entrate – Risposta 06/03/2023, n. 240, secondo la quale ai fini della disciplina delle sopravvenienze attive, rilevano: “(i) il carattere sopravvenuto del fatto generatore del componente positivo del reddito e (ii) la sua stretta relazione con un componente economico (o con una passività patrimoniale) che abbia concorso alla formazione del reddito di impresa in un periodo d’imposta precedente l’insorgere della sopravvenienza stessa”.

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