1. Come noto, la produzione di energia da fonti rinnovabili è da tempo oggetto di particolari forme di incentivazione che possono assumere (e nel corso degli anni hanno assunto) natura e configurazioni diverse.
In proposito vale ricordare che l’art. 2, comma 150, della L. 24.12.2007 n. 244 (Finanziaria 2008) aveva demandato ad un successivo decreto attuativo (segnatamente al D.M. del 18 dicembre 2008) il compito di stabilire nuove modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che, alla luce del richiamato decreto, sono state dunque individuate nel:
- rilascio dei certificati verdi, suscettibili di essere oggetto di compravendita sul mercato;
- l’applicazione di una tariffa fissa onnicomprensiva, di entità variabile a seconda della fonte utilizzata, per l’energia immessa nel sistema elettrico;
- il meccanismo dello “scambio sul posto” dell’energia prodotta.
Con specifico riguardo alla Tariffa onnicomprensiva (su cui intendiamo in questa sede soffermarci), va puntualizzato che si tratta di un incentivo monetario riconosciuto dal GSE [1] – in alternativa ai Certificati Verdi – in funzione della quota di energia elettrica netta immessa in rete da impianti di piccole dimensioni e “ritirata” dal GSE. Detto incentivo è definito “omnicomprensivo” proprio perché, innovando rispetto alle forme di incentivazione precedentemente previste, include in sé tanto la componente di incentivazione quanto la componente di valorizzazione dell’energia prodotta e immessa in rete [2].
2. I profili fiscali della Tariffa omnicomprensiva sono stati compiutamente analizzati dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 88 del 25 agosto 2010, dove – su specifico impulso del GSE che chiedeva di estendere anche a tale forma di incentivo le considerazioni già svolte dall’A.F. nella precedente circolare n. 46 del 19 luglio 2007 [3] in relazione alla diversa tariffa incentivante prevista dai c.d. conti energia per gli impianti fotovoltaici – ha fornito specifici chiarimenti sulla rilevanza di tale incentivo (ossia, la tariffa omnicomprensiva) ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA.
Andando con ordine, l’A.F. ha innanzitutto osservato che
“Il valore economico della Tariffa incorpora, seppur non in maniera esplicita, sia una quota incentivante che un corrispettivo per la vendita dell’energia (per questo motivo è definita “onnicomprensiva”)”.
Ciò nonostante,
“ancorché si componga di due quote, si configura come corrispettivo essendo corrisposta unitariamente a fronte dell’immissione in rete dell’energia elettrica prodotta e non autoconsumata. Nel caso di specie, infatti, la richiesta effettuata dal produttore di energia da fonte rinnovabile al Gse per ottenere, in alternativa ai certificati verdi, la tariffa omnicomprensiva, realizza un atto a titolo oneroso che implica la cessione dell’energia alla rete da parte del produttore e il pagamento di uno specifico compenso da parte del Gse”. Muovendo da tali considerazioni, l’Agenzia delle Entrate ha quindi concluso nel senso che la tariffa rilevi sia ai fini IRES/IRPEF che ai fini IVA, a meno che sia “corrisposta nei confronti di soggetti titolari di impianti da fonte eolica o da altre fonti, posti a servizio dell’abitazione o della sede dell’ente oppure di impianti di potenza fino a 20 kw. Tale interpretazione discende dalla considerazione che l’immissione in rete di energia, quando è effettuata alle suddette condizioni, non configura un’attività commerciale svolta abitualmente in quanto l’impianto è destinato a soddisfare principalmente bisogni personali” [4].
A prescindere dalle conseguenze sul piano fiscale, il menzionato precedente di prassi è rilevante perché evidenzia una differenza ontologica tra le due forme di incentivo corrisposte ai produttori di energia da fonti rinnovabili: pur condividendo la stessa finalità, la tariffa incentivante di cui al conto energia, analizzata nella circolare n. 46/2007, è sempre esclusa da IVA, in quanto contributo a fondo perduto; diversamente, la tariffa omnicomprensiva, essendo erogata a fronte della cessione dell’energia alla rete, si qualifica integralmente come corrispettivo, indipendentemente dal fatto che è composta da due quote di diversa natura (i.e., la quota incentivo e la quota prezzo).
Successivamente, l’Agenzia delle Entrate è tornata ad occuparsi del trattamento fiscale degli incentivi corrisposti dal GSE con la circolare n. 36 del 2013, avente ad oggetto, in dettaglio, le tariffe corrisposte ai titolari di impianti fotovoltaici in forza del c.d. V Conto Energia previsto dal D.lgs. n. 28 del 3 marzo 2011 e dal DM del 5 luglio 2012 [5]. Il V Conto Energia, in particolare, diversamente dai meccanismi di incentivazione previsti dai Conti Energia precedenti, ha sostituito il meccanismo d’incentivazione fino ad allora basato sul riconoscimento di una tariffa incentivante su tutta l’energia prodotta dall’impianto, prevedendo l’erogazione di due diversi incentivi calcolati in base all’effettivo utilizzo dell’energia prodotta [6] e così articolati:
- una “tariffa omnicomprensiva”, per l’energia immessa in rete derivante da impianti di potenza fino a 1 MW, e da una “tariffa premio” per l’energia netta consumata in sito; oppure
- un importo, pari alla differenza tra la tariffa omnicomprensiva e il prezzo orario zonale, per l’energia immessa in rete derivante da impianti di potenza superiore a 1 MW, e da una “tariffa premio” per l’energia netta consumata in sito.
Anche in questo caso è pacificamente riconosciuto che la tariffa omnicomprensiva è così denominata in quanto incorpora sia una quota incentivante, sia il corrispettivo per la vendita dell’energia al GSE. Ciò in piena continuità con quanto previsto da DM del 18 dicembre 2008 per gli impianti da fonti rinnovabili diverse da quelle fotovoltaiche.
Parimenti, dal punto di vista fiscale, nella citata circolare 36 del 2013 l’Agenzia delle Entrate ha raggiunto le stesse conclusioni già formulate nella precedente risoluzione n. 88 del 2010, specificando che
“tale tariffa, ancorché si componga di due quote, si configura come corrispettivo in quanto è corrisposta unitariamente a fronte dell’immissione in rete dell’energia elettrica prodotta e non autoconsumata. Pertanto, poiché è erogata in relazione alla cessione di un bene (energia), la stessa, se percepita da un soggetto che svolge attività commerciale o agricola ai sensi degli articoli 2195 e 2135 del codice civile, ovvero attività di lavoro autonomo, è rilevante ai fini dell’IVA, delle imposte dirette e dell’IRAP” [7].
3. In tale quadro sostanzialmente inequivoco si è innestato l’intervento del Legislatore in tema di tassazione agevolata delle c.d. “agroenergie” [8]; quest’ultimo, da ultimo con l’art. 6 del decreto legge 30 marzo 2023, n. 34, ha sottolineato la differenza esistente tra le due componenti della tariffa omnicomprensiva e, muovendosi in contrasto con l’orientamento sopra descritto dell’Agenzia delle Entrate, ha disposto l’assoggettabilità a tassazione della sola quota prezzo della predetta tariffa, con conseguente esclusione da tassazione della quota incentivo [9].
La presa di posizione del Legislatore [10] – che si fonda evidentemente sulla possibilità di distinguere le due componenti della tariffa, in modo da assoggettare a tassazione solamente la quota corrispondente alla valorizzazione dell’energia ceduta – si pone in contrasto con la definizione di tariffa omnicomprensiva da sempre contenuta nei documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate: come si è visto, infatti, benché consapevole dell’esistenza di una quota incentivo all’interno della tariffa omnicomprensiva, quest’ultima ha sempre sostenuto che la natura di detta quota dovesse considerarsi in un certo senso “regressiva” rispetto alla natura globale di corrispettivo attribuibile all’intera tariffa; ciò anche in considerazione del fatto che essendo stata introdotta proprio per superare le precedenti forme di incentivo previste per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in aggiunta al prezzo di vendita dell’energia stessa, la tariffa omnicomprensiva non poteva che essere globalmente considerata, in quanto corrispettivo dell’energia immessa in rete e ritirata dal GSE, indipendentemente dalle sue componenti intrinseche.
Muovendo da tale circostanza, bisognerebbe allora comprendere se detto intervento normativo è, come sembra, da ritenersi applicabile alla sola tassazione delle agroenergie, con conseguente esclusione (quantomeno in assenza di ulteriori chiarimenti) di tutti gli altri casi in cui i titolari di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (non connesse con alcuna attività agricola) pure percepiscono una tariffa omnicomprensiva. Ed invero, la peculiarità del settore in cui è stata prevista l’esclusione da tassazione della quota incentivo (appunto, quello delle agroenergie in cui è già prevista una forma di tassazione forfetaria a cui la detassazione di una delle componenti della tariffa va ad aggiungersi) è tale da non consentire un’applicazione automatica a tutti i destinatari della tariffa omnicomprensiva in commento [11].
In questo panorama, costituisce un dato di fatto l’incertezza che si è venuta a creare negli operatori: ne è conferma la sentenza n. 2662 del 6 settembre 2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia: la Corte, riformando integralmente la sentenza di prime cure, ha confermato l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate che, in linea con le indicazioni della risoluzione n. 88/E del 2010, aveva confermato l’imponibilità dell’intera tariffa omnicomprensiva, inclusa la parte corrisposta a titolo di incentivo. Nello specifico, i Giudici milanesi hanno ritenuto inapplicabili al caso di specie le disposizioni dell’art. 1, comma 423, della L. n. 266/2005 in tema di agroenergie osservando come
“in caso di tariffa onnicomprensiva, non esista una quota incentivo, trattandosi di una tariffa già determinata dallo stesso legislatore che comprende tutte le componenti legate alla cessione dell’energia elettrica, senza che sia possibile distinguere tra le varie voci. La tariffa onnicomprensiva, in particolare, si configura come un corrispettivo, essendo corrisposta unitariamente, a fronte dell’immissione in rete dell’energia elettrica prodotta e non autoconsumata, rappresentando una quota fissa, non soggetta a oscillazioni dei mercati e non soggetta a prezzi variabili in base alla legge della domanda e della offerta. A conferma di tale circostanza rileva il fatto che manca alcun riferimento normativo nelle disposizioni in vigore, volto appunto alla determinazione della quota di incentivo all’interno della tariffa onnicomprensiva”.
In senso opposto, invece, si è pronunciata la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Pavia con la sentenza n. 195 del 26 settembre 2023, ove il Collegio giudicante ha ritenuto di dover accogliere il ricorso del contribuente che aveva “assoggettato ad imposizione solo la quota relativa alla valorizzazione dell’energia ceduta, … scorporando la residua quota Incentivo non tassabile (€, 0,233/KWh) applicando quanto previsto dall’art. 1 co. 423 della Legge n. 266/2005, come modificato dall’art. 1 co. 910 della Legge n. 208/2015”.
La questione è certamente d’interesse perché la produzione di energia da fonti green è un obiettivo sempre più improrogabile per il nostro Paese ed è evidente che gli incentivi a tale settore, ove previsti, devono essere coerenti, oltre che certi nelle loro modalità di fruizione.
Tale considerazione, poi, appare ancora più rilevante nel momento storico attuale in cui si cerca di dare impulso, dopo l’approvazione delle disposizioni di attuazione (come anticipato su questo sito), a nuove forme di “produzione e consumo associato” di energia elettrica come i gruppi di autoconsumo collettivo o le c.d. CER (Comunità energetiche rinnovabili). Ed invero, a conclusione della disamina, sotto il profilo fiscale, degli importi corrisposti dal GSE ai titolari di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili a fronte dell’immissione in rete dell’energia stessa, è opportuno osservare che l’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 37 del 20 gennaio 2022 [12], ha analiticamente analizzato anche gli aspetti fiscali dei vari emolumenti corrisposti dal GSE alle predette comunità energetiche o ai gruppi di autoconsumo.
In particolare, muovendo da una logica del tutto diversa da quella sottesa all’erogazione della tariffa omnicomprensiva, la tassazione delle somme erogate dal GSE ai gruppi di autoconsumo collettivo e alle CER è, per stessa ammissione dell’Amministrazione finanziaria, molto più simile a quella analizzata dalla sopra richiamata circolare n. 46/E del 2007 con riferimento alle tariffe incentivanti erogate a fronte della “mera” produzione di energia rinnovabile e alle tariffe corrisposte a fronte della immissione della stessa energia della rete mediante lo strumento del c.d. “ritiro dedicato” (che, come chiarito sub precedente nota 6, non è compatibile con l’applicazione della tariffa omnicomprensiva). Ebbene, v’è da dire che anche nel caso dei gruppi di consumo e delle CER di cui alla risposta n. 37/2022, così come visto nella circolare n. 46/2007, la natura di “puro incentivo” della tariffa erogata per la produzione e l’autoconsumo, da un lato, e la natura di “puro corrispettivo” delle somme erogate per l’immissione dell’energia in rete, dall’altro, dovrebbero essere sufficienti a garantire, sotto questo profilo, un trattamento fiscale più lineare rispetto a quello riservato alla tariffa omnicomprensiva; ciò se non altro per l’evidenza, anche da una prospettiva terminologica, della ragione sottesa all’erogazione delle varie somme.
___________________________________
[1] Quantomeno in origine e salvi gli sviluppi successivi, di cui si dirà meglio infra.
[2] È opportuno sottolineare fin da subito che per alcuni impianti di minori dimensioni era comunque prevista la possibilità, a determinate condizioni, di mantenere l’energia non autoconsumata nella disponibilità dei produttori che potevano decidere di venderla sul mercato, senza che fosse ritirata dal GSE. In questo caso, ai sensi del D.M 23 giugno 2016 è stata prevista l’erogazione della c.d. “tariffa incentivante” che, a differenza della tariffa omnicomprensiva, corrisponde all’incentivo “puro”.
[3] In detta circolare l’A.F. ha affrontato il tema delle agevolazioni erogate a privati e imprese per la produzione e la vendita di energia fotovoltaica nell’ambito del “conto energia” disciplinato dal D.lgs. n. 387/2003 e dal DM 19 febbraio 2007, precisando come esse si articolino in un contributo (c.d. tariffa incentivante) corrisposto per la produzione di energia fotovoltaica e una tariffa corrisposta a fronte della cessione dell’energia prodotta al gestore della rete elettrica.
In merito all’assoggettamento ad imposizione delle somme percepite dal proprietario dell’impianto fotovoltaico, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
le somme corrisposte a titolo di tariffa incentivante rappresentano contributi in conto esercizio e concorrono, in quanto tali, alla formazione del reddito d’impresa e della base imponibile IRAP;
i ricavi derivanti dalla vendita dell’energia al gestore rappresentano ordinari componenti positivi di reddito, rilevanti come tali sia ai fini dell’IRPEF/IRES che ai fini dell’IRAP.Ai fini dell’IVA, la tariffa incentivante è fuori campo ex art. 2 co. 3 lett. a) del DPR 633/72, in quanto rappresenta un contributo a fondo perduto, a fronte del quale non viene effettuata alcuna prestazione in favore del soggetto erogatore. Vanno invece ordinariamente assoggettati ad IVA i ricavi della vendita di energia.
Qualora tali somme siano percepite da privati, al di fuori dell’esercizio di un’attività commerciale, l’Agenzia delle Entrate ha invece precisato che la tariffa incentivante non rileva ai fini delle imposte dirette, mentre le somme percepite a fronte della vendita dell’energia costituiscono redditi diversi, ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. i) del TUIR.
[4] Nel qual caso assume rilevanza solo ai fini delle imposte dirette, come reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera i), del Tuir.
[5] Come osservato retro, prima dell’introduzione del “V Conto Energia”, il meccanismo di incentivazione era rappresentato dalla c.d. “tariffa incentivante”, consistente nell’erogazione di una somma di denaro erogata in relazione alla quantità di energia prodotta (quindi a prescindere dall’uso dell’energia stessa fatto dal proprietario) per un determinato periodo di tempo, allo scopo di garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio. Il “V Conto Energia”, invece, presenta caratteristiche in parte diverse meritevoli di analisi specifica.
[6] Per completezza, si può ricordare che secondo quanto si legge sul sito del GSE, gli impianti soggetti all’applicazione della tariffa onnicomprensiva non possono accedere al regime del c.d. “Ritiro Dedicato”, ossia a quella modalità semplificata di commercializzazione dell’energia elettrica prodotta e immessa in rete, consistente nella cessione al GSE dell’energia stessa, su richiesta del produttore e in alternativa al libero mercato, secondo principi di semplicità procedurale e applicando condizioni economiche di mercato.
[7] L’analogia tra la tariffa omnicomprensiva del V Conto Energia e quella del DM del 18 dicembre 2008 era stata invero evidenziata già nella risposta ad interpello della DRE Lazio del 6 dicembre 2012 n. 954-174106, secondo cui “si ritiene che “la tariffa omnicomprensiva” prevista dal citato decreto ministeriale 5 luglio 2012, rappresentando il prezzo dell’energia immessa in rete, presenti le stesse caratteristiche della “tariffa fissa omnicomprensiva”. Con conseguente assimilazione, in linea di principio, del trattamento fiscale delineato nella risoluzione n. 88/E del 2010”.
[8] Ai sensi dell’art. 1, comma 423, della L. n. 266/2005, come sostituito dall’art. 1, comma 910, L. del 28 dicembre 2015 n. 208, le attività di produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, sono considerate attività connesse a quelle tipiche dell’imprenditore agricolo di cui all’art. 2135, primo comma, cod. civ., e si considerano produttive di reddito agrario determinato su base catastale ex art. 32 del TUIR. All’opposto, la produzione eccedente le soglie normativamente previste genera reddito d’impresa da determinarsi forfetariamente, e segnatamente, applicando un coefficiente di redditività del 25% all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’IVA, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta. Per maggiori approfondimenti sul regime delle agroenergie sia consentito il rinvio a C. Lombardozzi, Il regime di tassazione agevolata delle c.d. “agroenergie” alla luce delle novità previste dal d.l. n. 34/2023, del 16 giugno 2023; V. Vasta, Tassazione forfettaria delle agroenergie: il criterio di connessione guarda al volume d’affari complessivo, del 21 febbraio 2024, entrambi su questo sito (qui e qui).
[9] Tale esclusione da tassazione è stata poi ribadita anche nell’art. 6, d.l. n. 34 del 30 maggio 2023.
[10] Per completezza si osserva che, ai sensi del D.M del 13 febbraio 2024, oggetto di ampio approfondimento nell’articolo in corso di pubblicazione su questo sito (V. Vasta, Agrivoltaico sperimentale e sviluppo sostenibile: contributo in conto capitale e tariffa incentivante a supporto delle energie rinnovabili), avente ad oggetto l’incentivazione dei cosiddetti “sistemi agrivoltaici di natura sperimentale”, è previsto, all’art. 10, che la tariffa omnicomprensiva spetti solamente per gli impianti di potenza non superiore a 200 kW, salvo diversa opzione dei soggetti titolari. Diversamente, “per gli impianti di potenza superiore a 200 kW, lienergia elettrica prodotta resta nella disponibilità del produttore, che provvede autonomamente alla valorizzazione sul mercato. Il GSE calcola la differenza tra la tariffa spettante e il prezzo dell’energia elettrica zonale orario e: 1) ove tale differenza sia positiva, eroga gli incentivi applicando una tariffa premio, pari alla predetta differenza, sulla produzione netta immessa in rete; 2) nel caso in cui tale differenza risulti negativa, conguaglia o provvede a richiedere al soggetto titolare gli importi corrispondenti”. In questo secondo caso, quindi, i titolari degli impianti hanno diritto ad una tariffa incentivante che non “incorpora” il corrispettivo per la vendita dell’energia e si differenzia quindi dalla tariffa omnicomprensiva.
[11] È rilevante la circostanza per cui i vari tentativi di approvazione di disposizioni interpretative, volte a chiarire ancor di più l’esclusione della quota incentivante dalla tariffa omnicomprensiva, siano stati finora resi vani dalla mancata approvazione parlamentare. Cfr. in questo senso, L. Ambrosi – A. Iorio, Guida del Gse: imponibile solo la componente del «ritiro dell’energia», in Il Sole 24 Ore del 29 gennaio 2024.
[12] Per un maggiore approfondimento si rinvia, su questo sito, al contributo del 19 aprile 2023 di L. Salvini, Profili fiscali delle comunità energetiche rinnovabili.