La direttiva “case green”
Direttiva UE 2024/1275 (EPBD - Energy Performance of Building Directive)
È stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, Serie L dell’8 maggio 2024, la Direttiva UE 2024/1275, meglio conosciuta come “Direttiva case green”, che fa parte dell’ambizioso pacchetto di riforme “Fit for 55”, il quale mira al raggiungimento della totale decarbonizzazione dell’area UE entro il 2050.
Preme, in primo luogo, analizzare gli obiettivi che la misura in esame si prefigge.
Il macro-obiettivo intermedio è la riduzione sostanziale del consumo energetico e delle emissioni inquinanti prodotte da case e palazzi entro il 2035, mentre quello definitivo è la realizzazione di immobili che non producano alcuna emissione inquinante, entro il 2050.
I micro-obiettivi, invece, sono differenti, a seconda che si faccia riferimento a:
- edifici residenziali già esistenti;
- edifici non residenziali già esistenti con prestazioni energetiche basse;
- edifici di nuova costruzione (sia residenziali che non).
Per i primi, la Direttiva mira a ridurne l’energia primaria media utilizzata in misura pari al 16% entro il 2030 e al 20-22% entro il 2035.
Per i secondi, invece, la Direttiva impone agli Stati di fissare delle norme minime di prestazione energetica, e si prevede che ne venga ristrutturato il 16% entro il 2030 e il 26% entro il 2033.
Infine, per quanto concerne i nuovi edifici, questi dovranno “nascere” a emissioni 0, a partire dal primo gennaio 2028 se si tratta di proprietà pubbliche e dallo stesso giorno, ma del 2030, se si tratta di proprietà private.
La Direttiva contiene, inoltre, misure molto importanti per quanto concerne il fotovoltaico: in sostanza, si prevede un sistema di obblighi progressivi di installazione di impianti fotovoltaici, che vedrà coinvolti per primi, a partire dal 2027, i nuovi immobili non residenziali con superficie utile superiore a 250 mq.
Un altro settore molto colpito dalla misura in esame è quello delle caldaie a combustibili fossili: la Direttiva impone agli Stati membri, infatti, di sospendere, a decorrere dal primo gennaio 2025, tutti i sussidi relativi a questo tipo di strumento.
In generale, è richiesta agli Stati membri l’elaborazione di piani volti all’eliminazione graduale dell’utilizzo delle caldaie a combustibili fossili, con l’obiettivo di giungere alla loro totale eliminazione entro il 2040.
La Direttiva lascia la possibilità agli Stati membri di esentare dalle misure alcune tipologie di edifici, fra i quali spiccano gli edifici storici e quelli vincolati e protetti, nonché i luoghi di culto, le abitazioni indipendenti con superficie < 50 m2, le case vacanza, le seconde case occupate per meno di 4 mesi/anno.
È inoltre importante sottolineare che la Direttiva non va a prevedere in via autonoma un vero e proprio meccanismo sanzionatorio in caso di mancato adeguamento alle sue previsioni: questa fattispecie, nell’economia della misura in esame, è stata rimessa alla discrezionalità degli Stati membri.
Se una vera e propria analisi d’impatto sarà possibile solo nel futuro, è però già da ora possibile tentare di delineare un quadro dei pregi e delle criticità della Direttiva appena esaminata.
Dal primo punto di vista, è evidente che la misura rappresenti un passo fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici e la decarbonizzazione del settore edile, uno dei principali responsabili delle emissioni di gas serra in Europa. Inoltre, i cittadini europei potranno risparmiare sulle bollette energetiche grazie all’utilizzo di edifici più efficienti, che garantiscono anche un maggiore comfort abitativo, con temperature interne più stabili e un’aria più pulita.
A fronte di questi importanti aspetti positivi, emergono però delle potenziali criticità da non sottovalutare: la ristrutturazione degli edifici per renderli più efficienti dal punto di vista energetico, infatti può essere costosa, soprattutto per i proprietari di immobili con bassi redditi, così come l’applicazione della Direttiva potrebbe risultare molto difficile in alcuni Stati membri, fra i quali figura l’Italia, caratterizzati da un parco immobiliare obsoleto.
La riqualificazione degli edifici potrebbe inoltre, in assenza di una opportuna regolamentazione, portare all’aumento dei prezzi degli affitti, con il rischio di spiazzare le famiglie a basso reddito dai centri delle città.
Ad ogni modo, nonostante le criticità, la Direttiva Case Green rappresenta un passo importante verso un futuro più sostenibile per l’Europa. Il successo della direttiva dipenderà dalla capacità degli Stati membri di attuarla in modo efficace e di mettere a disposizione le risorse necessarie per aiutare i cittadini ad affrontare i costi della ristrutturazione.