27/05/2024

Il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento, tramite l’art. 38 del D.L. n. 19/2024, un nuovo credito d’imposta in materia energetica, il c.d. “credito transizione 5.0”, la cui finalità consiste nel voler incentivare la transazione energetica e digitale nel nostro Stato che, com’è noto, costituisce uno degli obiettivi principali del PNRR.

Invero, in una nota redazionale pubblicata su questo blog si è già avuta l’occasione di parlare della struttura di tale disposizione, alla quale, pertanto, si rinvia per una sua puntuale disamina.

In questa sede, invece, occorre approfondire esclusivamente i temi riguardanti il presupposto per fruire di tale agevolazione, ovverosia quali investimenti sia necessario effettuare per poter usufruire del credito d’imposta e, più nel dettaglio, se ciò sia possibile nel caso in cui vengano compiuti investimenti in impianti fotovoltaici.

A questo proposito, in via preliminare, si ricorda brevemente che per poter beneficiare del credito viene richiesto alle imprese e/o alle stabili organizzazioni residenti nel territorio dello Stato di effettuare investimenti in strutture produttive nell’ambito di progetti di innovazione da cui ne consegue una riduzione dei consumi energetici.

Da quanto sopra se ne deduce, dunque, che è richiesto al soggetto passivo di redigere un progetto di innovazione teso a ridurre il consumo di energia, il quale prevede per la sua attuazione l’investimento in determinati beni.

Detti beni vengono individuati puntualmente nei vari commi della disposizione in commento,

da cui si evince che sono agevolabili:

  • gli investimenti in beni materiali ed immateriali nuovi di cui agli allegati A e B della L. n. 232/2016 (i c.d. beni industria 4.0) nonché i software che garantiscono il monitoraggio continuo e quelli relativi alla gestione dell’impresa ( 4);
  • gli investimenti in beni materiali nuovi finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili ( 5);
  • le spese effettuate per la formazione del personale finalizzate a far acquisire o consolidare le competenze per la transazione digitale ed energetica ( 5).

Tuttavia, proprio il modo in cui è strutturata la norma fa sorgere alcuni dubbi interpretativi.

L’art. 38 del D.L. n. 19/2024, infatti, distingue gli investimenti di cui al co. 4 da quelli di cui al co. 5, utilizzando, peraltro, una formulazione letterale diversa.

Infatti, mentre l’art. 38 co. 4 sancisce che i beni industria 4.0 sono agevolabili “a condizione che, tramite gli stessi, si consegua complessivamente una riduzione dei consumi (…) cui si riferisce il progetto di innovazione”, il co. 5 ha una formulazione differente e prevede che “nell’ambito dei progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi (…) sono inoltre agevolabili” gli investimenti finalizzati all’autoproduzione di energia e le spese effettuate per la formazione del personale.

Per com’è scritta la disposizione in commento, dunque, sembrerebbe evincersi che la riduzione dei consumi debba avvenire mediante gli investimenti in beni 4.0 (di cui al co.4) e che, solo laddove nel progetto di innovazione siano presenti ulteriori investimenti (ovverosia quelli previsti nel co. 5), essi siano altresì agevolabili.

In sostanza, le spese sostenute dall’impresa in beni materiali finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e/o in spese effettuate per formare il personale delle adeguate competenze sarebbero oggetto del relativo credito di imposta solo se considerate alla stregua di spese accessorie rispetto a quelle sostenute per l’acquisto di beni di cui al co.4.

Tuttavia, se tanto è vero – e dunque la finalità cui la norma mira deve essere raggiunta tramite l’investimento principalmente nei c.d. beni di industria 4.0 – il quesito che, allora, ci si pone riguarda quale rapporto debba intercorrere tra i beni individuati nel co. 4 e quelli del co. 5.

In altre parole, potrebbe sorgere il dubbio se questi ultimi siano da considerare agevolati semplicemente perché effettuati contestualmente all’acquisto dei beni di industria 4.0, ovvero, se sia necessario verificare la sussistenza di un nesso funzionale con questi ultimi.

Secondo questa più rigida interpretazione, ad esempio, verrebbe considerato agevolato l’investimento in un impianto fotovoltaico non già e semplicemente perché effettuato contestualmente a spese in beni digitali, bensì perché esso è parte del progetto di innovazione che l’impresa porta avanti allo scopo di ridurre il proprio consumo energetico.

È facile intuire che tale incertezza possa assumere una notevole importanza per chi sia intenzionato ad usufruire di tale credito d’imposta e di conseguenza, così come sostenuto da Assonime con la Consultazione n. 5/2024, è auspicabile un intervento diretto del legislatore.

Invero, in ottica prudenziale, si potrebbe sostenere come hanno fatto i primi commentatori[1] che, siccome il co. 4 dell’art. 38 cit. annovera tra i beni anche i software che consentono di monitorare il flusso dei consumi energetici, l’eventuale investimento in un impianto fotovoltaico potrebbe essere agevolato laddove sia ad esso ricollegabile.

In sostanza, nel caso in cui si dovesse investire in un impianto finalizzato all’autoproduzione di energia si potrebbe ottenere il credito d’imposta se contestualmente si investe in un software che garantisca la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta.

In questi casi, infatti, il credito sembrerebbe essere senza dubbio spettante poiché non solo l’impresa ha investito contestualmente nei beni di cui al co. 4 e al co. 5 della disposizione, ma essi sono entrambi parte del progetto di innovazione che il contribuente ha effettuato per ridurre il proprio consumo energetico, rispettando così anche l’eventuale (e dubbia) condizione di accessorietà tra i beni.

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[1] V. P. Alberti e E. Zanetti, “Bonus transizione 5.0 con rebus per il fotovoltaico” in Eutekne.info del 29 marzo 2024.

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