26/06/2024

1. Il trattamento civilistico, contabile e fiscale delle comunità energetiche rinnovabili (in breve, CER) costituite ai sensi dell’art. 31 d.Lgs. n. 199/2021 e ammesse a beneficiare degli incentivi previsti dal Decreto MASE n. 414 del 7 dicembre 2023 (c.d. “Decreto CACER”) e dal Testo Integrato per la regolazione dell’Autoconsumo Diffuso (“TIAD”), approvato con deliberazione ARERA 727/2022/R/EEL del 27 dicembre 2022, poi integrato e modificato dalla deliberazione 15/2024/R/EEL del 30 gennaio 2024, appare inevitabilmente condizionato dalla forma organizzativa adottata.

Tra gli istituti ritenuti idonei a garantire il perseguimento, da parte della CER, dei benefici ambientali, economici o sociali ricercati dalla normativa di settore, la disciplina contenuta all’interno dell’art. 31 d.Lgs. n. 199/2021 parrebbe, in particolare, legittimare a pieno titolo il ricorso al modello delle società cooperative di cui al Libro V, Titolo VI, capo I, del codice civile ([1]).

Quale innovativo ed evoluto strumento di gestione del sistema di approvvigionamento energetico legato all’impiego di fonti rinnovabili, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2018/2001/UE (Renewable Energy Directive Recast, c.d. RED II) definisce, infatti, le CER come “soggetti giuridici” che: a) “conformemente al diritto nazionale applicabile”, si basano “sulla partecipazione aperta e volontaria”, sono autonomi ed effettivamente controllati “da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione”; b) “i cui azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali”; c) “il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari”.

Analoga definizione è contenuta nel d.Lgs. n. 199/2021, che individua specifici meccanismi di incentivazione operanti per le configurazioni di autoconsumo per la condivisione di energia rinnovabile (“CACER”), qualificando le CER come soggetti “di diritto autonomo” controllati esclusivamente da “persone fisiche, PMI, associazioni con personalità giuridica di diritto privato, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco delle amministrazioni pubbliche divulgato dall’Istituto Nazionale di Statistica … che sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione”, aventi come “obiettivo principale… quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari” (art. 31 d.lgs. n. 199/2021).

2. Se dunque, alla luce delle richiamate previsioni, pochi dubbi possono sussistere sulla compatibilità tra modello cooperativo e comunità energetiche di autoconsumo, è per altro verso chiaro ([2]) che una CER costituita in forma di società cooperativa (i) debba necessariamente intrattenere rapporti di scambio con i propri soci; (ii) tali rapporti di scambio non possano che presentare natura sinallagmatica e comportare, più nello specifico, la pattuizione (in danaro o in natura) di corrispettivi volti a remunerare, a seconda dei casi, il consumo di beni o servizi resi dalla cooperativa al socio (in presenza di una cooperativa di consumo o di utenza) o, secondo un differente modello operativo, l’apporto di specifici fattori produttivi da parte dei soci nei confronti della cooperativa (nelle cooperative di produzione e lavoro).

Tali considerazioni di fondo inducono ad interrogarsi sulla possibile ed eterogenea qualificazione negoziale del rapporto privatistico (diverso e ulteriore rispetto a quello associativo) intercorrente tra la cooperativa CER e i propri membri: dovendosi escludere in radice la possibilità che una cooperativa CER non evidenzi in bilancio specifiche voci di costo o di ricavo derivanti dall’attività svolta con i soci, è evidente come la riconducibilità di un soggetto costituito ai sensi dell’art. 31 d.lgs. n. 199/2021 (che persegua, dunque, lo scopo di “fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità”) nel novero delle cooperative di consumo/utenza o di produzione/lavoro dipenda essenzialmente ed esclusivamente dal diverso tipo di relazione negoziale instaurata con i soci; relazione negoziale che non sembra, a prima vista, trovare specifica regolamentazione né all’interno della normativa primaria, né nell’ambito delle successive misure di attuazione, e che appare, pertanto, liberamente configurabile da parte dei membri della CER all’interno dello statuto.

3. Per convincersi di tale assunto, è sufficiente muovere dal disposto dell’art. 32, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 199/2021, il quale prevede che “i clienti finali” organizzati in una delle configurazioni di autoconsumo “regolano i rapporti tramite un contratto di diritto privato”; la richiamata disposizione è chiara nella parte in cui riserva alle parti del servizio di autoconsumo diffuso la scelta tra un’ampia gamma di modelli contrattuali; tali modelli contrattuali potrebbero, dunque, alternativamente valorizzare la funzione “intermediaria” della CER rispetto al GSE: (i) ai fini della produzione di energia FER o, alternativamente, (ii) ai fini della fruizione del servizio di autoconsumo diffuso da parte dei propri membri.

Questa lettura non è del resto in contrasto con la dimensione solidaristica e sociale del fenomeno CER, che non impone alla comunità energetica di fornire servizi gratuitamente ai soci, né preclude ai membri della stessa di beneficiare anche economicamente della produzione di energia condivisa ([3]). Estremamente indicativa, da questo punto di vista, è la previsione contenuto nell’art. 3, comma 2, lett. g) del DM 414, la quale (nella parte in cui stabilisce che “le CACER assicurano, mediante esplicita previsione statutaria, pattuizione privatistica, o, nel caso di autoconsumo individuale, dichiarazione sostitutiva di atto notorio, che l’eventuale importo della tariffa premio eccedentario, rispetto a quello determinato in applicazione del valore soglia di quota energia condivisa espresso in percentuale di cui all’Allegato 1, sia destinato ai soli consumatori diversi dalle imprese e\o utilizzato per finalità sociali aventi ricadute sui territori ove sono ubicati gli impianti per la condivisione”) conferma per tabulas che i (limitati) vincoli previsti per la remunerazione dell’energia condivisa all’interno della comunità energetica operano solo in relazione ai membri della CER che assumano veste imprenditoriale ([4]).

A fronte di un quadro normativo – almeno in apparenza – neutrale, sembrerebbero dunque ad oggi pienamente ammissibili configurazioni che prevedano la riconducibilità della cooperativa CER:

i. alle cooperative di consumo/utenza, in presenza di uno o più “servizi” (tra cui quello di accesso al servizio di autoconsumo diffuso) prestati dalla cooperativa a fronte di uno specifico corrispettivo da parte dei soci ([5]);

ii. alle cooperative di produzione, qualora lo schema negoziale adoperato valorizzi in termini economici l’apporto dei soci (a seconda dei casi, nella loro veste di consumatori e/o produttori di energia FER) quale fattore produttivo cui è connessa la percezione degli incentivi previsti dal d.lgs. n. 199/2021 per l’attività di condivisione energetica ([6]);

iii. alle cooperative miste, qualora il rapporto contrattuale presenti elementi riconducibili alle tipologie di cui sub i. e ii.

La scelta tra le varie opzioni di cui sopra avrà impatti di rilievo:

i. ai fini del calcolo della prevalenza mutualistica, con specifico riferimento ai parametri contabili previsti dagli artt. 2512 e 2513 c.c. che consentono di stabilire se la gestione di servizio della società cooperativa risulti prevalente rispetto allo svolgimento di attività lucrative con i terzi;

ii. ai fini delle specifiche agevolazioni e delle misure strutturali (per tutte, il regime di parziale detassazione IRES degli utili accantonata a riserva indivisibile) previste, a seconda dei casi, per le cooperative di consumo/utenza e per le cooperative di produzione e lavoro. Misure che, trovando applicazione in ragione del modello organizzativo assunto, contribuiranno a snellire il carico fiscale delle cooperative CER, quali soggetti a carattere intrinsecamente commerciale, la cui missione di fondo si risolve nel perseguimento di “benefici ambientali, economici o sociali” a favore dei propri soci e delle aree territoriali di riferimento.

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[1] Come confermato, tra l’altro, dal MASE nelle FAQ pubblicate il 23 gennaio 2024.

[2] Galgano, Diritto commerciale. Le società, 18a ed., Bologna, 2013, p. 485, qualifica come società lucrativa, a dispetto del nomen iuris di cooperativa, la società che operi solo con i terzi e che non abbia altre entrate che non siano utili. Nel medesimo senso, si v., Sala, La costituzione delle cooperative, in (diretto da) Abbadessa-Portale, Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, p. 722; Marasà, sub art. 2520, in (a cura di) Presti, Le società, p. 126. Un discorso a parte vale per le cooperative rientranti nella previsione dell’art. 2520, comma 2, c.c. e regolate da leggi speciali, come ad esempio le cooperative sociali di cui alla L. n. 381/1991, orientate allo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità in generale e non dei soci. È peraltro evidente come la stessa scelta del legislatore di dotare queste società di una disciplina ad hoc, differente da quella applicabile per le cooperative del codice, rafforzi la tesi per cui la nozione di mutualità implichi l’effettiva instaurazione di un rapporto di scambio tra soci e cooperativa.

[3] V. Cappelli, Appunti per un inquadramento privatistico dell’autoconsumo di energia rinnovabile nel mercato elettrico: il caso delle comunità energetiche, NLCC, 2023, p. 381 e ss; ead., Profili privatistici delle nuove discipline in materia di promozione dell’energia rinnovabile e regolazione del mercato elettrico, NLCC, 2022, p. 1202 e ss..

[4] Tali vincoli derivano, come noto, dalla decisione n. C(2023) 8086 final del 22 novembre 2023, con la quale la Commissione europea ha autorizzato gli aiuti di stato in favore delle CER contenuti nel decreto MASE n. 414. Si tratta dunque di limiti dettati unicamente al fine di rendere conforme il meccanismo incentivante qui esaminato con la disciplina UE in tema di aiuti di stato e riguardano, peraltro, espressamente la tariffa premio “eccedentaria” e come tali non precludono a monte la possibilità che la CER riconosca specifici corrispettivi in relazione al consumo/produzione energetica riconducibile a tali soggetti.

[5] Secondo il modello dell’art. 2512, comma 1, n. 1), c.c.

[6] Secondo il modello dell’art. 2512, comma 1, n. 3), c.c.

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