Il Consiglio di Stato sulla revoca della pas e conseguente risarcimento

Consiglio di Stato, Sezione II, sentenza n. 7484 del 2024
28/10/2024

Con una recente sentenza, la numero 7484 del 2024, la seconda Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata in tema di risarcimento del danno da revoca dell’autorizzazione ottenuta tramite Procedura Amministrativa Semplificata (PAS).
In particolare, la sentenza in esame ha ad oggetto una controversia fra una società a responsabilità limitata e un Comune dell’Umbria, relativa alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da biomasse da 200 kWe.

Più nello specifico, nell’agosto del 2015 il Comune aveva l’autorizzazione tramite PAS inizialmente concessa un anno prima, e di conseguenza la Società ha deciso di impugnare tale decisione, risultando vincitrice in giudizio sia in primo grado, di fronte al TAR Umbria, e sia in secondo grado, di fronte al Consiglio di Stato, nel 20118.

Nonostante tali plurime vittorie in giudizio, però, il progetto non è stato realizzato entro i tempi necessari per beneficiare degli incentivi statali previsti dal D.M. 6 luglio 2012, che erano uno dei principali motivi di interesse economico dell’investimento.

Questo ritardo ha spinto la società a richiedere al Comune il risarcimento del danno economico subito per non aver potuto accedere agli incentivi, quantificato in circa 1,7 milioni di euro per il mancato utile e in circa 206.000 euro per i costi sostenuti inutilmente.

Il Consiglio di Stato ha riconosciuto il diritto della società a essere risarcita, pur riducendo significativamente l’importo rispetto a quanto richiesto dalla Società.

Il Supremo consesso amministrativo, in particolare, ha escluso il risarcimento del mancato utile legato agli incentivi, ritenendo che non vi fosse un legame diretto e immediato tra la condotta del Comune e la perdita degli incentivi: la mancata realizzazione dell’impianto e il fallimento nell’ottenere gli incentivi non potevano essere considerati una conseguenza diretta dell’atto illegittimo del Comune, poiché a mancata realizzazione dell’impianto nei tempi previsti non poteva essere considerata una conseguenza diretta e immediata del provvedimento comunale, ma piuttosto il risultato di una serie di fattori, tra cui l’evoluzione delle normative sugli incentivi e i ritardi nell’implementazione del progetto, che non ricadevano interamente nella responsabilità dell’amministrazione.

Al contrario, il Consiglio di Stato ha riconosciuto risarcibili i costi sostenuti inutilmente dalla società, come l’acquisto del terreno e le spese tecniche e progettuali, ma ha ridimensionato le somme. Nello specifico, sono stati riconosciuti 30.000 euro per il terreno e 15.000 euro per le spese tecniche, riducendo il totale del risarcimento a 45.000 euro.

In conclusione, la sentenza esaminata evidenzia come la giustizia amministrativa cerchi sempre di bilanciare l’interesse pubblico con i diritti delle imprese. Sebbene la società abbia ottenuto ragione su alcuni aspetti del danno subito, il ridimensionamento delle somme riconosciute riflette l’approccio rigoroso dei giudici nel valutare il nesso causale tra l’atto illegittimo e il danno effettivamente risarcibile. In particolare, l’esclusione del risarcimento per il mancato accesso agli incentivi sottolinea che la responsabilità della Pubblica Amministrazione non può estendersi a conseguenze economiche legate a circostanze al di fuori del suo controllo diretto. Questo caso conferma l’importanza per le imprese di considerare con attenzione i rischi associati ai procedimenti amministrativi, specie in settori regolati da incentivi a termine, quale quello della transizione energetica.

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