28/10/2024

In data 12 settembre 2024, il Consiglio di Stato, con Parere n. 1216, si è espresso sullo schema di decreto legislativo relativo ai regimi amministrativi per l’energia rinnovabile, predisposto il 7 agosto 2024.

Tale schema, se letto alla luce delle rilevazioni del Consiglio di Stato, fornisce l’occasione per osservare le complicazioni che, in concreto, aggravano il processo di transizione ecologica, osteggiando alla realizzazione di procedure che garantiscano un efficace conseguimento degli obiettivi sanciti a livello europeo e internazionale, rispetto ai quali le fonti energetiche rinnovabili assumono un ruolo determinante.

Proprio in relazione a tale rilevanza, è bene premettere che a livello europeo si riscontra un indubbio favor per la semplificazione delle procedure amministrative di rilascio delle autorizzazioni, così da eliminare inutili oneri amministrativi ed attuare progetti in materia di energia rinnovabile.

L’art. 16-septies della direttiva 2023/2413 risulta particolarmente eloquente sul punto, chiarendo che, fino al conseguimento della neutralità climatica, “gli Stati membri provvedono affinché, nella procedura di rilascio delle autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia rinnovabile […] siano considerati di interesse pubblico prevalente e nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi”.

Ne consegue che le norme nazionali in materia debbano rispondere al principio del primato dell’efficienza energetica.

Ebbene, a ciò che sembra posto in modo inequivocabile a livello europeo corrisponde, sul piano interno, un quadro normativo caratterizzato da una notevole complessità. Il settore è stato, infatti, oggetto di numerosi interventi che, sebbene vocati alla semplificazione, hanno invero prodotto una serie di stratificazioni di non facile decodificazione.

Non a caso, il Consiglio UE, nel 2023, ha raccomandato all’Italia di provvedere alla razionalizzazione delle procedure di rilascio per accelerare la produzione di energie rinnovabili. In tale contesto rilevano poi le riforme incluse nella Missione 7 del PNRR, che pure militano nel senso di una “Razionalizzazione delle procedure autorizzative per le energie rinnovabili a livello centrale e locale”.

Nel panorama brevemente descritto si inserisce la Legge n. 118 del 2022, il cui articolo 26 comma 4 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di fonti energetiche rinnovabili, anche ai fini dell’adeguamento della normativa vigente al diritto dell’Unione europea. Lo stesso articolo si premura poi di definire sia i principi e i criteri direttivi cui tali decreti devono ispirarsi sia la procedura da seguire per la loro adozione, la quale prevede il coinvolgimento di più soggetti istituzionali, tenuto conto della diversità e pluralità degli interessi curati.

Ebbene, in attuazione di tali disposizioni è stato elaborato lo schema di decreto legislativo di cui si tratta, il quale, in un’ottica semplificatoria, prevede, ai fini della costruzione e l’esercizio di impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, per la modifica, il potenziamento, il rifacimento degli stessi e per le opere connesse, regimi amministrativi destinati a sostituire quelli attualmente vigenti. Tali regimi comprendono fattispecie di “attività libera” (art. 7), fattispecie sottoposte a “procedura abilitativa semplificata” (art. 8) e fattispecie sottoposte ad “autorizzazione unica” (art. 9).

Il Ministero per la pubblica amministrazione ha richiesto il parere del Consiglio di Stato su tale schema, il quale dà conto di alcune criticità che riguardano, da un lato, l’iter di formazione del provvedimento e, dall’altro, il suo contenuto.

Quanto al primo profilo, il Consiglio, oltre a segnalare preliminarmente i rischi insiti nella prassi di redazione postuma delle relazioni AIR e ATN, quali analisi imprescindibili ai fini della completezza dell’istruttoria, riscontra difformità procedurali fin dall’esercizio del potere di proposta, segnatamente alla titolarità dello stesso. In particolare, si ritiene sia mancato il sostanziale esercizio della co-proponenza prevista dalla legge di delega, risultando le dichiarazioni che dovrebbero fungere da riscontro in tal senso

mere asserzioni formali, che non rendono in alcun modo percepibile il contributo delle Amministrazioni ai contenuti dello schema di decreto.

Lo stesso scostamento procedurale risulta pure rispetto ai prescritti concerti del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero della cultura, espressi solo dopo l’approvazione in via preliminare dello schema da parte del Consiglio dei ministri e la trasmissione alla Sezione per il parere. Il che rileva soprattutto rispetto al Ministero della cultura, in relazione alle numerose disposizioni dello schema che stabiliscono sub procedimenti con precise scansioni temporali per l’intervento delle autorità preposte alla tutela dei vincoli paesaggistici e culturali.

Quanto al profilo contenutistico, non vengono forniti elementi in merito agli effetti attesi dai regimi amministrativi previsti dallo schema in termini di contributo anche alla garanzia di una capacità di stoccaggio o, comunque, di una disponibilità di energia adeguata alla domanda energetica delle diverse categorie di consumatori e agli oneri attesi per ciascuna di esse. La questione si intreccia con il ruolo del provvedimento in esame nell’ambito della politica energetica eurounitaria. Infatti, sebbene la relazione illustrativa faccia espressa menzione dell’obiettivo di adeguamento a quest’ultima, non è dato riscontrare alcun riferimento allo stato di attuazione degli strumenti, diversi dall’accelerazione delle procedure, che concorrono alla realizzazione degli obiettivi quantitativi ricondotti al principio dell’efficienza energetica al primo posto (“energy efficiency first”). A ciò si aggiunge che la documentazione non offre riscontro specifico sotto il profilo dell’accelerazione delle procedure tra i regimi vigenti e quelli che si intende introdurre, né, soprattutto, elementi specifici in merito alla coerenza dei tempi secondo quanto previsto dalla legge.

Si levano poi ulteriori perplessità sui tempi di attuazione dell’obiettivo di cui all’art. 5, il quale rimanda all’istituzione di un’apposita piattaforma (SUER), che, stando alla Relazione illustrativa, rappresenterà l’unico punto di accesso per le procedure amministrative relative agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, fornendo guida e assistenza lungo tutte le fasi della procedura.

Ebbene, da quanto descritto traspare l’utilizzo di una tecnica normativa lacunosa per la redazione del decreto, non pienamente in linea con le specifiche previsioni delle fonti dell’Unione europea, a tratti addirittura antitetica rispetto all’obiettivo di semplificazione del quadro normativo nazionale. In tal senso, il Parere, dunque, svolge un ruolo potenzialmente determinante avendo preventivamente intercettato e, potenzialmente, sventato il rischio di future criticità, partecipando alla definizione di un quadro normativo auspicabilmente coerente e realmente efficace, capace di contribuire realmente allo sviluppo e alla diffusione delle fonti energetiche rinnovabili in Italia.

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