Comunità energetiche: i contributi del GSE corrisposti ad un produttore esterno alla CER sono soggetti ad IVA
Agenzia delle Entrate - Risposta ad interpello n. 201/2024
1. L’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi sul tema del trattamento IVA dei contributi corrisposti dal GSE a fronte dell’attività di condivisione energetica di una CER e da quest’ultima riversati ai membri della configurazione di autoconsumo diffuso. In tale frangente, con la recente risposta ad interpello n. 201/2024, l’A.f. ha concluso che le somme percepite dal produttore di energia rinnovabile, che gestisca un impianto FER, ma non rivesta il ruolo di “socio” (melius, “prosumer”) della CER, debbano qualificarsi come “corrispettivi” rilevanti ai fini IVA.
Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, la società istante – ESCo operante nel settore della progettazione e costruzione di impianti di produzione di energia elettrica a fonte convenzionale e rinnovabile – risultava, più nel dettaglio, proprietaria e gestore di un impianto di produzione alimentato da fonti rinnovabili; detto impianto era stato “messo a disposizione” di una configurazione di autoconsumo diffuso costituita in forma di associazione non riconosciuta sulla base di un apposito “accordo” stipulato tra la ESCo e la CER.
Ritenendo di poter estendere alla fattispecie di interesse i principi affermati in precedenti arresti di prassi (cfr. risposta ad interpello n. 37/2022; risposta ad interpello n. 37/2024), con riferimento alla irrilevanza, sul piano IVA, dei contributi erogati da comunità energetiche ai propri membri, l’istante ha chiesto quindi all’A.f. di valutare se gli importi “retrocessi” dalla CER a suo favore a fronte della percezione dei contributi erogati dal GSE (tariffa incentivante e restituzione delle componenti tariffarie) per l’attività di condivisione energetica dovessero o meno essere assoggettati ad IVA.
Focalizzando l’attenzione sul peculiare ruolo rivestito dalla ESCo all’interno della CER, quale produttore terzo legato alla configurazione di autoconsumo da un rapporto negoziale diverso da quello (puramente associativo) intercorrente tra la CER e i propri membri, l’Agenzia delle Entrate ha tuttavia concluso che le somme percepite dall’istante avessero, a tutti gli effetti, natura di corrispettivi soggetti ad IVA.
2. La soluzione in tal modo adottata appare indubbiamente coerente con la tipologia di rapporto intercorrente tra la CER e i soggetti che aderiscano ad una configurazione di autoconsumo diffuso in qualità di produttori terzi.
Vista la piena autonomia negoziale lasciata su tali profili dalla normativa primaria, la CER può operare, infatti, secondo differenti schemi negoziali e limitarsi a fungere da mera longa manus di soggetti compartecipi a diverso titolo all’attività di condivisione energetica (alla stregua di una mandataria senza rappresentanza dei propri membri).
Più in generale, dalle regole operative predisposte ai fini dell’accesso al servizio di autoconsumo diffuso si ricava che il soggetto destinato ad interfacciarsi con il GSE è la CER, la quale può in particolare:
- assumere il ruolo di “referente” delle configurazioni, provvedendo alla stipula del contratto di autoconsumo con il GSE;
- conferire mandato senza rappresentanza a svolgere il ruolo di “referente” ad un differente soggetto[1] che sia:
- un produttore, membro della CER
- un cliente finale, membro della CER;
- un produttore “terzo” di un impianto/UP la cui energia elettrica prodotta rileva nella configurazione, che risulti essere una Energy Service Company (ESCO) certificata UNI 11352 [2].
Fermo quanto sopra, secondo il modello delineato all’interno del TIAD e delle regole operative predisposte dal GSE, la CER deve dotarsi di impianti di produzione di energia elettrica di potenza massima pari a 1Mwh alimentati da fonti rinnovabili; tali impianti non devono essere necessariamente di proprietà della CER, ma possono appartenere ad un soggetto terzo (sia esso o meno membro della comunità energetica), a condizione che la configurazione di autoconsumo ne abbia però la “disponibilità” e il “controllo” (cfr. art. 31, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 199/2021).
Quest’ultimo requisito, come precisato al § 1.2.2 delle regole operative, può ritenersi soddisfatto qualora la CER abbia sottoscritto un accordo “dal quale si possa evincere che ciascun/a impianto/UP venga esercito/a dal produttore nel rispetto degli accordi definiti con la comunità per le finalità della comunità energetica rinnovabile e nel rispetto di quanto previsto dalle norme di riferimento”[3]–[4].
3. Sulla base del vigente dato normativo, l’individuazione del soggetto beneficiario della tariffa premio e degli ulteriori contributi previsti per il servizio di autoconsumo diffuso potrebbe ingenerare incertezze: la regolamentazione pattizia di volta in volta adottata potrebbe infatti portare, a seconda dei casi, a ricondurre gli incentivi erogati dal GSE alla CER nella titolarità della stessa CER, dei soci consumer/prosumer o, finanche, di soggetti terzi a vario titolo aderenti alla configurazione di autoconsumo diffuso.
Per superare tale impasse, in precedenti interventi resi sul tema (cfr. A. La Rosa, Le “nuove” CER: riflessi fiscali, in questo sito), l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto di assimilare il rapporto instaurato tra la CER e i propri membri ad un mandato senza rappresentanza, conferito dagli associati alla CER per la “gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE”. Su tali premesse, l’A.f. ha, in particolare, sostenuto che le somme incamerate da una CER costituita in forma di associazione riconosciuta a titolo di tariffa premio e contributo di valorizzazione mantenessero, ai fini civilistici e fiscali, immutata natura all’atto del riversamento ai membri dell’associazione.
Un analogo schema interpretativo appare difficilmente percorribile qualora si tratti di qualificare la natura degli importi corrisposti dalla configurazione di autoconsumo diffuso ad un soggetto (nella specie, una ESCo operante quale produttore terzo di energia FER) non appartenente alla Comunità energetica, in presenza di specifici impegni negoziali che attengano a:
- la messa a disposizione dell’energia prodotta e immessa in rete da un impianto FER di sua proprietà;
- gestione di tale impianto in accordo e secondo direttive impartite dalla CER.
È giocoforza concludere che, al ricorrere di tali condizioni, le somme erogate dalla CER al produttore terzo, ancorché parametrate all’ammontare dei contributi erogati dal GSE per il servizio di autoconsumo diffuso, manifestino un nesso di sinallagmaticità rispetto ad una specifica controprestazione e, come tali, si qualifichino come corrispettivi da assoggettare ad IVA.
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[1] Cfr. § 1.2.2.1 “Referente della CER e mandato” – “DECRETO CACER e TIAD – Regole operative per l’accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso e al contributo PNRR” predisposte dal GSE.
[2] Una Energy Service Company (ESCO) è un’azienda specializzata nella fornitura di servizi energetici, in grado di offrire soluzioni per l’efficienza energetica e la gestione dei consumi energetici.
In particolare, tali servizi che possono includere:
– “audit energetico: le ESCO conducono un’analisi dettagliata dei consumi energetici di un edificio o di un impianto per identificare le opportunità di risparmio energetico e migliorare l’efficienza energetica (il D.lgs. 102/14 ha stabilito i requisiti per poter condurre questi audit);
– progettazione e implementazione di misure di efficienza energetica: le ESCO progettano e implementano misure e tecnologie per migliorare l’efficienza energetica, come l’installazione di sistemi di illuminazione efficiente, sistemi di controllo automatico, isolamento termico, motori efficienti e molto altro ancora
– monitoraggio e gestione energetica: Le ESCO offrono servizi di monitoraggio continuo dei consumi energetici per identificare eventuali sprechi o anomalie, e forniscono strumenti e sistemi per una gestione ottimale dell’energia;
– finanziamento: Le ESCO possono fornire opzioni di finanziamento per le misure di efficienza energetica, consentendo ai clienti di implementare le soluzioni senza dover sostenere in anticipo costi di investimento; contratti di performance energetica (EPC): Le ESCO possono stipulare contratti di performance energetica con i clienti, impegnandosi a raggiungere determinati livelli di risparmio energetico e garantendo il conseguimento di tali obiettivi”. Cfr. sito ENEA, Energy Service Company (ESCO).
[3] Cfr. § 1.2.2, p. 16 delle regole operative GSE, dove si precisa altresì che “la messa a disposizione dell’impianto di produzione/UP in relazione all’energia elettrica immessa in rete da parte di un produttore nei confronti di una Comunità energetica rinnovabile rileva esclusivamente ai fini della erogazione dei benefici economici connessi alla condivisione dell’energia e, come previsto dal TIAD, non rileva ai fini della valorizzazione economica dell’energia immessa in rete che rimane liberamente definibile dal produttore”.
[4] Sulle figure negoziali che potrebbero a tal fine trovare applicazione, si v. Bartolini, Le comunità energetiche. I contratti di godimento per lo sviluppo delle comunità energetiche, in Giur. it. n. 12/2023, p. 2781, che menziona, tra la casistica di astratto rilievo, fattispecie come il leasing di impianto, il noleggio operativo, il rent to buy. Sul tema, si v. anche Valeau, Proprietà dell’impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, in (a cura di) Monticelli-Bonafede, Comunità energetiche 2.0, ESI, 2024.