20/12/2024

Attraverso la Risposta ad interpello n. 207/2024 del 18 ottobre 2024, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’operazione di trasferimento dal Gestore uscente al nuovo Gestore entrante di un impianto di distribuzione del gas naturale e delle attività ad esso connesse, derivante dall’aggiudicazione della gara indetta per l’affidamento in concessione del relativo servizio, sia qualificabile come cessione aziendale, in quanto tale assoggettabile ad imposta di registro in misura proporzionale ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’articolo 2, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e dell’articolo 2, comma 1, della Tariffa, parte I, allegata, e non, piuttosto, come una semplice cessione di beni, diversamente imponibile ai fini IVA si sensi del D.P.R. n. 633 del 1972.

Il tema in oggetto non è nuovo all’Amministrazione Finanziaria, la quale, infatti, per fornire il proprio parere, si riporta ad alcuni precedenti di prassi – come la Risposta ad interpello n. 455 dell’8 novembre 2023, la Risposta ad interpello n. 108 del 15 febbraio 2021 e la Risposta ad interpello n. 546 del 12 novembre 2020, sulle quali si tornerà più avanti – confermandone integralmente i principi e le conclusioni.

Ai fini di una migliore comprensione del chiarimento finale offerto dalle Entrate, appare certamente utile approfondire sia la fattispecie oggetto di interpello, sia i contenuti del Bando di gara per l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale e del “Contratto di Servizio” sottoscritto tra la Stazione Appaltante e il Gestore entrante.

Più nel dettaglio, il menzionato Bando prevedeva a carico del soggetto Gestore entrante gli obblighi – non banali, per le ragioni che a breve verranno approfondite – di seguito sintetizzati:

  • corrispondere al Gestore uscente il valore di rimborso a fronte del quale avrebbe acquisito, per la durata dell’affidamento, la proprietà degli impianti di distribuzione o di una loro porzione, corrispondente alla somma del valore dei singoli beni oggetto di trasferimento;
  • subentrare nelle obbligazioni finanziarie del Gestore uscente relative agli investimenti realizzati nel precedente periodo di affidamento o indennizzarlo per l’estinzione delle obbligazioni finanziarie;
  • subentrare nei contratti pubblici e privati, relativi allo svolgimento del servizio di distribuzione e connessi alla proprietà degli impianti;
  • assumere, salvo espressa rinuncia, il personale dipendente inerente al servizio di distribuzione del gas naturale come individuato in uno degli allegati del bando.

Di conseguenza, e a seguito dell’avvenuta aggiudicazione, il Gestore entrante, nonché contribuente istante, assumeva:

  • l’affidamento da parte della Stazione Appaltante, tramite un’unica nuova concessione, del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale;
  • la proprietà degli impianti dal Gestore uscente, il cui trasferimento si perfezionava – previo pagamento del valore di rimborso di cui sopra – con la sottoscrizione del “Verbale di Consegna” tra quest’ultimo e il Gestore entrante, recante al suo interno l’indicazione dei beni strumentali all’esercizio del servizio di distribuzione del gas naturale e delle attività correlate oggetto del “passaggio di consegne”.

Rappresentato il quadro di partenza appena sinteticamente descritto, il Gestore entrante, in qualità di soggetto istante, presentava all’Agenzia delle Entrate l’interpello in esame per conoscere quale fosse il corretto trattamento fiscale da applicare ai fini delle imposte indirette IVA e imposta di registro a fronte del trasferimento dell’impianto di distribuzione di gas naturale e del correlato pagamento di corrispettivo.

In altre parole, il nucleo centrale del quesito posto verteva in ordine all’inquadramento dell’operazione descritta, ossia se qualificabile:

a) come una cessione di singoli beni, in quanto tale imponibile ai fini IVA ai sensi del d.P.R. 633 del 1972;

b) ovvero come una cessione d’azienda, assoggettata, invece, per principio di alternatività, ad imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’articolo 2, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e dell’articolo 2, comma 1, della Tariffa, parte I, allegata.

Nella soluzione interpretativa prospettata, il Gestore entrante riteneva di poter qualificare ai fini fiscali l’operazione in esame come una cessione di singoli beni a cui applicare l’IVA, e non quale cessione di ramo d’azienda, sulla base delle seguenti considerazioni:

  • il Contratto di Servizio che disciplina per tutta la durata dell’affidamento (concessione) i rapporti tra Gestore entrante e Stazione Appaltante ai fini dello svolgimento del servizio di distribuzione del gas naturale, era nuovo, differente ed autonomo rispetto a quelli stipulati precedentemente dal Gestore uscente, ragion per cui vi era una netta discontinuità tra la posizione delle parti;
  • la Concessione, che era presupposto essenziale per poter esercitare l’attività di distribuzione del gas naturale, non era ricompresa tra i beni (immateriali) oggetto del trasferimento, venendo, così a a mancare uno degli elementi essenziali per poter, anche in astratto, configurare quest’ultimo quale cessione “d’azienda” o di “ramo d’azienda”;
  • il complesso di beni trasferiti costituiva un insieme di beni singolarmente valorizzati e riportati in uno degli allegati al Verbale di Consegna che non era oggetto di contrattazione tra le parti o di valutazione preliminare ai fini dell’aggiudicazione della gara;
  • inoltre, al nuovo Gestore non era consentito, in base alla normativa di gara, di effettuare una due diligence o di ottenere informazioni per svolgere le tipiche valutazioni di un’azienda o di un ramo d’azienda;
  • nessun rapporto giuridico attivo/passivo veniva trasferito dal Gestore uscente al Gestore entrante oltre a quelli strettamente connessi allo svolgimento del servizio di distribuzione del gas, alla proprietà degli impianti;
  • non vi era, altresì, alcun trasferimento del personale di tipo manageriale con responsabilità decisionali, ma solamente di dipendenti tecnici/operai.

Ebbene, se nell’ottica dell’istante, quindi, tutte le peculiarità appena elencate risultavano “indizi” analitici idonei e sufficienti per escludere che l’operazione in questione potesse configurare, appunto, una cessione d’azienda, o di ramo d’azienda, non ravvisandosi, nel caso di specie, dal punto di vista tecnico un passaggio di consegne totalitario e generalizzato, dello stesso avviso non pare essere l’Agenzia delle Entrate.

Il punto di partenza del ragionamento interpretativo seguito dall’Ufficio e sotteso alle conclusioni rassegnate nella Risposta ad interpello in commento è, come anche per la parte istante, sempre l’esame del citato “Verbale di Consegna”, come si è detto contenente tutti i beni e le attività oggetto del trasferimento determinato dall’aggiudicazione della gara.

Secondo l’Amministrazione finanziaria, dai contenuti di quest’ultimo emergerebbero però – diversamente da quanto supposto dal contribuente – proprio quegli elementi che solitamente contraddistinguono un trasferimento d’azienda o di un ramo d’azienda nel senso invece sostanziale indicato dalla Corte di Giustizia UE e più volte chiarito dalla stessa prassi con i precedenti intervenuti sul tema.

Come infatti sopra anticipato, il richiamo più esplicito è alla Risposta ad interpello n. 455 dell’8 novembre 2023 e alla Risposta ad interpello n. 546 del 12 novembre 2020, nelle quali erano già state espressamente enucleate le due caratteristiche essenziali che contraddistinguono la presenza di un complesso aziendale secondo l’accezione sopra richiamata.

Più in dettaglio, queste ultime sono rappresentate:

  • “dalla possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario con un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un’attività economica autonoma e attuale (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C 497/01 del 27 novembre 2003, punti 40 e 44);
  • dal mantenimento da parte del suddetto complesso di beni di sua identità funzionale anche successivamente al suo trasferimento (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C. 444/10 del 10 novembre 2011, punto 25)”.

Ad avviso dell’Ufficio, i menzionati requisiti sembrerebbero entrambi essere stati soddisfatti nel caso di specie, in quanto il trasferimento non avrebbe avuto ad oggetto singoli beni strumentali suscettibili, in astratto, “di diverse utilizzazioni economiche (sebbene, in concreto, vincolati all’attività di trasporto pubblico locale)”, per usare le stesse parole dell’Agenzia, ma un insieme  di “beni e di rapporti giuridici con una chiara identità funzionale, destinata, in via univoca ed esclusiva, all’esercizio dell’attività economica di distribuzione del gas naturale nell’ambito territoriale di Alfa (precedentemente gestita dal Gestore Uscente Beta), ed idonea a consentire, senza bisogno di radicali trasformazioni, l’esercizio della medesima attività da parte del Gestore Entrante”.

L’Amministrazione Finanziaria definisce tale complesso di beni e rapporti ricorrendo ad un termine caro al diritto romano, prima, e al diritto civile contemporaneo, secondo l’art. 816 del c.c., dopo, come quello di “universitas”, il cui trasferimento in proprietà sarebbe avvenuto nel caso in esame proprio con la sottoscrizione del noto “Verbale di Consegna”. Quest’ultimo, infatti, una volta firmato, produceva l’effetto di determinare “la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario con un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un’attività economica autonoma e attuale”.

Ebbene, proprio le disposizioni contenute nel suddetto Verbale hanno indotto l’Agenzia delle Entrate a ritenere che, nel caso di specie, non vi fosse una vera e propria “netta discontinuità” tra la posizione delle due parti, tale da escludere in seguito alla traditio dei beni una sostanziale e fattuale prosecuzione nei rapporti giuridici attivi e passivi in essere.

Deponevano, in particolare, a favore di tale interpretazione alcune specifiche previsioni contrattuali – diversamente non presenti nel caso esaminato dalla più risalente Risposta ad interpello n. 108 del 15 febbraio 2021, così come precisato dall’AdE – tra le quali il totale subentro da parte del Gestore entrante nel servizio di distribuzione del gas naturale e in tutti i diritti/obbligazioni legate alla proprietà degli impianti, nei permessi, nelle concessioni rilasciate da enti pubblici e/o privati, nonché il coordinamento previsto tra Gestore uscente e Gestore entrante per la presentazione delle volture e/o per l’attivazione dei nuovi contratti di somministrazione di servizi.

Sulla base di tutte le richiamate considerazioni, l’Agenzia delle Entrate ne ha concluso, quindi, che nel caso di specie “il trasferimento descritto dall’Istante non sia rilevante ai fini IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto IVA avendo detta operazione per oggetto non singoli beni, bensì un complesso di beni e di rapporti giuridici suscettibile di consentire l’esercizio dell’attività di impresa in capo al Gestore Entrante, nel senso prima chiarito, e che detta caratteristica fosse anche preesistente al trasferimento stesso”, con la conseguenza che, per il principio di alternatività IVA-registro a cui sopra si è accennato, l’operazione in questione sia da assoggettare ad imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’articolo 2, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e dell’articolo 2, comma 1, della Tariffa, parte I, allegata.

Ad avviso di chi scrive, se la soluzione prospettata dal contribuente appare fondata su un ragionamento di tipo “analitico”, incentrato, come si è visto, su uno screening oggettivo delle singole clausole contrattuali, il percorso logico argomentativo seguito dall’A.F. sembra basarsi, invece, su un approccio di natura sostanziale, che guarda alla complessiva e più “concettuale” prosecuzione dei rapporti e delle attività correlate al Servizio di distribuzione del gas naturale oggetto della Concessione, a prescindere da un inventario puntuale dei singoli beni oggetto del trasferimento.

Il documento qui analizzato conferma, infatti, i principi già tracciati, come si è detto, nella precedente Risposta ad interpello n. 455 dell’8 novembre 2023, che, nel rassegnare la conclusione secondo cui il trasferimento esaminato in quella sede non risultava “rilevante ai fini IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto IVA avendo detta operazione per oggetto non singoli beni, bensì un universitas (n.d.r. totale o parziale) di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico – economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa”, si riportava proprio alla nozione sostanziale civilistica di azienda di cui all’art. 2555 del c.c., la quale non presuppone la necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, ma guarda, piuttosto, alla capacità dei beni ceduti nel loro complesso di garantire la permanenza di un minimo residuo di organizzazione.

Ecco quindi che secondo la prassi gli indici rivelatori dell’esistenza dell’azienda o del ramo d’azienda, utili anche per individuare il trattamento fiscale da applicare, possono essere ravvisati nell’”organizzazione, nei beni e nel loro fine, ossia per l’esercizio dell’impresa, secondo un rapporto di complementarietà strumentale tale da costituire un ”unicum” destinato all’esercizio dell’impresa”, valutazione, questa, che, però, come dimostrato anche nel caso qui esaminato, non può essere effettuata aprioristicamente ed in via generalizzata, ma che necessariamente deve presupporre una verifica variabile da caso a caso.

Non appare infatti possibile per l’Agenzia delle Entrate individuare in astratto “quali e quanti beni e rapporti sono necessari per contraddistinguere un’azienda poiché non assume esaustiva rilevanza il semplice complesso di beni, in sé e per sé stesso considerato: vanno obbligatoriamente considerati anche i legami giuridici e di fatto tra gli stessi, nonché la destinazione funzionale del loro insieme”, dovendosi, piuttosto, svolgere un’analisi specifica in relazione alla singola fattispecie oggetto di esame (così nella Risposta ad interpello n. 455 dell’8 novembre 2023).

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