25/02/2025

Attraverso la Risoluzione n. 4/2025 del 13 gennaio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, sebbene la nuova disposizione di cui all’art. 5, comma 2-bis, del D.L. n. 63/2024, convertito dalla L. n. 101/2024, n. 101, abbia previsto, dal punto di vista sostanziale, che la durata minima dei contratti, anche preliminari, di concessione del diritto di superficie per l’installazione e l’esercizio di impianti rinnovabili non possa essere inferiore a sei anni, con rinnovazione automatica alla scadenza per un ulteriore sessennio, ai fini dell’efficacia della loro trascrizione continui comunque a trovare applicazione l’art. 2645-bis, comma 3, c.c., il quale, diversamente, prevede per tale formalità la durata massima di un triennio.

Con il menzionato intervento di prassi, l’Amministrazione Finanziaria è tornata a fornire utili chiarimenti in tema di impianti da fonti rinnovabili e costituzione del diritto di superficie per la loro installazione e gestione, argomenti non nuovi nell’ambito dei contributi offerti dall’Agenzia delle Entrate e già oggetto di approfondimento su questo sito (si veda, fra tanti, La costituzione del diritto di superficie per installare nuovi impianti fotovoltaici non comporta la decadenza dai benefici fiscali IAP”, a cura di Valeria Vasta).

Ai fini di una migliore comprensione delle precisazioni contenute nella Risoluzione in commento, appare certamente utile ripercorrere il quadro normativo di riferimento esaminato anche dalle Entrate, sia sotto il profilo sostanziale, per quanto concerne le disposizioni di recente introduzione relative alle imprese agricole e alla connessa limitazione all’uso del suolo, sia sotto il profilo formale, con riguardo alle disposizioni civilistiche vigenti in tema di pubblicità immobiliare.

Partendo dalle prime, è la stessa Amministrazione a ricordare come il nuovo art. 5, comma 2-bis, del D.L. n. 63/2024, convertito dalla L. n. 101/2024, n. 101, recante le “Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo”, preveda che “la durata dei contratti, anche preliminari, di concessione del diritto di superficie su terreni ricadenti nelle aree di cui all’articolo 20, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, per l’installazione e l’esercizio di impianti da fonti rinnovabili” non possa essere “inferiore a sei anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori sei anni […]”.

Sempre la medesima norma ha, poi, previsto l’applicazione di tale disposizione anche “ai contratti non ancora scaduti, fatta salva la facoltà di recesso” secondo le specifiche modalità previste sempre dal medesimo articolo di legge.

L’introduzione della disposizione appena richiamata, laddove nulla prevede con riguardo alla trascrizione dei contratti in oggetto, ha comprensibilmente generato talune perplessità circa il raccordo di siffatta disciplina con la normativa vigente del codice civile in materia, appunto, di trascrizione e pubblicità immobiliare.

Da qui, la formulazione alle Entrate dei due seguenti quesiti:

  • chiarire se il citato 5, comma 2-bis del D.L. n. 63/2024 debba essere interpretato come una deroga alla previsione di cui all’art. 2645-bis, comma 3, del Codice Civile, tale da comportare, in parallelo, un’estensione a sei anni anche dell’efficacia della trascrizione per i contratti preliminari che riguardano diritti di superficie su aree idonee per l’installazione e l’esercizio di impianti a fonte rinnovabile, di norma valevole tre anni;
  • chiarire, in subordine, se e con quali modalità possa procedersi alla trascrizione nei registri immobiliari delle proroghe disposte dalla norma sopra menzionata per i contratti non ancora scaduti all’entrata in vigore della stessa.

Non appare, infatti, poco plausibile ritenere che il suddetto obbligo di durata minima sessennale non possa non essere connesso e trovare necessariamente un punto di contatto con la normativa civilistica in materia di efficacia solo triennale del contratto preliminare, anche al fine di evitare possibili fisiologici disallineamenti sul tema.

La risposta ai suddetti quesiti richiede, in via preliminare, un rapido esame anche dell’art. 2645-bis c.c. – rubricato, appunto, “Trascrizione di contratti preliminari” – secondo cui, innanzitutto, i contratti preliminari aventi a oggetto la conclusione di taluno dei contratti di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’articolo 2643 c.c. – tra i quali sono compresi quelli di costituzione del diritto di superficie, di cui al n. 2) –  anche se sottoposti a condizione o relativi a edifici da costruire o in corso di costruzione, devono essere trascritti, se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente (così al comma 1).

Ciò posto, sempre la medesima disposizione prevede, al successivo comma 3, che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare.

Come quindi sintetizzato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella risoluzione in commento, in buona sostanza “la disciplina codicistica applicabile ai contratti preliminari immobiliari prevede una durata massima di un triennio per gli effetti della trascrizione di detti contratti”.

Ebbene, ciò premesso, al fine di risolvere il primo quesito in tema di trascrizione anche la stessa Amministrazione Finanziaria rileva, come già sopra anticipato, l’assenza nell’art. 5, comma 2-bis del D.L. n. 63/2024 di eventuali precisazioni in materia di trascrizione, circostanza che, pertanto appare idonea per le Entrate ad escludere qualsiasi efficacia derogatoria implicita ascrivibile a tale nuova norma rispetto alla disciplina generale codicistica della trascrizione dei contratti preliminari, di cui all’art. 2645-bis c.c..

Ciò implica, per usare le stesse parole delle Entrate, che

“ferma rimanendo la trascrivibilità dei contratti preliminari anche relativi alla concessione del diritto di superficie, gli effetti di detta trascrizione rimangono comunque disciplinati dalla previsione codicistica generale in materia di pubblicità dei contratti preliminari che prevede l’efficacia “massima” della formalità per un triennio dalla sua esecuzione, in assenza di “tempestiva” trascrizione del conseguente atto definitivo (o di altro atto previsto dall’art. 2645 bis c.c.).”

Per tale motivo, dunque, molto chiaramente nella Risoluzione in esame è affermato, in via di sintesi, che:

“In altri termini, una cosa è l’efficacia sostanziale (durata minima) del contratto preliminare di concessione del diritto superficiario sulla quale è intervenuta la norma in argomento disponendo la durata minima di almeno un sessennio; altro è la durata dell’efficacia della relativa trascrizione sulla quale nulla è stato espressamente disposto o derogato dalla norma del 2024 rispetto alla disciplina civilistica generale dettata dall’art. 2645 bis c.c. per la trascrizione dei contratti preliminari su beni immobili”.

Tale chiarimento, quindi, diversamente da quanto (plausibilmente) ipotizzabile sancisce un vero e proprio disallineamento tra la normativa civilistica che regola il termine di efficacia della trascrizione del contratto preliminare (triennale) e quella sostanziale che regola, invece, il termine di efficacia dei contratti preliminari che riguardano diritti di superficie su aree idonee per l’installazione e l’esercizio di impianti a fonte rinnovabile (sessennale).

L’approccio interpretativo scelto dall’Agenzia – che a parere di chi scrive sembra basarsi su un implicito richiamo al noto principio “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” – appare dunque quello restrittivo rispetto ad una potenziale e più ampia lettura in combinato disposto che avrebbe potuto essere proposta dell’articolo 2645-bis c.c. con la nuova normativa in tema di durata minima dei contratti in esame.

Ciò precisato, l’approccio interpretativo di natura “restrittiva” sembra essere adottato dall’Amministrazione Finanziaria anche per la risposta relativa al secondo quesito, con riferimento alle eventuali modalità di trascrizione nei registri immobiliari da applicare per le proroghe dei contratti non ancora scaduti all’entrata in vigore del nuovo art. 5, comma 2-bis del D.L. n. 63/2024.

Anche in questo caso, l’Ufficio non manca di evidenziare come nella suddetta disposizione, pure sotto tale profilo, sia del tutto assente una una esplicita novità normativa nella disciplina della pubblicità immobiliare.

Di conseguenza, e stante l’assenza di una espressa deroga o previsione normativa,

deve ritenersi che tale effetto sostanziale sui contratti non ancora scaduti si correli automaticamente alla disciplina ora introdotta in materia di durata dei contratti de quibus dalla disposizione normativa in esame e che non necessiti, per la sua esplicazione, di alcuna formalità pubblicitaria; ciò, anche stante l’assenza di un atto formalmente idoneo, ex art. 2657 c.c.2, a costituire titolo per l’esecuzione di un’eventuale formalità nei registri immobiliari”.

La Risoluzione in commento si distingue non solo per chiarezza, ma anche per sinteticità, laddove, nella sua parte finale, si premura di riepilogare i principi desumibili dalle considerazioni sopra svolte nei seguenti, non equivocabili, termini:

“In sintesi, dunque, stante l’assenza di una espressa disciplina derogatoria recata dalla novità legislativa in esame, si ritiene che:

  • i contratti oggetto di quesito possono continuare ad accedere – nel rispetto dei requisiti di forma – al regime della trascrizione dei contratti preliminari, ma, pur rimanendo ferma l’efficacia sostanziale dell’atto (durata minima di almeno un sessennio, rinnovabile alla scadenza) introdotta dal citato articolo 5, comma 2- bis, gli effetti della trascrizione saranno comunque disciplinati dall’art. 2645 bis c.c. che prevede, per tale formalità, l’efficacia massima di un triennio;

  • la proroga ex lege dei contratti già stipulati sarà operante, nella sostanza, indipendentemente dall’esecuzione di eventuali ulteriori formalità nei registri immobiliari”.

Ebbene, come sopra anticipato, le conclusioni rassegnate nel documento di prassi qui esaminato assumono come base di partenza e si fondano inequivocabilmente sulla “assenza di una espressa disciplina derogatoria recata dalla novità legislativa in esame”, rappresentata, con tutta evidenza, dal nuovo art. 5, comma 2-bis del D.L. n. 63/2024.

Da tale conclusione emerge, dunque, una chiara volontà dell’Agenzia delle Entrate di prediligere un approccio interpretativo restrittivo e di natura più formale, che sostanziale, volto a preferire un canone ermeneutico letterale, incentrato sul testo della nuova disposizione vigente in tema di limitazione dell’uso del suolo agricolo.

Come accennato, tale scelta va inevitabilmente a “sacrificare”, per così dire, un plausibile raccordo tra la normativa civilista vigente in materia generale di trascrizione dei contratti preliminari e quella di settore dedicata ai contratti di tale tipo che, nello specifico, riguardano diritti di superficie su aree idonee per l’installazione e l’esercizio di impianti a fonte rinnovabile, creando, così, un disallineamento temporale tra l’efficacia della prima, che resta triennale, e l’efficacia della seconda, che è invece sessennale.

Se, da un lato, l’impostazione seguita dall’Amministrazione appare cauta e sicuramente al riparo da potenziali critiche circa un illegittimo ampliamento della portata applicativa ascrivibile alla nuova disposizione di cui nuovo art. 5, comma 2-bis del D.L. n. 63/2024 in assenza di elementi che ne giustifichino l’efficacia derogatoria rispetto al sistema civilistico e solo per coerenza di allineamento, dall’altro lato, però, non può non rilevarsi come tale discrasia sia forse idonea a determinare una diminuzione della valenza garantista generalmente attribuibile alla trascrizione del contratto preliminare, che, come noto, ha tendenzialmente la funzione di tutelare chi acquista da eventi pregiudizievoli di vario genere.

In tale ottica, appare forse perdere di significato un’estensione a sei anni della durata sostanziale di un contratto preliminare recante la costituzione del diritto di superficie su terreni per l’installazione e l’esercizio di impianti rinnovabili per effetto della nuova normativa se, poi, al contempo, la protezione offerta dal relativo preliminare è di fatto più limitata e circoscritta ad un triennio, lasciando così l’acquirente scoperto da potenziali vendite dello stesso bene più volte a soggetti diversi, oppure da possibili ipoteche giudiziali, sequestri, pignoramenti o altri vincoli pregiudizievoli gravanti sul bene.

Ad ogni buon conto, e a prescindere dalle osservazioni che possono essere formulate circa la linea interpretativa seguita dall’Agenzia delle Entrate per i motivi accennati, appare senz’altro apprezzabile la presenza di un ulteriore contributo da parte delle Entrate in relazione alla disciplina di settore in commento, a dimostrazione di un’attenzione sempre maggiore del Fisco in ordine alle energie rinnovabili e a tutti i relativi, conseguenti, profili fiscali che ne derivano, i quali, gradualmente, meritano di essere regolati tanto dalla normativa, quanto dalla prassi.

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