24/04/2025

Con la sentenza emessa il 19 dicembre 2024 nelle cause riunite C-717/22 e C-372/23, la sezione III della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fornito rilevanti chiarimenti su alcuni aspetti applicativi del principio di proporzionalità delle sanzioni amministrative in caso di violazioni delle norme doganali.

Il caso e le questioni pregiudiziali

Il caso sottoposto alla Corte di Giustizia trae origine da un sequestro effettuato dalle autorità doganali bulgari che, nell’effettuare un controllo alla frontiera bulgaro-turca di un autoarticolato che trasportava tredici bancali con profili in alluminio proveniente dalla Turchia, ne rilevavano otto non dichiarati correttamente in quanto non indicati nei documenti di accompagnamento. Veniva quindi avviato un procedimento per illecito amministrativo ai sensi dell’art. 233 della legge doganale bulgara al termine del quale l’autista del mezzo veniva sanzionato per contrabbando doganale con una sanzione pecuniaria corrispondente al valore doganale dei profili di alluminio non dichiarati nonché con la confisca di tali profili di alluminio. Il giudice nazionale adito sia dalla società proprietaria delle merci sia dall’autista investiva la Corte di Giustizia dell’Unione Europea delle questioni pregiudiziali così sintetizzabili:

  • se l’art. 15 e l’art. 42 par. 1 del Codice doganale dell’Unione devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che consente di accertare una violazione della normativa doganale a seguito di una mera negligenza, costituita dall’inosservanza della forma appropriata di dichiarazione delle merci trasportate e se, in tali circostanze, l’irrogazione della violazione di una sanzione amministrativa debba essere di importo pari almeno al valore in dogana delle merci oggetto di violazione;
  • se l’art. 42, par. 1 e 2 del Codice doganale dell’Unione, letto alla luce dell’art. 17,par. 1 e 2 della Carta dei diritti fondamentale dell’Unione, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede, in caso di violazione della normativa doganale, oltre all’irrogazione di una sanzione pecuniaria, la confisca delle merci oggetto di tale violazione e se, in caso di risposta negativa, se una siffatta confisca sia ammissibile anche quanto tali merci non appartengano all’autore della violazione;
  • se l’articolo 2, par. 1, della decisione quadro 2005/212 debba essere interpretato nel senso che esso si applica alla confisca di merci oggetto di una violazione della normativa doganale qualora tale violazione non costituisca un reato, bensì un illecito amministrativo. E se, in caso affermativo, l’art. 1, quarto trattino, di tale decisione quadro e l’articolo 2, punto 4, della direttiva 2014/42 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede che una siffatta confisca sia disposta da un’autorità amministrativa.

La decisione della Corte di Giustizia

Con la sentenza in commento, i giudici unionali hanno innanzitutto osservato che l’applicazione delle sanzioni ex art. 42 del Codice doganale si riferisce a casi in cui l’inosservanza da parte dell’operatore sia commessa per dolo o per negligenza. Pertanto, secondo la Corte, non è contraria agli artt. 15 e 42, par. 1 e 2, del regolamento UE 9.10.2013 n. 952 (Codice doganale dell’Unione) una normativa nazionale che consente di constatare una violazione della normativa doganale dovuta soltanto a una negligenza, costituita dall’inosservanza della forma appropriata di dichiarazione delle merci trasportate. In tali circostanze, però, non può essere inflitta all’autore della violazione una sanzione amministrativa di importo corrispondente, come minimo, al valore in dogana delle merci.

La Corte ha ribadito infatti che, in assenza di un’armonizzazione completa delle sanzioni doganali a livello europeo, gli Stati membri mantengono un ampio margine di discrezionalità, purché rispettino determinati criteri. Tra questi, il principio di proporzionalità: le sanzioni devono essere efficaci, dissuasive, ma anche adeguate alla gravità dell’infrazione.

In tema di confisca, invece, i giudici unionali hanno ribadito il principio secondo cui una normativa nazionale che consente la confisca di beni appartenenti ad un terzo in buona fede utilizzati per commettere un illecito di contrabbando è incompatibile con l’art. 17, par. 1 della Carta dei diritti fondamentali che garantisce il diritto di proprietà. Al contrario, non viola il citato art. 17 la confisca dei proventi di un illecito o di un’attività illecita o di uno strumento servito per commettere un illecito non appartenenti a un terzo in buona fede. Secondo la Corte infatti, nel rispetto del principio di proporzionalità, gli autori delle violazioni vanno effettivamente privati dei vantaggi economici derivanti dalle violazioni doganali commesse e le sanzioni devono quindi garantire un reale effetto dissuasivo nonché essere proporzionali alla gravità del fatto di dette violazioni.

Alla luce di ciò, i giudici unionali hanno affermato che non è contraria all’art. 42, par. 1 e 2 del Codice doganale dell’Unione una normativa nazionale che prevede, in caso di violazione della normativa doganale, oltre all’irrogazione di una sanzione pecuniaria, la confisca delle merci oggetto di tale violazione qualora queste appartengano a una persona alla quale detta violazione è imputabile, a condizione che il regime di sanzioni applicabili a tale violazione sia, nel suo insieme, conforme al requisito di proporzionalità.

Da ultimo, in relazione alla questione pregiudiziale sub 3), la Corte ha chiarito che l’articolo 2, par. 1, della decisione quadro 2005/212 impone agli Stati membri l’adozione di misure volte a consentire la confisca totale o parziale degli strumenti o dei proventi di reati punibili con pene detentive superiori a un anno, oppure di beni di valore equivalente. Da ciò deriva che l’ambito di applicazione della decisione quadro è ristretto ai soli reati, come confermato sia dalla rubrica del citato art. 2 (“confisca di beni, strumenti e proventi di reato”) sia dal considerando n. 1 della decisione, incentrato sulla lotta alla criminalità organizzata. Pertanto, l’art. 2, par. 1, della decisione quadro n. 212/2005 non si applica a una misura di confisca adottata a seguito di una violazione della normativa doganale quando tale violazione non costituisce un reato punibile con una pena privativa della libertà di durata superiore a un anno, bensì un illecito amministrativo.

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