Riflessioni sui regimi d’accisa agevolati sull’energia elettrica e sui prodotti energetici, previsti per gli “autoproduttori” di energia elettrica, indotte dalla sentenza Cass. 16 ottobre 2019, n. 26145
Cass. Civ., sent. 16 ottobre 2019, n. 26145
L’art. 52, comma 3, lett. b) del d. lgs. n. 504/1995 (di seguito, Testo Unico Accise – TUA) dispone che è esentata da accisa l’energia elettrica “prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni”.
Allo scopo di discernere i beneficiari di tale esenzione, è quindi necessario approfondire la nozione di “imprese di autoproduzione”, ovvero di “autoproduzione” di energia elettrica.
La generazione dell’energia elettrica può infatti essere finalizzata:
– al soddisfacimento dei propri fabbisogni e, quindi, l’elettricità direttamente consumata configura un’attività di autoproduzione (con esclusivo riferimento alla parte autoconsumata);
– alla cessione ad altro operatore del sistema elettrico e, quindi, l’elettricità ceduta configura un’attività di produzione dedicata alla cessione “in blocco” a soggetti diversi dai consumatori finali;
– alla fornitura a consumatori finali e, quindi, l’elettricità ceduta configura una produzione a scopo commerciale.
Per “autoproduzione” – in contrapposizione a “produzione” – si intende quindi quell’attività di generazione di energia elettrica (di per sé attività di “impresa”) svolta da un soggetto che esercita una officina di produzione di energia elettrica non come attività economica a sé stante, ma in quanto funzionale ad altra attività del medesimo soggetto (ossia per uso proprio). In particolare, a tale riguardo la nota n. 130439 del 13 dicembre 2013 dell’Agenzia delle Dogane afferma che
“In buona sostanza: – l’autoproduttore non è altro che un consumatore finale che anziché acquistare energia elettrica di cui necessita per la propria attività, la produce, in tutto o in parte, da sé medesimo”; e che “In linea generale, per energia elettrica “autoprodotta” è sempre stata intesa quell’elettricità prodotta per proprio uso e non per scopo di rivendita, per cui l’autoproduttore è quel soggetto che esercita un’officina elettrica per alimentare consumi necessari a proprie esigenze”.
La nozione di “autoproduzione” di energia elettrica è di particolare importanza, peraltro, non solo sotto il profilo della tassazione dell’energia elettrica (atteso che, come si è anticipato, l’art. 52, comma 3, lett. b) prevede un’ipotesi di esenzione per taluni autoproduttori). Essa è anche fondamentale ai fini della tassazione dei prodotti energetici utilizzati per la produzione dell’energia elettrica (es. il gas che, combusto in caldaie tradizionali o in moderni cogeneratori, produce calore il quale, infine, movimenta turbine che producono energia elettrica). I prodotti energetici utilizzati per la “produzione” di energia elettrica, infatti, sono tradizionalmente beneficiari di un regime agevolato, e di un regime ulteriormente agevolato per il caso di “autoproduzione” (al riguardo, si consideri, sino alla sua abrogazione operata dall’art. 1, comma 631, della l. n. 160/2019, il testo del punto 11 della Tabella A allegata al TUA). Attualmente, è direttamente l’art. 21, comma 9 bis TUA a stabilire che i prodotti energetici utilizzati per autoproduzione di energia elettrica godono di una aliquota ridotta del 70% rispetto a quella prevista per la “produzione” (è appena il caso di segnalare, al proposito, che il recente intervento del Legislatore pare aver trasformato il regime d’accisa sui prodotti energetici da regime “agevolativo”, a regime strutturale ordinario, pur mantenendo il livello di tassazione sostanzialmente identico a quello precedente).
Orbene, qui si vuole segnalare che la Corte di Cassazione ritiene che possa beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 52, comma 3, lett. b) solo il soggetto che produce energia elettrica e che la autoconsuma. Tale interpretazione non è affatto scontata, se non altro perché esiste una norma di legge (l’art. 2, comma 2 del cd. Decreto Bersani, il d.lgs. n. 79 del 1999) che definisce come autoproduttore non soltanto chi produce energia elettrica e la consuma per usi propri ma anche colui che comunque fornisce l’elettricità a taluni soggetti qualificati. Più in dettaglio, la norma ora ricordata stabilisce che
“Autoproduttore è la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui all’articolo 4, numero 8, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, degli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
È quindi evidente che, potendo applicare tale norma, la platea dei beneficiari dell’esenzione da accisa sull’energia elettrica (e la platea dei beneficiari dell’aliquota ridotta sui prodotti energetici destinati all’autoproduzione) si amplierebbe notevolmente.
La giurisprudenza di legittimità (ex aliis, Cass. 16 ottobre 2019, n. 26145), tuttavia, ha escluso che la nozione di autoproduttore recata dal Decreto Bersani trovi applicazione ai fini delle accise, e più precisamente esclude che, comunque, si possa esentare da accisa l’energia elettrica prodotta da un’impresa consortile che la ceda a terzi soggetti (nella specie, società consortili di un consorzio di produzione) che ne fanno consumo. Il percorso logico-giuridico della Suprema Corte è lineare nella sua semplicità. In primis, si rileva che il D.Lgs. n. 79 del 1999, all’art. 2, comma 1, afferma che le definizioni di cui ai successivi commi valgono ai soli fini del decreto e, pertanto, la definizione di autoproduzione di cui al comma 2 trova un limite applicativo testuale. In secundis, si espone un argomento sistematico e teleologico:
“le finalità del decreto Bersani, in linea con la direttiva n. 96/92/CE sono quelle di perseguire un mercato concorrenziale dell’energia elettrica mentre il Testo unico accise, come modificato dal D.Lgs. n. 26 del 2007, in attuazione della direttiva n. 2003/96/CE, ha come obiettivo l’armonizzazione della tassazione degli Stati membri della UE in materia di accise sui prodotti energetici”.
Infine, la Corte di Cassazione, dopo aver escluso che ai fini delle accise l’autoproduttore possa essere (come invece previsto dal Decreto Bersani) anche il produttore che cede energia elettrica ai consorziati del consorzio di produzione, riscontra che l’esenzione in esame
“è limitata all’utilizzazione che fa dell’energia medesima il soggetto autoproduttore ed è di stretta interpretazione: deve, pertanto, riconoscersi l’esenzione unicamente alla società consortile che produce l’energia, nei limiti del consumo dalla stessa praticato, e non già per l’ipotesi in cui la società consortile ceda l’energia elettrica a distinti soggetti giuridici quali sono i consorziati […], pena facili ed intuibili elusioni della disposizione agevolativa” (per completezza, si segnala anche Cass. 29176/2019, che – pur con argomentazioni in parte diverse – giunge alla medesima conclusione in ordine alla tassabilità dell’energia elettrica ceduta ai consorziati).
La sentenza della Suprema Corte n. 26145/2019 a prima vista sembra dare una interpretazione restrittiva alla nozione di autoproduttore: ma a ben vedere lascia aperti significativi margini per godere di regimi d’accisa esente o ridotta. La pronuncia in esame infatti pare ammettere che l’impresa produttrice – per la quota parte di energia che essa autoconsuma – sia comunque un “autoproduttore”, sebbene ceda una quantità imprecisata di energia elettrica a terzi. Questo modo di intendere l’autoproduzione (incentrata sull’effettivo autoconsumo: si è autoproduttore nella misura in cui si autoconsuma l’energia elettrica che si produce, a prescindere dal fatto che una quota parte di energia sia ceduta a terzi) potrebbe avere significativi riflessi anche sul regime delle accise dei prodotti energetici: l’autoproduttore che cede a terzi parte dell’energia (ad esempio, ad un soggetto ospite all’interno del proprio stabilimento industriale) potrebbe continuare a godere dell’accisa ultra-ridotta di cui all’art. 21, comma 9 bis, sulla combustione dei prodotti energetici utilizzati per alimentare la propria centrale elettrica in relazione agli autoconsumi, fatta salva l’applicazione dell’aliquota per “produzione” in relazione alla quota di combustibili utilizzati per produrre l’energia elettrica destinata all’ospite.