Investimenti in beni strumentali 4.0: il credito d’imposta spetta anche al Comune che svolge attività di produzione e distribuzione di energia elettrica
Agenzia delle Entrate, risposta n. 389 pubblicata il 22 settembre 2020
Anche il Comune che svolge un’attività commerciale d’impresa, consistente nella produzione e distribuzione di energia elettrica, può usufruire del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi previsto dall’articolo 1, commi 185 e seguenti, della Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di Bilancio 2020).
A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate con la recente risposta n. 389 pubblicata il 22 settembre 2020, attraverso la quale è stato precisato che anche un Ente comunale, pur non essendo un soggetto passivo ai fini IRES ai sensi dell’art. 74, comma 1, del TUIR, ha comunque diritto a godere del richiamato beneficio fiscale in relazione agli investimenti in nuovi beni strumentali che andrà ad acquistare nel corso 2020 nell’ambito della predetta attività, in ogni caso rilevante ai fini IVA in quanto commerciale.
Condizione a tal fine necessaria ed imprescindibile è, naturalmente, la sussistenza dei requisiti di natura oggettiva richiesti dalla disciplina normativa.
La risposta fornita dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di interpello esaminata offre sicuramente uno spunto interessante per scandagliare il perimetro soggettivo di applicazione del bonus investimenti introdotto dalla Manovra di Bilancio 2020 e, soprattutto, per meglio individuare la platea dei potenziali fruitori dell’agevolazione in oggetto, il cui novero e le speculari esclusioni, alla luce dei chiarimenti ufficiali forniti, non sembrano essere limitati a quanto letteralmente indicato nel testo di legge.
Al fine di comprendere con maggior chiarezza la portata della soluzione interpretativa offerta dall’Agenzia delle Entrate in relazione al quesito sottopostole dal contribuente, giova precisare preliminarmente che la Legge 27 dicembre 2019, n. 160 del 2019 (“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”) ha operato una vera e propria ridefinizione della disciplina degli incentivi fiscali collegati al “Piano nazionale Impresa 4.0” e, in particolare, di quelli concernenti gli investimenti in beni strumentali, in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e altre attività innovative e in formazione 4.0.
In particolare, la maggiorazione del costo ai fini della deducibilità dell’ammortamento e dei canoni di leasing prevista fino al 2019, il cosiddetto meccanismo del super ed iper ammortamento, è stato sostituito con l’introduzione di un credito di imposta ad intensità crescente e differenziata in relazione alle diverse tipologie di beni agevolabili. Tale operazione ha l’obiettivo di incentivare con più vigore ed equità rispetto al passato gli investimenti in formazione 4.0 e in trasformazione tecnologico-digitale, nonché di favorire l’accesso ad una platea più ampia di soggetti in precedenza esclusi dalla previgente formulazione normativa.
Ai sensi dell’art. 1, comma 185, della L. n. 160/2019 tale credito d’imposta è riservato e riconosciuto alle imprese che nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2020, ovvero fino al 30 giugno 2021 − ma a condizione, in quest’ultimo caso, che entro il 31 dicembre 2020 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e siano stati pagati acconti per almeno il 20% del costo di acquisizione − effettuano investimenti in beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato.
Come anticipato, la misura dell’agevolazione, e, quindi, del credito d’imposta spettante, per espressa previsione normativa è diversa a seconda della tipologia di beni oggetto di investimento e in funzione dell’importo complessivamente investito e può essere così sintetizzata:
- per i beni materiali strumentali di cui all’allegato A della Legge n. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017), funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”, il credito d’imposta è pari
– al 40% del costo, per investimenti fino a 2,5 milioni di Euro
– al 20%, per la quota eccedente e fino al limite massimo di 10 milioni di Euro;
- per i beni materiali strumentali non appartenenti all’industria 4.0 (non ricompresi, quindi, nel richiamato allegato A), il credito d’imposta è pari al 6% del costo, nel tetto di 2 milioni di costi ammissibili;
- per i beni immateriali di cui all’allegato B della Legge n. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017) il credito è pari al 15%, nel limite massimo di 700 mila Euro di costi ammissibili;
- infine, per gli investimenti in leasing si considera il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni.
Il credito d’imposta appena descritto è, poi, utilizzabile esclusivamente in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, ridotte a tre per gli investimenti in beni immateriali di cui all’allegato B citato.
Venendo, ora, al profilo di maggiore interesse ai nostri fini, relativo all’ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione fiscale in commento, in base al comma 186 del richiamato articolo 1 della L. n. 160/2019 è previsto che possono accedere al credito d’imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, e ciò indipendentemente:
– dalla forma giuridica;
– dal settore economico di appartenenza;
– dalla dimensione;
– dal regime fiscale di determinazione del reddito.
Diversamente, risultano escluse dalla disciplina del nuovo credito d’imposta le imprese:
– in stato di liquidazione volontaria;
– in fallimento;
– in liquidazione coatta amministrativa;
– in concordato preventivo senza continuità aziendale;
– in altra procedura concorsuale prevista dal regio decreto16 marzo 1942, n. 267, dal codice di cui al decreto legislativo12 gennaio 2019, n. 14, o da altre leggi speciali o che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni;
– destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Ebbene, è nel contesto normativo sinteticamente sopra descritto che sorge l’esigenza di interpellare l’Agenzia delle Entrate da parte di un Comune intenzionato nell’ambito della propria attività commerciale di produzione e distribuzione di energia elettrica ad acquistare nel corso del 2020 nuovi beni strumentali − destinati a rimanere i proprietà dell’Ente ed oggettivamente agevolabili dal nuovo credito di imposta − allo scopo di innovarsi da un punto di vista tecnologico e di garantire una maggiore sostenibilità ambientale.
Viene quindi chiesto dall’istante se esso possa godere o meno del predetto credito di imposta in relazione a tali investimenti, intrapresi nello svolgimento di un’attività di impresa che, pur non essendo soggetta ad IRES ai sensi dell’articolo 74, comma 1, del TUIR, è comunque rilevante ai fini IVA e soggetta agli adempimenti previsti dal D.P.R. n. 633/1972, in quanto commerciale.
Ritenendo di poter beneficiare del credito d’imposta, il Comune interpellante richiama a sostegno della propria tesi anche due precedenti circolari dell’Agenzia delle Entrate: la Circolare n. 44/E del 27 ottobre 2009 e la Circolare n. 5/E del 19 febbraio 2015 relativa alla disciplina del credito di imposta per investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’articolo 18 del D.L. n. 91/2014, nella quale, facendo riferimento al credito d’imposta al 15% per gli stessi investimenti previsto nel Decreto Competitività del 2014, si specificava che “possono beneficiare della misura agevolativa anche gli enti non commerciali con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata”.
L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto di confermare in toto, la soluzione interpretativa proposta dal contribuente e ciò sulla base delle seguenti considerazioni.
Dopo aver brevemente ripercorso la normativa di riferimento e, in particolare, i commi 185 e 186 della più volte richiamata Legge di Bilancio n. 160/2019, al fine di circoscrivere il perimetro soggettivo dell’agevolazione fiscale in commento, l’Amministrazione finanziaria si sofferma, in particolare, sulla formulazione letterale della norma laddove prevede che
“possono accedere al credito d’imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito”, mentre “sono escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, altra procedura concorsuale prevista dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal codice di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o da altre leggi speciali o che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni. Sono inoltre escluse le imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231″.
Nel confermare che anche il Comune, benché non sia un soggetto IRES ai sensi dell’art. 74, comma 1, TUIR, rientra nel novero degli aventi diritto ad usufruire del beneficio fiscale in oggetto, meritano di essere evidenziate due osservazioni svolte dall’Agenzia delle Entrate con riferimento al testo di legge sopra riportato, avente la finalità di delimitare l’ambito soggettivo di applicazione del credito di imposta in esame.
La prima osservazione riguarda, innanzitutto, le inclusioni di natura soggettiva.
La formulazione letterale del richiamato comma 186, primo periodo, laddove prevede che possono accedere al credito d’imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, e ciò, soprattutto, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito, viene qualificata dall’Agenzia delle Entrate come particolarmente ampia e flessibile.
Tale interpretazione appare, ad avviso di chi scrive, del tutto conforme con la ratio sottesa alla sostituzione dell’iper e del super ammortamento per l’acquisto di beni strumentali con il nuovo e diverso meccanismo del credito d’imposta, il cui fine è, come si è detto sopra, chiaramente quello di incentivare maggiormente rispetto al passato gli investimenti in formazione 4.0 e favorire l’accesso ad una platea più ampia di soggetti, tra cui forfettari e talune imprese agricole, in precedenza esclusi dalla previgente formulazione normativa.
Cionondimeno − e veniamo così alla seconda osservazione − l’Agenzia delle Entrate sembrerebbe porre una “clausola di salvaguardia” a tale interpretazione estensiva, mitigandola con riferimento alle speculari esclusioni di natura soggettiva menzionate nella richiamata disposizione.
A tal proposito, viene implicitamente precisato che le cause ostative al godimento dell’agevolazione per l’impresa, seppur espressamente individuate dalla norma, non costituiscono, tuttavia, un elenco completo ed esaustivo.
Ed invero – diversamente da quanto sostenuto dall’istante nella soluzione interpretativa prospettata − non è la mancata inclusione degli Enti comunali nel novero dei soggetti espressamente esclusi dal beneficio a far propendere l’Agenzia delle Entrate secondo il principio “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” per il riconoscimento del beneficio fiscale in capo al Comune istante.
Nell’ottica dell’Amministrazione, infatti, emerge chiaramente come determinante ai fini della spettanza del credito d’imposta in argomento sia la presenza di requisiti di natura prettamente oggettiva, quali, in particolare:
– l’attività oggettivamente svolta dal potenziale fruitore, che deve necessariamente essere d’impresa, in quanto commerciale (e ciò proprio perchè l’accesso al credito è riservato a “tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti”);
– l’obiettiva inclusione dei beni strumentali oggetto di acquisto in cui si sceglie di investire tra quelli agevolabili secondo la normativa.
E’ proprio sulla scorta tali considerazioni che, quindi, l’Agenzia delle Entrate fornisce la propria risposta e ritiene che “anche il Comune istante, nella sua attività di produzione e distribuzione di energia elettrica, possa beneficiare del descritto meccanismo agevolativo” a condizione, tuttavia, che nella diversa sede di attività di controllo dimostri la sussistenza degli ulteriori requisiti previsti dalla disciplina sul credito di imposta di cui all’articolo 1,commi 185 e seguenti della legge n. 160 del 2019.
Ciò in quanto, è evidente, il Comune istante, benchè sia un Ente Pubblico, non rientrante in quanto tale tra i soggetti passivi ai fini IRES, ai sensi dell’art. 74, comma 1, del TUIR, svolge tuttavia un’attività che, concretandosi nella produzione e distribuzione di energia elettrica, è qualificabile come un’attività commerciale e, quindi, d’impresa, nell’ambito della quale intende intraprendere gli investimenti in beni strumentali potenzialmente agevolabili secondo la normativa di riferimento.
Sempre ad avviso di chi scrive, tale conclusione appare condivisibile.
Ed infatti, la circostanza per cui il Comune non sia un soggetto IRES non sembra affatto compromettere la possibilità che tale soggetto possa recuperare il credito d’imposta. Ciò perché il predetto credito, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, deve essere utilizzato esclusivamente in compensazione orizzontale e tale impiego è senz’altro possibile anche per un ente pubblico, fermo restando, tuttavia, che quest’ultimo dovrà dimostrare la sussistenza dei requisiti per ottenere il beneficio in questione.