La finalità commerciale della navigazione, ai fini dell’esenzione da accisa sul carburante, va esaminata in concreto: la Cassazione anticipa la Corte di Giustizia.
Cass. civ., sent. del 23 ottobre 2020, n. 23226
La Suprema Corte, con la sentenza depositata il 23 ottobre 2020, n. 23226, ha sostanzialmente anticipato il giudizio di incompatibilità comunitaria della Corte di Giustizia Europea sul ricorso presentato ex art. 258 TFUE il 24 luglio 2020 dalla Commissione Europea contro la Repubblica Italiana (Causa C-341/20) nell’ambito della procedura di infrazione relativa alla disciplina di esenzione da accisa sui prodotti energetici destinati a carburante per la navigazione commerciale nelle acque dell’Unione.
Giova al riguardo premettere che secondo l’art. 24 del Testo Unico Accise (in breve, TUA)
«ferme restando le disposizioni previste dall’art. 17 e le altre norme comunitarie relative al regime delle agevolazioni, i prodotti energetici destinati agli usi elencati nella tabella A … sono ammessi ad esenzione o all’aliquota ridotta nella misura ivi prevista». La Tabella A quindi stabilisce l’esenzione per gli «Impieghi come carburanti per la navigazione nelle acque marine comunitarie, compresa la pesca, con esclusione delle imbarcazioni private da diporto, e impieghi come carburanti per la navigazione nelle acque interne, limitatamente al trasporto delle merci, e per il dragaggio di vie navigabili e porti».
La legge italiana, inoltre, ha previsto una specifica disciplina per le unità da diporto, recata dagli articoli 1 e 2 del d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171. Ivi si stabilisce tra l’altro che
«… si intende per navigazione da diporto quella effettuata in acque marittime ed interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro» e che «L’unità da diporto è utilizzata a fini commerciali quando: a) è oggetto di contratti di locazione e di noleggio; b) è utilizzata per l’insegnamento professionale della navigazione da diporto; c) è utilizzata da centri di immersione e di addestramento subacqueo come unità di appoggio per i praticanti immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo».
In buona sostanza, la navigazione commerciale gode dell’esenzione sul carburante, mentre quella da diporto paga l’aliquota ordinaria: è quindi di particolare importanza discernere i confini tra le due fattispecie.
La Commissione Europea ha chiesto alla Corte di Giustizia
«di constatare che la Repubblica italiana, concedendo il beneficio dell’esenzione dall’accisa ai carburanti utilizzati dalle imbarcazioni private da diporto solo se tali imbarcazioni sono oggetto di un contratto di noleggio, indipendentemente dal modo in cui tale imbarcazione è effettivamente utilizzata, è venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/96»,
a mente del quale gli Stati membri sono tenuti ad applicare un’esenzione per i prodotti energetici forniti per essere utilizzati come carburanti per la navigazione nelle acque dell’Unione, inclusa la pesca, ma diversa dalla navigazione delle imbarcazioni private da diporto.
Secondo la Commissione, difatti, l’esenzione da accisa è riservata ai natanti da diporto utilizzati per prestazioni di servizio a titolo oneroso con fini commerciali, e ciò vale sia se l’utilizzatore è il proprietario dell’imbarcazione, sia se ne è il locatario o il noleggiatore. Al proposito si richiamano le sentenze della Corte di giustizia del 21 dicembre 2011, Haltergemeinschaft, C-250/102 e del 13 luglio 2017, Vakarų Baltijos laivų statykla, C-151/163, per cui nel contesto di una locazione o di un noleggio l’utilizzatore che deve essere preso in considerazione per la concessione o il rifiuto dell’esenzione è il locatario o il noleggiatore, e non il locatore o il noleggiante. Per poter beneficiare dell’esenzione, non è pertanto sufficiente che il noleggio sia un’attività commerciale per il noleggiante: occorre verificare che anche l’uso dell’imbarcazione da parte del noleggiatore sia tale. Ne consegue che, ai fini dell’applicazione dell’esenzione, per il diritto comunitario è necessario analizzare caso per caso quale sia l’uso effettivo del natante privato da diporto, e ciò pare in contrasto con la disciplina italiana che, all’art. 2 del citato d. lgs. n. 171/2005, sembra prevedere un automatismo, ossia una presunzione iuris et de iure di commercialità in caso di noleggio dell’unità da diporto. Tale automatismo è inteso dall’Amministrazione finanziaria nel senso che in caso di noleggio l’esenzione deve essere comunque dovuta agli operatori economici che prestano servizi di navigazione marittima, mentre vanno escluse dall’esenzione le locazioni e i noleggi occasionali (l’art. 49-bis del d. lgs. n. 171/2005, inserito con il d.l. n. 1/2012 ha introdotto l’ipotesi del “noleggio occasionale” prevedendo che “tale forma di noleggio non costituisce uso commerciale dell’unità”: in questo caso la presunzione è inversa, nel senso che il legislatore ha stabilito una presunzione di non commercialità, dalla quale discende l’esclusione automatica dell’esenzione). La concessione dell’esenzione, secondo l’A.F., dipenderebbe meramente dalla tipologia del contratto utilizzato, e prescinderebbe dall’esame dell’attività in concreto svolta da chi viene ad utilizzare l’imbarcazione.
La Corte di Cassazione, nella recente sentenza n. 23226/2020, si è trovata ad esaminare un caso di bunkeraggio (ossia, di operazioni di rifornimento di carburante a bordo delle navi) esente ai sensi del punto 3 della Tabella A allegata al TUA, ed ha espressamente disapplicato il diritto interno, in quanto ritenuto in contrasto con il diritto comunitario, senza la necessità di aprire un giudizio incidentale per l’interpretazione di quest’ultimo.
La Corte premette che il il d. lgs. n. 171/2005 erroneamente confonde
«l’oggetto del rapporto contrattuale di concessione dell’imbarcazione (che verte tra noleggiante e noleggiatore) e utilizzazione del bene stesso (si considera solo l’uso, commerciale, che ne fa il noleggiante e non quello – di uso personale ovvero, a propria volta, commerciale – operato dal noleggiatore), rispetto al quale, invece, il contratto di noleggio non può che avere valenza solo strumentale (come, in alternativa, la proprietà del bene stesso) ai fini della titolarità della posizione di fatto sul natante»,
e da ciò deriva che per il diritto interno non vi è necessità di accertare quale sia l’effettivo uso del bene da parte del soggetto che ne ha la concreta disponibilità ai fini del riconoscimento dell’esenzione.
D’altra parte, il giudice di legittimità rileva che la disciplina unionale riconosce carattere solo strumentale al titolo grazie al quale si consolida il potere di utilizzo sul mezzo nautico, cui deve seguire, per fruire del beneficio, la concreta utilizzazione del bene per scopi commerciali da parte del titolare del potere di fatto. L’art. 2, comma 1, lett. a) del citato d. lgs. n. 171/2005 è quindi in contrasto con la disciplina comunitaria, nella parte in cui fa derivare il riconoscimento dell’esenzione per l’impiego del carburante destinato alla navigazione commerciale dal solo fatto di essere oggetto di contratto di noleggio, senza richiedere l’accertamento dell’effettivo concreto impiego del natante a scopi commerciali da parte del noleggiatore. Ne è derivata la cassazione della pronuncia gravata dall’appello erariale, affinché la Commissione tributaria regionale esamini in concreto la tipologia dell’attività del mezzo oggetto di rifornimento, considerando altresì che l’onere della prova dell’attività commerciale (in quanto presupposto per l’esenzione) grava sul contribuente.