La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2579, depositata il 4 febbraio 2021, in accoglimento delle censure sollevate da una primaria compagnia petrolifera assistita dal nostro Studio, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 5-quinquies, secondo e terzo periodo, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, inseriti dall’art. 2, comma 2-quater del d.l. n. 225/2010. Per l’effetto, gli atti sono stati rimessi alla Corte Costituzionale.

La norma tacciata di incostituzionalità era stata introdotta al fine di consentire l’utilizzo di uno speciale fondo destinato a fronteggiare situazioni di emergenza a rilevanza nazionale, prevedendo contestualmente l’obbligo della sua reintegrazione con le maggiori entrate derivanti dall’aumento, nel limite di cinque centesimi al litro, dell’aliquota dell’accisa sulle benzine e sul gasolio usato come carburante. La norma demandava la determinazione concreta dell’aumento ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Dogane. Fu così emanata  la determinazione direttoriale n. 77579/2011 che aumentava l’accisa nel  periodo compreso tra il 28 giugno ed il 31 dicembre 2011.

Due sono i cardini del ragionamento che hanno portato la Suprema Corte a formulare i propri dubbi di incostituzionalità.

La Cassazione ha innanzitutto rilevato che la fonte normativa (l’art. 2, comma 2-quater del d.l. n. 225/2010), che ha introdotto le disposizioni in analisi, è esattamente la stessa su cui erano fondate le ulteriori disposizioni di cui all’art. 5, commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, della legge n. 225/1992, istitutive dei poteri dei Presidenti delle Regioni di finanziamento di misure di protezione civile, sempre per motivi di emergenza. Tale fonte è già stata dichiarata incostituzionale dal giudice delle leggi, con la sentenza 16 febbraio 2012, n. 22, per  violazione dell’art. 77 Cost., in tema di limiti alla decretazione di urgenza.

La Corte ha poi assunto che i medesimi vizi che hanno comportato tale declaratoria di incostituzionalità si riscontrino anche nella disposizione qui in analisi.

In particolare, si tratta di previsioni tutte inserite – peraltro in sede di conversione e per effetto di emendamenti – in un decreto legge (il n. 225/2010) finalizzato a prevedere interventi urgenti per il sostegno di imprese e famiglie. Sennonché, osserva la Suprema Corte, le disposizioni recate dall’art. 2, comma 2-quater del d.l. n. 225/2010 non hanno nulla a che vedere con le predette finalità del decreto legge.

Fatta questa premessa, la Cassazione ha ripercorso la giurisprudenza costituzionale sull’art. 77, comma 2 Cost. ricordando che la Corte Costituzionale

…ha individuato, tra gli indici alla stregua dei quali verificare <<se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà nel caso di necessità e d’urgenza di provvedere>>, la <<evidente estraneità>> della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita”. Secondo il giudice delle leggi la straordinaria necessità ed urgenza “inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validità prescritta dalla Costituzionale si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il <<caso>> che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera causalità temporale” (così nel richiamo al par. 3.3. della sentenza della  Consulta n. 22/2012).

Pertanto, ha concluso la Cassazione nella propria ordinanza di rimessione, risulta chiara la “comunanza” alle disposizioni qui in analisi al

vizio procedimentale” in violazione dell’art. 77, secondo comma,Cost., quale realizzato con la loro introduzione nella legge di conversione in aggiunta, innovativa ed eterogenea, del testo originario del d.l. 225/2020, trattandosi, come appunto già rivelatosi in C. cost., sentenza n. 22/2012, di disposizioni che nulla avevano a che fare con lo scopo del decreto-legge (che era la proroga di termini legali in scadenza di tipo tributario e per il sostegno delle imprese e delle famiglie”.

Ancora, dunque, una censura della Corte al disinvolto uso della decretazione d’urgenza, che questa volta avrebbe illegittimamente colpito gli operatori petroliferi (e, alla fine, i consumatori). Il possibile accoglimento della questione di costituzionalità, per i soggetti che si siano attivati per tempo, avrà l’effetto “riparatorio” di rendere privi di copertura normativa i versamenti di accisa liquidati sulla base dell’aumento di aliquota sui carburanti per autotrazione deliberato nel 2011 con la determinazione direttoriale n. 77579/2011.

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