Accise: il termine biennale di decadenza dal rimborso decorre dall’ultima dichiarazione di consumo

Commissione tributaria Provinciale di Milano, sez. XIX, sent. 10 marzo 2021, n. 1078
27/04/2021

La CTP di Milano, aderendo ad un orientamento in via di consolidamento, ha affermato che il termine di due anni previsto dall’art. 14 TUA per la richiesta di rimborso delle eccedenze di accisa a credito decorre dall’ultima dichiarazione presentata prima della cessazione dell’attività – e non dalle singole dichiarazioni annuali, né dal momento del versamento dell’imposta risultata in eccesso.

Secondo i giudici, l’eccedenza a credito formatasi annualmente – quale differenza tra gli acconti versati in corso d’anno e l’accisa quantificata “a consuntivo” in sede di dichiarazione – confluisce in un “nuovo saldo creditorio” delle eccedenze pregresse, di volta in volta “sostitutivo” dei saldi annuali precedentemente maturati.

Nei fatti di causa, la società contribuente – svolgente attività di trading nel settore energetico e del gas – ha chiesto a rimborso la maggior accisa versata sui consumi di gas naturale occorsi tra il 2014 e il 2018. Tale richiesta di rimborso giungeva a valle della decisione, assunta dalla società, di abbandonare il mercato “retail” di vendita di prodotti energetici nei confronti degli utenti finali, in favore del mercato b2b di vendita all’ingrosso. Da tale scelta è derivata una riduzione progressiva dei consumi di prodotti energetici a partire dal 2016 sino alla chiusura della propria posizione fiscale nella provincia di interesse, avvenuta nei primi mesi del 2019. Il successivo 29 marzo 2019 – contestualmente alla presentazione della dichiarazione annuale di consumo relativa al periodo d’imposta 2018 – la società ha così presentato istanza di rimborso dell’accisa versata in eccesso nel corso delle annualità precedenti.

Il competente ufficio ha, tuttavia, opposto diniego parziale alla predetta istanza, rilevando l’intervenuta decadenza in relazione ad una quota di credito chiesto a rimborso, il quale sarebbe “maturato alla data del 21 marzo 2016” (i.e. alla data della presentazione della dichiarazione di consumo relativa al periodo d’imposta 2015), ossia oltre il termine di 2 anni dalla presentata istanza. Avverso tale diniego parziale la contribuente ha proposto ricorso, sostenendo come il termine per il rimborso previsto dall’art. 14 TUA vada computato soltanto alla fine del rapporto tributario, nell’ipotesi in cui emerga, dall’ultima dichiarazione di consumo, un’eccedenza di versamenti in acconto rispetto all’imposta dovuta in base ai consumi registrati. Individuando diversamente il dies a quo del termine decadenziale, ha affermato la società, il contribuente sarebbe tenuto a presentare istanza di rimborso per ogni annualità e ciò determinerebbe un vero e proprio “cortocircuito amministrativo”.

La CTP di Milano ha accolto le ragioni della ricorrente.

I giudici hanno ricordato, in via preliminare, le modalità di dichiarazione, di versamento in acconto, nonché di versamento a conguaglio del tributo, previsti dall’art. 26, comma 13 TUA:

  • in relazione alle prime, la norma dispone che “l’accertamento dell’accisa dovuta viene effettuato sulla base di dichiarazioni annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito  d’imposta, che sono presentate dai soggetti obbligati entro il mese di marzo dell’anno successivo a quello cui la dichiarazione si riferisce”;
  • l’assolvimento del tributo, invece, viene effettuato mediante versamenti in acconto mensili di pari importo, quantificati in base ai consumi registrati nell’annualità precedente (“il pagamento dell’accisa è effettuato in rate di acconto mensili da versare entro la fine di ciascun mese, calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente”);
  • l’eventuale conguaglio a debito “è effettuato entro il mese di marzo dell’anno successivo a quello cui si riferisce”. Quanto invece all’eventuale conguaglio a credito, la norma precisa che “le somme eventualmente versate in eccedenza all’imposta dovuta sono detratte dai successivi versamenti in acconto”.

Le eccedenze a credito da ultimo citate, anche in ragione del loro utilizzo “a scomputo” degli acconti dovuti per l’annualità successiva – dunque, anche in ragione della loro natura di peculiare “modalità di pagamento dell’accisa” – non possono configurarsi come pagamenti “indebiti” (in altri termini, più tranchant, “non costituiscono un’autonoma obbligazione rispetto a quella originaria”, Cass. sent. n. 20629/2019). Pertanto, sostengono i giudici di merito, in relazione a tali eccedenze annuali non può ritenersi applicabile il termine di decadenza biennale di cui all’art. 14 del TUA. Al contrario, il versamento dell’accisa in misura superiore a quanto dovuto diviene “indebito” esclusivamente nel momento in cui – terminata la somministrazione – “rimane a conguaglio una maggiore somma versata che il contribuente non è più obbligato ad utilizzare in compensazione”. Ne deriva che, solo a partire dall’insorgenza di tale ultimo “saldo creditorio” di fine attività decorrerà il termine biennale di decadenza per la richiesta a rimborso dell’accisa versata (conf.: Cass. sent. n. 16261/2019; Cass. sent. n. 20629/2019).

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