Autorizzazioni per impianti FER: l’amministrazione non può aggravare il procedimento con la ripetizione delle verifiche ambientali
Tar Basilicata, Sez. I, sentenza 3 maggio 2021, n. 348
Lo sviluppo del settore delle fonti di energia rinnovabile richiede la cooperazione di tutti gli attori sociali, prima tra tutte la pubblica amministrazione, la quale non può, senza valide ragioni, causare un aggravio del procedimento, tanto più quando ciò sia dovuto ad un’errata interpretazione del quadro normativo di riferimento. Un chiaro segnale in tal senso emerge da un’attenta lettura della sentenza pronunciata dal Tar Basilicata, Sez. I, del 3 maggio 2021, n. 348.
Le esigenze di semplificazione che soggiacciono al procedimento amministrativo, infatti, si fanno più che mai evidenti nella materia ambientale, soprattutto con riferimento ai procedimenti che hanno ad oggetto le fonti di energia rinnovabile.
In particolare, con la sentenza in commento il TAR ha accolto il ricorso presentato da una società operante nel settore delle energie rinnovabili, avverso il diniego della Regione Basilicata di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto eolico ed il presupposto parere contrario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio.
La società, che aveva già conseguito la Valutazione di impatto ambientale, avanzava una richiesta di assenso ad una variante non sostanziale del progetto (avente ad oggetto soltanto la sostituzione del modello aerogeneratore e non implicante modifiche alle superfici occupate né alla potenza dell’impianto). Di fronte a tale richiesta, la Regione e la Soprintendenza hanno però ritardato la conclusione dei procedimenti di approvazione della variante e di rinnovo dei titoli autorizzativi, asserendo di dover procedere ex novo alle verifiche ambientali, invero già effettuate.
Orbene, il TAR ha innanzitutto chiarito che, nel caso di specie, la disciplina di riferimento si fonda sull’art. 18 della l. r. n. 47/1998, sugli artt. 5, 6 e 6-bis del d.lgs. n. 28/2011 e sull’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003. In particolare, quest’ultimo, dispone che l’autorizzazione paesaggistica deve confluire nel procedimento di autorizzazione unica.
Nel caso in esame, invece, l’intero quadro normativo è stato disatteso. Infatti, come ha chiosato il TAR
“la Regione ha contraddittoriamente assoggettato la variante in questione ad un momento autorizzatorio non previsto dal pertinente paradigma normativo”.
Secondo il giudice amministrativo, una corretta interpretazione delle norme vigenti richiede che il provvedimento di valutazione di impatto ambientale di competenza statale comprenda anche il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, nel quale
“la Regione deve esprimersi con un unico atto deliberativo sui progetti sottoposti al provvedimento di VIA regionale e contemporaneamente assoggettati a pareri o autorizzazioni o nulla osta (…) in materia di emissioni in atmosfera, rifiuti, cave e bellezze paesaggistiche”.
In conclusione, con tale sentenza si ha una concreta applicazione del principio generale secondo cui l’amministrazione non può aggravare il procedimento, se non per motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria (ex art. 1, co. 2, l. 241/1990) e, pertanto, costituisce un interessante memorandum al rispetto di tale principio e alla necessità che l’amministrazione, chiamata a pronunciarsi nella materia delle rinnovabili, non si faccia promotrice di azioni contrarie ai valori di speditezza procedimentale e alle esigenze di semplificazione ad esso sottese.
Tali esigenze sono più che mai attuali, vista la recente approvazione del d.l. 31 maggio 2021 n. 77, c.d. “d.l. Semplificazioni-bis”, che ha dedicato ampia attenzione alla semplificazione dei procedimenti aventi ad oggetto le fonti rinnovabili, modificando, inter alia, l’art. 5, co. 3, terzo periodo del d.lgs. n. 28/2011. Infatti, con tale aggiornamento il legislatore ha chiarito il significato da attribuire alle c.d. “modifiche non sostanziali” ai fini dell’autorizzazione unica per gli impianti FER, disponendo che per modifiche non sostanziali debbano intendersi gli interventi che, anche se consistenti nella modifica della tecnologia utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti.