28/01/2022

Il 30 dicembre scorso, con 355 voti favorevoli e 45 contrari, è stata approvata alla Camera la legge n. 234 recante il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024”. Tra le principali novità fiscali contenute nella Manovra in questione si annoverano, con specifico riguardo al settore energetico, le seguenti disposizioni ([1]):

1. Modifiche alla disciplina del patent box (art. 1, commi 10-11, legge n. 234/2021)

Come noto, la legge di stabilità 2015 (l. n. 190 del 2014, commi 37-45) ha introdotto, per i titolari di reddito d’impresa, un regime opzionale con tassazione agevolata (c.d. “patent box”) consistente nell’esclusione dal reddito del 50% dei proventi derivanti dall’utilizzazione di alcune tipologie di beni immateriali nonché delle plusvalenze derivanti dalla loro cessione, se il 90% del corrispettivo è reinvestito. Tale regime è stato più volte modificato nel tempo. Un complessivo riordino dell’istituto è, invero, intervenuto con l’art. 6 del D.L. n. 146 del 2021, che ha sostituito la previgente disciplina del patent box con un’agevolazione che maggiora del 90% i costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione ai beni immateriali giuridicamente tutelabili, consentendone così una più ampia deducibilità ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap. Per effetto di tale riforma, l’agevolazione – applicabile alle opzioni esercitate a decorrere dal 22 ottobre 2022 – consiste, in dettaglio, nella maggiorazione dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a: [i] software protetto da copyright; [ii] brevetti industriali; [iii] marchi d’impresa; [iv] disegni e modelli; [v] processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili. Per accedervi è prevista la sola procedura di autoliquidazione del beneficio (il contribuente deve, cioè, conservare ed esibire all’Amministrazione finanziaria idonea documentazione che ne attesti la spettanza) e, rispetto all’originario patent box, non si contempla la procedura di ruling, che esita nella sottoscrizione di un accordo con l’Agenzia delle entrate.

Orbene, la legge di Bilancio 2022 ha confermato tale assetto agevolativo, apportando le seguenti modifiche:

  • innalzamento dal 90 al 110% della maggiorazione fiscale dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a beni immateriali giuridicamente tutelabili (art. 1, comma 10, lett. a) L. n. 234/2021);
  • restrizione dell’ambito dell’agevolazione, che si applica a un numero minore di beni, cioè: [i] software protetto da copyright; [ii] brevetti industriali; [iii] disegni e modelli.

Restano, pertanto, esclusi i marchi d’impresa nonché i processi, le formule e le informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili (art. 1, comma 10, lett. a) L. n. 234/2021).

  • rettifica della decorrenza della nuova disciplina del patent box che, in luogo del termine inziale del 22 ottobre 2021, si applica alle opzioni esercitate con riguardo al periodo di imposta in corso alla data della loro entrata in vigore e ai successivi periodi di imposta (art. 1, comma 10, lett. b) L. n. 234/2021);
  • possibilità per i contribuenti, per tutta la durata dell’opzione, di cumulare il nuovo patent box con il credito d’imposta per le spese di ricerca e sviluppo (art. 1, comma 10, lett. c) L. n. 234/2021);
  • rettifica della disciplina transitoria di passaggio dal vecchio al nuovo regime, per non obbligare al transito automatico al nuovo patent box chi abbia esercitato l’opzione per l’originario istituto, con riferimento ad anni antecedenti al 2021 (art. 1, comma 10, lett. d) L. n. 234/2021);
  • introduzione di un meccanismo di cd. recapture, in base al quale, ove le spese agevolabili siano sostenute in vista della creazione di una o più immobilizzazioni immateriali rientranti tra quelle di cui al patent box, il contribuente può usufruire della maggiorazione del 110% a decorrere dal periodo di imposta in cui l’immobilizzazione immateriale ottiene un titolo di privativa industriale (art. 1, comma 10, lett. e) L. n. 234/2021).

2. Differimento dei termini di decorrenza dell’efficacia delle disposizioni relative a sugar tax e plastic tax (art. 1, comma 12, legge n. 234/2021)

In proposito, si ricorda che la legge di Bilancio 2020 (art. 1, commi 634-658, legge n. 160/2019) ha istituito e disciplinato l’imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI) che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, ad esclusione dei manufatti compostabili, dei dispositivi medici e dei MACSI adibiti a contenere e proteggere medicinali. In aggiunta, la stessa legge di Bilancio (art. 1, commi 661-676, legge n. 160/2019) ha previsto l’applicazione di un’imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate nella misura di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilogrammo nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione. La decorrenza del termine di efficacia di entrambe le imposte, ai sensi della formulazione originaria, era fissata a partire dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione dei provvedimenti attuativi adottati dalle Amministrazioni competenti. Tale termine è stato, tuttavia, più volte modificato e differito nel tempo e da ultimo portato al 1° gennaio 2022 (v. art. 9, comma 3, D.L. n. 73/2021 e art. 133, comma 1, lett. b) D.L. n. 34/2020).

In tale contesto, la legge di Bilancio 2022, in continuità con quanto già disposto, è ulteriormente intervenuta sull’efficacia di plastic tax e sugar tax, posticipandone il termine di decorrenza al 1° gennaio 2023.

3. Proroga del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali “Transizione 4.0” (art. 1, comma 44, legge n. 234/2021)

Come noto, la legge di Bilancio 2020 (art. 1, commi 184-197, legge n. 160/2019), anziché prorogare il cd. super-ammortamento e iper-ammortamento in favore delle imprese – agevolazioni che, in sostanza, consentivano di maggiorare, a fini fiscali, il costo di acquisizione di talune categorie di beni – ha sostituito tali misure con un credito d’imposta per le spese effettuate a titolo di investimento in beni strumentali nuovi (destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato), con scadenza iniziale prevista al 31 dicembre 2020. La legge di Bilancio 2021 (art. 1, commi 1051-1065, legge n. 178/2020), nell’ambito di un più ampio programma volto ad indirizzare le imprese nel processo di transizione tecnologica e di sostenibilità ambientale, e per rilanciare il ciclo degli investimenti penalizzato dall’emergenza legata al Covid-19, ha esteso fino al 31 dicembre 2022 la disciplina del credito d’imposta in questione, potenziando e diversificando le aliquote agevolative, incrementando le spese ammissibili e ampliandone l’ambito applicativo ([2]).

In continuità con l’assetto delineato, la legge di Bilancio 2022 ha previsto la proroga del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali (materiali e immateriali) 4.0 per ulteriori tre anni. Sennonché, lo scenario agevolativo che si prospetta alle imprese per i periodi d’imposta a venire risulta caratterizzato da un progressivo decàlage delle aliquote di credito d’imposta negli anni di proroga. Stando al testo della legge di Bilancio, infatti, in relazione ai beni strumentali materiali 4.0 (inclusi nell’allegato A annesso alla L. 232/2016), per gli investimenti effettuati dal 01.01.2023 al 31.12.2025 ovvero entro il 30.06.2026 su prenotazione al 31.12.2025, il credito d’imposta viene riconosciuto nella misura del 20% entro 2,5 milioni di euro, del 10% oltre 2,5 ed entro 10 milioni di euro, del 5% oltre 10 ed entro 20 milioni di euro. Diversamente, con riguardo ai beni strumentali immateriali 4.0 (inclusi nell’allegato B annesso alla L. 232/2016), per gli investimenti effettuati dal 01.01.2024 al 31.12.2024 ovvero entro il 30.06.2025 su prenotazione al 31.12.2024, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 15% entro 1 milione di euro; mentre, per gli investimenti effettuati dal 01.01.2025 al 31.12.2025 ovvero entro il 30.06.2026 su prenotazione al 31.12.2025, lo stesso credito viene riconosciuto nella misura del 10% entro 1 milione di euro. Resta, invece, escluso dalla proroga al 2023 e successivi periodi, il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi ordinari (non 4.0), sia materiali sia immateriali, che cessa con gli investimenti effettuati entro il 31.12.2022 ovvero entro il 30.06.2023 su valida prenotazione al 31.12.2022.

 

4. Credito d’imposta in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative (art. 1, comma 45, legge n. 234/2021)

Come noto, la legge di Bilancio 2020 (art. 1, commi 200-202, legge n. 160/2019) ha introdotto, per i titolari di reddito d’impresa, la disciplina del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative a supporto della competitività delle imprese. La legge di Bilancio 2021 (art. 1, comma 1064, legge n. 178/2020) ha prorogato lo strumento agevolativo in questione fino all’anno 2022, modificandone l’ambito applicativo in termini di aumento dei tassi di agevolazione e massimali ([3]).

Da ultimo, la legge di Bilancio 2022 ha previsto un rinnovo decennale, fino al 2031, del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, transizione ecologica, innovazione tecnologica 4.0 e altre attività innovative. In dettaglio, per l’anno 2022 si è mantenuta la stessa misura e lo stesso limite massimo disposto dalla legislazione vigente. Sennonché – al pari di quanto osservato circa la proroga del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali (materiali e immateriali) 4.0 – anche con riguardo a tale tipologia di investimenti, lo scenario agevolativo che si prospetta alle imprese per i periodi d’imposta a venire risulta caratterizzato da un progressivo decàlage delle aliquote di credito d’imposta negli anni di rinnovo. Ed infatti, il credito per attività di ricerca e sviluppo viene riconosciuto in misura pari al 20% dei costi, con un limite massimo di 4 milioni di euro, fino al 31 dicembre 2022, mentre dal periodo d’imposta successivo (2023, per i soggetti “solari”) e fino a quello in corso al 31 dicembre 2031 è riconosciuto in misura pari al 10%, nel limite massimo annuale di 5 milioni. Il credito per attività di innovazione tecnologica viene, invece, riconosciuto in misura pari al 10%, nel limite massimo di 2 milioni, fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, mentre dal periodo d’imposta successivo e fino a quello in corso al 31 dicembre 2025 in misura pari al 5%, nel limite massimo di 2 milioni. Analoghe misure e periodi di applicazione sono previsti per il credito d’imposta per design e ideazione estetica. Quanto, poi, al credito d’imposta per innovazione digitale 4.0 e transizione ecologica, il credito spetta: [i] fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022, in misura pari al 15%, con un limite massimo di 2 milioni; [ii] per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022, in misura pari al 10%, con un limite massimo di 4 milioni; [iii] dal periodo d’imposta successivo e fino a quello in corso al 31 dicembre 2025, in misura pari 5%, con un limite massimo annuale di 4 milioni.

5. Rifinanziamento della misura “Nuova Sabatini” (art. 1, commi 47-48, legge n. 234/2021)

Anche con riguardo alle imprese operanti nel settore dell’infrastruttura energetica, l’art. 2, comma 1, del D.L. n. 69/2013 ha previsto, al fine di accrescere la competitività dei crediti al sistema produttivo, che le micro, piccole e medie imprese, come individuate dalla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, possono accedere ai finanziamenti ed ai contributi a tasso agevolato per gli investimenti (anche mediante operazioni di leasing finanziario) in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché per gli investimenti in hardware, in software ed in tecnologie digitali. Modificando l’assetto previgente, la legge di Bilancio 2021 (art. 1, comma 95, legge n. 178/2020) ha disposto che i contributi in questione siano erogati in un’unica soluzione secondo modalità da determinare in sede attuativa con decreto ministeriale, nel rispetto della disciplina comunitaria applicabile e, comunque, nei limiti dell’autorizzazione di spesa stabiliti ([4]).

Al fine di assicurare continuità alle misure di sostegno agli investimenti produttivi delle imprese, la legge di Bilancio 2022 ha “integrato” l’autorizzazione di spesa inerente alla concessione dei contributi statali riconosciuti in base alla misura agevolativa denominata “Nuova Sabatini”:

– di 240 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023;

– di 120 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026;

– di 60 milioni per l’anno 2027.

In aggiunta, novellando l’articolo 2, comma 4, del D.L. n. 69/2013, ha (re)introdotto la regola per cui il contributo sia erogato “in più quote” determinate con il decreto ministeriale di attuazione dello stesso articolo 2. In caso di finanziamento di importo non superiore a 200.000 euro, il contributo “può” essere concesso in un’unica soluzione nei limiti delle risorse disponibili.

6. Modifiche agli incentivi per le aggregazioni tra imprese (art. 1, commi 70-71, legge n. 234/2021)

Come noto, l’art. 2, commi 55-57, del D.L. n. 225/2010 ha istituito un meccanismo di conversione in crediti d’imposta delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio (Deferred Tax Assets – DTA), relative alle svalutazioni di crediti (non ancora dedotte) e al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in più periodi d’imposta ([5]). Tale meccanismo è stato, poi, utilizzato dalla legge di Bilancio 2021 (art. 1, commi 233-242, legge n. 178/2020) per incentivare i processi di aggregazione aziendale realizzati attraverso fusioni, scissioni o conferimenti d’azienda.

Orbene, intervenendo su tale assetto agevolativo, la legge di Bilancio 2022 ha, innanzitutto, esteso l’operatività dell’incentivo in questione alle aggregazioni effettuate entro il 30 giugno 2022 (in luogo del vigente termine del 31 dicembre 2021). In tale prospettiva, si è consentito al soggetto risultante dall’operazione straordinaria, al beneficiario e al conferitario di trasformare in credito d’imposta una quota di attività per imposte anticipate riferite a perdite fiscali ed eccedenze valevoli a fini ACE (Aiuto alla crescita economica) ([6]). Con la legge di Bilancio in commento, viene, inoltre, rimodulato il limite delle DTA trasformabili in credito di imposta, che viene fissato in un ammontare non superiore al minore importo tra 500 milioni di euro e: [i] il 2% della somma delle attività dei soggetti partecipanti alla fusione o alla scissione; [ii] ovvero, il 2% della somma delle attività oggetto di conferimento. Infine, in ragione dell’allungamento e della rimodulazione dell’incentivo per l’aggregazione aziendale, la legge di Bilancio 2022 anticipa dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2021 la cessazione del cd. bonus aggregazione (previsto dall’art. 11 del D.L. n. 34/2019). Tale agevolazione – derogando al regime di neutralità fiscale che caratterizza le operazioni straordinarie – consente, per le operazioni di aggregazione di imprese, il riconoscimento fiscale dell’avviamento e del maggior valore attribuito ai beni strumentali (materiali e immateriali), fino alla soglia di cinque milioni di euro, senza il previo pagamento delle imposte sulle relative plusvalenze.

7. Contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nei settori elettrico e del gas naturale e rafforzamento del bonus sociale elettrico e del gas (art. 1, commi 503-512, legge n. 234/2021)

Nell’ambito delle misure volte a contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale ([7]), la legge di Bilancio 2022 ha previsto, in particolare:

a) la compensazione degli oneri generali di sistema ([8]) per le utenze elettriche con le risorse a tal fine trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali-CSEA (pari a 1.800 milioni) e, per l’effetto:

  • l’annullamento, per il primo trimestre 2022, delle aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche ed alle utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW;
  • la riduzione, già prevista a partire dal 1° luglio 2021, per tutte le altre utenze elettriche non domestiche, della componente degli oneri generali di sistema che finanzia l’incentivazione delle fonti rinnovabili (Asos);

b) la riduzione – con riferimento alle fatture emesse per i consumi dei primi tre mesi del 2022 – dell’aliquota Iva (al 5%) applicabile alle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali;

c) la riduzione – nel primo trimestre 2022 – delle aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas, fino a concorrenza dell’importo di 480 milioni di euro;

d) il potenziamento del bonus sociale nel settore elettrico e del gas (anche attraverso il riconoscimento, nei confronti dei clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute, di tariffe agevolate e/o di piani di rateizzazione dei debiti d’imposta di durata non superiore a 10 mesi, senza applicazione di interessi, secondo modalità definite da ARERA).

8. Modifiche alla disciplina della rivalutazione dei beni e del riallineamento dei valori fiscali (art. 1, commi 622-624, legge n. 234/2021)

Come noto, l’art. 110 del D.L. n. 104/2020 (cd. Decreto Agosto), al comma 1, ha consentito alle imprese assoggettate a IRES che non adottano i principi contabili internazionali di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, anche in deroga alle disposizioni del c.c. e alle norme speciali, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa (cc.dd. immobili merce), mediante il pagamento di una imposta sostitutiva ([9]). Parimenti, lo stesso articolo, al comma 8, ha previsto che il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti a bilancio ex art. 14, comma 1, della legge n. 342/2000 (cd. riallineamento), venga applicato anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002, anche con riferimento alle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’art. 85, comma 3-bis, del TUIR.

Intervenendo entro tale cornice legislativa, la legge di Bilancio 2022 ha fissato alcuni limiti alla deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, del maggior valore attribuito alle attività immateriali d’impresa in sede di rivalutazione e di riallineamento. In particolare, per le attività immateriali le cui quote di ammortamento – ai sensi dell’articolo 103 del TUIR – sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo o del valore, la deduzione deve essere effettuata, in ogni caso, in misura non superiore, per ciascun periodo d’imposta, a un cinquantesimo di detto importo (in sostanza, in almeno 50 anni). Seguendo la descritta impostazione, la legge di Bilancio in questione ha altresì stabilito le modalità di deduzione delle componenti negative derivanti dalla cessione di tali beni a titolo oneroso, ovvero dalla loro estromissione; anche in tali ipotesi, le norme adottate specificano che il suddetto regime di deducibilità limitata non muta qualora il soggetto perda la disponibilità del bene rivalutato o riallineato, ovvero non presenti più in bilancio il costo relativo all’attività immateriale oggetto di riallineamento. Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore o, ancora, di eliminazione dal complesso produttivo di tali attività, dunque, l’eventuale minusvalenza è deducibile, fino a concorrenza del valore residuo del maggior valore di cui al primo periodo, in quote costanti per il residuo periodo di ammortamento, come determinato secondo i limiti così introdotti. Tuttavia, in parziale deroga a tali previsioni, la legge di Bilancio 2022 ha, invero, consentito la deduzione in misura maggiore (secondo l’importo dell’effettivo valore risultante dalla rivalutazione), previo versamento di un’imposta sostitutiva ad aliquota variabile (dal 12% al 16%). Contrariamente alle norme dello Statuto del Contribuente che regolano l’efficacia delle leggi tributarie nel tempo, le disposizioni in commento hanno effetto a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione e il riallineamento sono eseguiti. Viene, infine, consentito, alla luce delle modifiche apportate, di revocare in tutto o in parte una già effettuata rivalutazione, con compensazione o rimborso delle somme versate a titolo di imposta sostitutiva.

9. Sospensione temporanea dell’ammortamento del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali (art. 1, comma 711, legge n. 234/2021)

Come noto, l’art. 60, commi da 7-bis a 7-quinquies, del D.L. n. 104/2020 (c.d. Decreto Agosto) ha consentito ai soggetti che non adottano i principi contabili internazionali di non effettuare, nell’esercizio in corso al 15 agosto 2020, una percentuale (fino al 100%) dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo invece il loro valore di iscrizione così come risultante dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. In particolare, i soggetti che si avvalgono di tale facoltà destinano a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata ([10]).

In relazione all’evoluzione della situazione economica connessa all’emergenza pandemica, la legge di Bilancio 2022 ha esteso la facoltà di non effettuare una percentuale dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni (materiali e immateriali) anche all’esercizio successivo a quello in corso al 15 agosto 2020, in favore dei soggetti che nel predetto esercizio non abbiano effettuato il 100% annuo dell’ammortamento medesimo.

10. Misure di sostegno alla Transizione energetica

In quest’ambito, particolare rilievo assumono le seguenti disposizioni:

a) Garanzia green (art. 1, commi 60-61, legge n. 234/2021)

In sintesi, la legge di Bilancio 2022 modifica le modalità di determinazione delle risorse del fondo per il Green New Deal italiano destinate alla copertura delle garanzie concesse da SACE S.p.A. per la realizzazione di progetti economicamente sostenibili. Si prevede che tali risorse siano determinate, per gli esercizi successivi al 2020, con la legge di Bilancio anziché con il decreto ministeriale istitutivo dell’apposito conto corrente presso la tesoreria centrale per l’effettuazione degli interventi di sostegno del MEF a valere sulle disponibilità del fondo per il Green New Deal ([11]).

b) Fondo per il sostegno alla transizione industriale (art. 1, commi 478-479, legge n. 234/2021)

La legge di Bilancio 2022 istituisce, nello stato di previsione del MISE, il Fondo per il sostegno alla transizione industriale con una dotazione di 150 milioni di euro a decorrere dal 2022, allo scopo di favorire l’adeguamento del sistema produttivo nazionale alle politiche europee in materia di lotta ai cambiamenti climatici. Per il tramite delle risorse finanziarie del Fondo, possono essere concesse agevolazioni alle imprese (con particolare riguardo a quelle che operano in settori ad alta intensità energetica) per la realizzazione di investimenti per l’efficientamento energetico, per impieghi di materie prime e per il riutilizzo di materie riciclate. La legge di Bilancio in commento demanda, poi, a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la transizione ecologica, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, l’adozione delle singole disposizioni attuative.

c) Fondo italiano per il clima (art. 1, commi 488-497, legge n. 234/2021)

La legge di Bilancio 2022 istituisce un Fondo italiano per il clima, con una dotazione pari a 840 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 e di 40 milioni a partire dal 2027, passibile di incremento con l’apporto finanziario di soggetti pubblici o privati, nazionali o internazionali ([12]). Il Fondo, in particolare, finanzierà, anche a fondo perduto, interventi a favore di soggetti privati e pubblici per contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabiliti negli accordi internazionali in materia di clima e tutela ambientale ai quali l’Italia ha aderito ([13]). Le condizioni, i criteri e le modalità per l’utilizzo delle risorse del Fondo saranno stabiliti con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell’economia delle finanze. In ogni caso, gli interventi del Fondo saranno realizzati: [i] nel rispetto delle finalità e dei principi ispiratori della legge 11 agosto 2014, n. 125 (recante “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo”) nonché in conformità alla normativa dell’Unione europea; [ii] coerentemente con gli indirizzi della politica estera italiana; [iii] in primis, in favore dei Paesi individuati dal Comitato di aiuto allo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE-DAC). Tra le attività consentite al Fondo – assunzione di capitale di rischio e concessione di finanziamenti, diretti o indiretti – rileva, in particolare, l’erogazione di garanzie (a prima richiesta, esplicite, irrevocabili e conformi ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale). Tutte le obbligazioni assunte sono, ad ogni modo, assistite dalla garanzia dello Stato quale garanzia di ultima istanza, operante in caso di accertata insolvenza del Fondo.

d) Istituzione del Fondo per l’attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico (art. 1, comma 498, legge n. 234/2021)

La legge di Bilancio 2022 istituisce, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, un apposito Fondo destinato a finanziare l’attuazione delle misure previste dal programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico, con una dotazione pari a 50 milioni di euro nel 2023, 100 milioni di euro nel 2024, 150 milioni di euro nel 2025 e di 200 milioni di euro annui dal 2026 al 2035 ([14]). Si demanda a decreti del MiTE, di concerto con i Ministri indicati per gli aspetti di competenza, di stabilire le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo, anche attraverso bandi e programmi di finanziamento delle attività.

e) Finanziamento per le emergenze ambientali (art. 1, comma 513, legge n. 234/2021)

La legge di Bilancio 2022 istituisce, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, un apposito Fondo da destinare ad interventi di ripristino delle opere di collettamento o depurazione delle acque, nonché di impianti di monitoraggio delle acque, in casi di urgenza correlati ad eventi calamitosi, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

f) Semplificazione del Fondo nazionale per l’efficienza energetica (art. 1, comma 514, legge n. 234/2021)

La legge di Bilancio 2022 interviene sulla disciplina del Fondo nazionale per l’efficienza energetica, riservandone una quota parte delle risorse all’erogazione di contributi a fondo perduto, nel limite complessivo di 8 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022 ([15]).

g) Contributo per la riqualificazione elettrica dei veicoli e finanziamento del sistema ERTMS (art. 1, commi 809-811, legge n. 234/2021)

h) Credito d’imposta impianti fonti rinnovabili (art. 1, comma 812, legge n. 234/2021)

La legge di Bilancio 2022 prevede che, ai fini dell’IRPEF, ai contribuenti è riconosciuto, nel limite massimo complessivo di tre milioni di euro per l’anno 2022, un credito d’imposta per le spese documentate relative all’installazione di sistemi di accumulo integrati in impianti di produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili, anche se già esistenti e beneficiari degli incentivi per lo scambio sul posto di cui all’art. 25-bis del D.L. n. 91/2014. La legge di Bilancio in questione rinvia, quindi, a un decreto del MEF, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la definizione delle modalità attuative per l’accesso al beneficio in commento e per il suo recupero in caso di illegittimo utilizzo, nonché le ulteriori disposizioni ai fini del contenimento della spesa complessiva entro i limiti di spesa ammessi.

In chiave sistematica, gran parte delle disposizioni indicate si colloca, a ben vedere, all’interno del più ampio contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e, in particolare, delle relative misure destinate ad incidere sulle realtà economico-imprenditoriali operanti nel settore dell’infrastruttura energetica. Molte delle previsioni citate costituiscono, invero, attuazione degli impegni assunti in via programmatica nell’ambito della Missione 01 (“Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo”) e della Missione 02 (“Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”) del PNRR ([16]). In quest’ottica, la legge di Bilancio 2022 rappresenta, pertanto, uno dei principali strumenti esecutivi del Piano, senza che ciò precluda l’adozione di ulteriori disposizioni attuative di diverso rango normativo (si pensi, ad esempio, agli appositi decreti ministeriali). Si osserva, in proposito, che l’integrale esecuzione delle misure previste dal PNRR costituisce un “impegno giuridicamente vincolante” per lo Stato, necessario a realizzare gli obiettivi e i traguardi economico-sociali definiti nella strategia del Governo, al cui effettivo conseguimento si lega l’assegnazione su base semestrale delle risorse economico-finanziarie stanziate in sede comunitaria ([17]).

In tale prospettiva, dunque, gli effetti fiscali delle previsioni contenute nella Manovra in questione si colgono, a ben vedere, in rapporto al contesto programmatico da cui le stesse originano. In dettaglio, le misure attuative della Missione 01 (Componente 2) del PNRR (Proroga del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali “Transizione 4.0”; Credito d’imposta in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative; Rifinanziamento della misura “Nuova Sabatini”; etc.) ripetono, in buona sostanza, quanto previsto da precedenti (e analoghi) interventi legislativi. Pertanto, ad esempio, il credito d’imposta finanziato dal Piano potrà essere considerato – alla stregua del precedente – come un contributo in conto impianti. È il caso di ricordare, infatti, che, con riguardo ad un precedente credito d’imposta per investimenti, di cui all’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è stata la stessa Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 241/E del 19 luglio 2002, a qualificare detto credito come un “contributo in conto impianti” ([18]). In sintesi, ai fini fiscali anche il credito d’imposta finanziato nell’ambito del PNRR, e di cui potranno senz’altro beneficiare le imprese operanti nel settore dell’infrastruttura energetica:

– non costituirà sopravvenienza attiva ai fini Ires (ex art. 88 Tuir);

– non concorrerà alla formazione dell’imponibile Irap;

– non rileverà ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi e dei componenti negativi;

– sarà cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo non porti al superamento della spesa sostenuta.

Analogamente, le misure attuative della Missione 02 del PNRR – ancorché ad oggi sommariamente definite – si pongono in evidente continuità con i precedenti intervenuti in materia di “sostenibilità” ambientale, promozione della transizione ecologica e dell’economia circolare, come il d.l. n. 111/2019 (c.d. Decreto “Clima”) e i decreti d’urgenza emanati nel contesto dell’emergenza epidemiologica Covid-19, nell’ottica della riforma fiscale tesa, verosimilmente, ad una progressiva attuazione della green economy per il tramite di un graduale passaggio dalla “fiscalità lineare” – “indifferente rispetto alle dinamiche della spesa e sensibile a quelle del prelievo e del gettito” – alla “fiscalità circolare”, intesa come “l’insieme dei tributi volti a disincentivare comportamenti non sostenibili (quali sprechi o inquinamento) e degli incentivi diretti a promuovere comportamenti sostenibili, anche attraverso aliquote ridotte (Iva o accise) per le produzioni che assicurino cicli di vita ai prodotti particolarmente duraturi, ovvero a quelle che limitano o azzerano la produzione di rifiuti, riducendo l’impiego di risorse scarse, migliorando i cicli di vita dei prodotti” ([19]). È, difatti, ragionevole sostenere che la riforma in questione, superando il modello della “fiscalità lineare” per approdare a quello della “fiscalità circolare”, intenda “apprezzare la dimensione promozionale del fisco”, muovendosi “su due versanti: uno “negativo” attraverso la tassazione della causa dello spreco o dell’inquinamento, uno “positivo” tramite la concessione di agevolazioni fiscali per incentivare l’innovazione di prodotto e di processo a favore dello sviluppo sostenibile” ([20]).

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[1] Sulla proroga delle agevolazioni edilizie (art. 1, commi 28-43, legge n. 234/2021), si rinvia, per un’autonoma trattazione, ad altro contributo su questo sito.

[2] Il credito d’imposta è riconosciuto in misura differenziata, secondo la tipologia di beni strumentali (materiali e immateriali) oggetto dell’investimento. In dettaglio, in relazione ai beni strumentali materiali 4.0 (inclusi nell’allegato A annesso alla L. 232/2016), per gli investimenti effettuati dal 16.11.2020 al 31.12.2021 ovvero entro il 30.06.2022 su prenotazione al 31.12.2021, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 50% entro 2,5 milioni di euro, del 30% oltre 2,5 ed entro 10 milioni di euro, del 10% oltre 10 ed entro 20 milioni di euro; mentre, per gli investimenti effettuati dal 01.01.2022 al 31.12.2022 ovvero entro il 30.06.2023 su prenotazione al 31.12.2022, lo stesso credito è riconosciuto nella misura del 40% entro 2,5 milioni di euro, del 20% oltre 2,5 ed entro 10 milioni di euro, del 10% oltre 10 ed entro 20 milioni di euro. Diversamente, con riguardo ai beni strumentali immateriali 4.0 (inclusi nell’allegato B annesso alla L. 232/2016), per gli investimenti effettuati dal 16.11.2020 al 31.12.2023 ovvero entro il 30.06.2024 su prenotazione al 31.12.2023, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 20% entro 1 milione di euro.

[3] In dettaglio: per la R&S, il tasso di agevolazione fiscale passa dal 12% al 20% con un tetto di 4 milioni di euro (in precedenza 3 milioni di euro) nel 2021 e 2022; per l’innovazione tecnologica, l’aliquota passa dal 6% al 10% con un massimale di 2 milioni (in precedenza 1,5 milioni) nel 2021 e 2022; per l’innovazione verde e digitale, il tasso aumenta dal 10% al 15% con un massimale di 2 milioni (in precedenza 1,5 milioni) nel 2021 e 2022; Per il design e l’innovazione estetica, il tasso aumenta dal 6% al 10% con un tetto di 2 milioni (in precedenza 1,5 milioni) nel 2021 e 2022.

[4] In proposito, l’art. 2, comma 8, del D.L. n. 69/2013 ha inizialmente previsto la seguente autorizzazione di spesa per far fronte agli oneri derivanti dalla concessione dei contributi: 7,5 milioni di euro per l’anno 2014, 21 milioni di euro per l’anno 2015, 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, 17 milioni di euro per l’anno 2020 e 6 milioni di euro per l’anno 2021.

[5] Successivamente, l’art. 9 del D.L. n. 201/2011 ha previsto la conversione delle DTA anche in presenza di perdite fiscali rilevanti.

[6] Si ricorda che il meccanismo fiscale di Aiuto alla crescita economica-ACE, istituito per la prima volta dal D.L. n. 201/2011, la cui disciplina è stata ritoccata più volte negli anni successivi (abrogato dalla legge di Bilancio 2019 e ripristinato dal comma 287 della legge di Bilancio 2020), consiste nella detassazione di una parte degli incrementi del patrimonio netto, o meglio nella deduzione di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Pertanto, l’agevolazione spetta alle imprese il cui capitale viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva, allo scopo di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese. Per il calcolo dell’importo deducibile si effettua la somma dei componenti che hanno inciso positivamente (conferimenti, utili accantonati) e negativamente (riduzioni di patrimonio con attribuzione ai soci, acquisti di partecipazioni in società controllate, acquisti di aziende o rami di aziende) sul capitale. A tale base si moltiplica un’aliquota percentuale, fissata all’1,3% dalla legge di bilancio 2020.

[7] Nel corso dell’Audizione presso le Commissioni riunite X Attività Produttive della Camera e 10° Industria del Senato, tenutasi il 14 dicembre 2021, il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, dopo aver richiamato gli interventi urgenti posti in essere per ridurre l’impatto sociale ed economico dell’aumento del prezzo dell’energia, ha evidenziato come siano, invero, necessarie azioni strutturali di più ampio respiro sul medio e lungo periodo per rendere il sistema di approvvigionamento energetico più resiliente alle fluttuazioni dei prezzi, in modo da offrire ai consumatori finali energia pulita a prezzi accessibili, incidendo sul mix energetico in chiave sostenibile. A tal proposito, il Ministro ha affermato che il Governo sta valutando possibili misure di riduzione dell’ammontare in bolletta elettrica, modificando la curva degli oneri di sistema attesa nei prossimi anni e i tempi di raccolta delle risorse.

[8] Con le bollette dell’energia elettrica, oltre ai servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), ai servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore) e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cc.dd. oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi.

[9] La legge di Bilancio 2021 (art. 1, comma 83, legge n. 178/2020) ha esteso la possibilità di rivalutare i beni di impresa anche all’avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

[10] In caso di utili di esercizio di importo inferiore a quello della suddetta quota di ammortamento, la riserva è integrata utilizzando riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili; in mancanza, la riserva è integrata, per la differenza, accantonando gli utili degli esercizi successivi.

[11] Il DEF 2021 dedica un approfondimento alle Garanzie SACE Green New Deal, definite quale nuovo strumento introdotto con il D.L. n. 76/2020 (art. 64), finalizzato al supporto di nuovi progetti o investimenti di aziende di qualsiasi dimensione in grado di agevolare la transizione verso un’economia pulita e circolare, favorire l’integrazione dei cicli produttivi con tecnologie a basse emissioni per la produzione di beni e servizi e facilitare la transizione verso una mobilità sostenibile, multimodale e intelligente al fine di ridurre l’inquinamento.

[12] La Relazione illustrativa chiarisce che il Fondo dovrà contribuire al raggiungimento degli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale e, per l’effetto, ad incrementare le risorse finanziarie destinate ad iniziative di adattamento e contrasto al cambiamento climatico. Nel contesto della COP 21 (Conferenza di Parigi sul clima del 2015, cui hanno fatto seguito le successive COP, da ultimo la COP 26 di Glasgow), infatti, i principali Paesi industrializzati – e tra essi l’Italia – hanno assunto l’impegno collettivo, da raggiungere entro il 2020, di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno verso iniziative di finanza per il clima a favore di Paesi in via di sviluppo. Le risorse effettivamente messe a disposizione dall’Italia nel periodo 2015-2018 si sono, tuttavia, attestate su valori inferiori rispetto agli impegni assunti, risultando mediamente pari a circa 500 milioni di dollari all’anno, né sono stati sinora annunciati ulteriori impegni per il periodo successivo al 2020.

[13] I principali accordi internazionali di cui l’Italia è parte sono:

1) l’Accordo di Parigi, sottoscritto nel dicembre 2015 da 190 Paesi contraenti. Esso stabilisce un quadro globale per evitare pericolosi cambiamenti climatici. Ha posto l’ambizioso obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali entro fine secolo, limite massimo oltre il quale si ritiene che l’impatto delle temperature si tradurrebbe in gravi danni per gli abitanti e l’ecosistema del pianeta;

2) l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, sottoscritto nel 2015 dai Governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Si tratta di un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità. Essa ingloba 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, tra cui l’obiettivo 13, relativo ad “azioni urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze” e l’obiettivo 15, relativo a biodiversità, foreste e desertificazione.

A livello europeo, rileva, invece, il Green deal, programma per una nuova crescita sostenibile, finalizzato a rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 ed a raggiungere l’obiettivo collettivo di una riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Al fine di realizzare tale traguardo, la Commissione europea ha presentato il 14 luglio 2021 una serie di proposte, in cui si rivede e si aggiorna la normativa dell’UE, perché essa sia in linea con gli obiettivi climatici concordati (cd. pacchetto “pronti per il 55 per cento”, Fit for 55). Per il finanziamento del Green deal sono state messe a disposizione specifiche risorse all’interno del “Next Generation EU” (NGEU). In particolare, il 37% delle risorse complessivamente richieste dagli Stati membri nei rispettivi Piani nazionali di ripresa e resilienza è dedicato a interventi di contrasto al cambiamento climatico. Specifiche risorse sono, poi, disponibili all’interno del Fondo speciale per una transizione giusta, focalizzato al sostegno delle attività che più di altre risentiranno negativamente dell’impatto di tale transizione, con una dotazione di 17,5 miliardi di euro.

[14] Si indicano, in proposito, le finalità di: [i] assicurare l’efficace attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2018, che ha recato l’attuazione della direttiva (UE) 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici; [ii] nonché di rispettare gli impegni di riduzione delle emissioni assunti dall’Italia.

[15] Il fondo è stato istituito dall’art. 15 del d.lgs. n. 102/2014 per il finanziamento di interventi coerenti con il raggiungimento degli obiettivi nazionali di efficienza energetica, con l’individuazione delle seguenti finalità: [i] interventi di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici di proprietà della Pubblica Amministrazione; [ii] realizzazione di reti per il teleriscaldamento e per il teleraffrescamento; [iii] efficienza energetica dei servizi e infrastrutture pubbliche, compresa l’illuminazione pubblica; [iv] efficientamento energetico di interi edifici destinati ad uso residenziale, compresa l’edilizia popolare; [v] efficienza energetica e riduzione dei consumi di energia nei settori dell’industria e dei servizi; [vi] efficienza energetica e riduzione dei consumi nel settore dei trasporti. Il fondo opera, oltre che con la concessione di 15 garanzie, anche attraverso l’erogazione di finanziamenti, direttamente o attraverso banche e intermediari finanziari.

[16] Approvato con Decisione di esecuzione del Consiglio – che ha recepito la proposta della Commissione europea – il PNRR italiano prevede investimenti per un totale di 222,1 miliardi di euro nelle aree di intervento riconducibili a sei pilastri essenziali: 1) transizione verde; 2) trasformazione digitale; 3) crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, compresi coesione economica, occupazione, produttività, competitività, ricerca, sviluppo e innovazione e un mercato unico ben funzionante con PMI forti; 4) coesione sociale e territoriale; 5) salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, anche al fine di aumentare la capacità di reazione e la preparazione alle crisi; 6) politiche per la prossima generazione, infanzia e gioventù, incluse istruzione e competenze.

[17] Ai fini dell’accesso ai fondi è, infatti, imposto a ciascuno Stato membro di concludere con la Commissione europea un accordo che, ai sensi dell’articolo 23 del regolamento (UE) 2021/241, si qualifichi come un “impegno giuridico specifico”.

[18] Per l’effetto, il credito d’imposta concorrerà alla formazione del reddito in relazione al processo di ammortamento del bene per il quale è stato concesso. In linea di principio, verrà contabilizzato – nel momento in cui gli investimenti saranno effettuati – o come ricavo anticipato da riscontare (risconto passivo) in funzione della durata dell’ammortamento del bene (in tal caso, il credito verrà imputato al conto economico nella voce A5 “Altri ricavi e proventi” e, quindi, rinviato per competenza agli esercizi successivi attraverso l’iscrizione dei risconti contabili), oppure direttamente decurtato dal costo storico del bene ammortizzabile.

[19] Così A.F. URICCHIO, Sostenibilità e misure fiscali e finanziarie del d.l. Clima, in Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it n. 3/2020. In particolare – nella prospettiva di limitare al massimo il riscaldamento globale e di incoraggiare, sotto il profilo fiscale, l’utilizzo di fonti di energia più pulite e sostenibili, ad esempio, nel settore idroelettrico, eolico e in quello dell’energia solare – il fisco, avvalendosi di strumenti impositivi, dovrà dosare, allo stesso tempo, “incentivi fiscali e logiche del prelievo”, attraverso la previsione di un sistema avente ad oggetto un numero rilevante di tributi ambientali – riconducibili alla categoria dei tributi c.d. “disincentivanti”, avendo prevalentemente la finalità di contrastare condotte impattanti sull’ambiente, correggendo i comportamenti sia degli individui che delle imprese – e, parallelamente, un numero significativo di incentivi e crediti d’imposta applicabili a tributi che, in relazione al loro presupposto, non sono qualificabili in senso stretto come ambientali (si pensi, a titolo esemplificativo, alle imposte sui redditi, all’Iva e alle accise).

[20] Ibidem.

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