28/01/2022

Lo scorso 7 dicembre 2021, i Ministri delle Finanze dei 27 paesi membri dell’Unione Europea, riuniti all’interno dell’Ecofin (Consiglio Economia e finanza del Consiglio dell’Unione Europea), hanno raggiunto all’unanimità, dopo 3 anni di negoziati, un accordo sulla proposta di direttiva volta a revisionare il quadro europeo delle aliquote IVA agevolate, la cui disciplina è attualmente contenuta nell’allegato III alla direttiva n. 112/2006/Ce (Direttiva IVA).

Tale proposta di direttiva, promossa nel gennaio 2018 dalla Commissione Europea, ha come obiettivo principale quello di adeguare la legislazione fiscale unionale alle finalità della politica europea in materia di ambiente e lotta ai cambiamenti climatici, sanità pubblica e digitale.

In particolare, la proposta di direttiva finalizzata a revisionare il quadro europeo delle aliquote IVA agevolate dovrà risultare coerente, da un lato, con il “Programma UE per la salute” – c.d. EU4Health – (Regolamento (UE) 2021/522), che istituisce il programma d’azione sanitario dell’Unione per il periodo settennale 2021-2027 e, dall’altro, con il c.d. European Green Deal[1], mediante il quale la Commissione Europea, l’11 dicembre 2019, ha adottato una nuova strategia di crescita che mira a trasformare  l’Unione da un’economia basata sulle fonti fossili a un’economia fondata sulle energie rinnovabili e, allo stesso tempo, moderna, efficiente e digitale.

Alla luce dei predetti obiettivi, le istituzioni europee hanno ritenute che le attuali regole in materia di IVA, concordate nel 1992, siano ormai obsolete e troppo restrittive. Dette norme, infatti, permettono agli Stati membri di applicare aliquote ridotte solo a un circoscritto elenco di beni e servizi; tali limitazioni, in non pochi casi, finiscono per ostacolare, anziché promuovere, gli obiettivi di politica europea soprarichiamati. Basti pensare che, recentemente, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’istanza di interpello n. 692 del 8 ottobre 2021[2], ha elaborato un intervento di prassi in materia di IVA agevolata che, a ben vedere, sembrerebbe contrastare con le politiche, tanto nazionali quanto unionali, in tema di transizione energetica. L’Amministrazione Finanziaria ha, infatti, ritenuto che solamente la realizzazione ex novo di una centrale di energia elettrica possa beneficiare dell’aliquota IVA ridotta al 10%, stabilita dai numeri 127 quinquies, sexies e septies, Tabella A, Parte III, allegato al d.P.R. n. 633/1972; viceversa, l’intervento di ammodernamento (c.d. revamping) della centrale dev’essere escluso dal beneficio dell’IVA agevolata, essendo valutato dall’Amministrazione Finanziaria come “mera attività di manutenzione straordinaria”[3]. Si tratta evidentemente di un’interpretazione restrittiva della normativa, apparentemente in contrasto con la finalità stessa dell’aliquota agevolata di promuovere, per esigenze di tutela ambientale, il rinnovamento degli impianti già esistenti, piuttosto che la costruzione di nuovi impianti. Attenta dottrina ha già rilevato che una diversa interpretazione della norma, che ne estenda il campo di applicazione anche agli impianti preesistenti, non soltanto sembrerebbe essere più coerente con le finalità dell’agevolazione, ma parrebbe senz’altro necessitata alla luce del quadro normativo globale in tema di transizione energetica, da cui emerge come leitmotiv la necessità di assicurare una sempre maggiore sostenibilità ambientale, privilegiando la produzione di calore-energia mediante fonti rinnovabili.

Tanto premesso, si comprende vieppiù l’importanza della proposta di revisione della direttiva n. 112/2006/Ce (Direttiva IVA) recentemente approvata, ai fini dell’allineamento delle regole in materia di IVA alle priorità comuni dell’Unione, quali la promozione della transizione verde, il sostegno alla digitalizzazione e la tutela della salute pubblica.

Venendo al merito dell’accordo raggiunto dai Ministri delle Finanze all’Ecofin, i capisaldi della proposta di direttiva in esame sono principalmente due: da una parte, la modifica mira ad una maggiore armonizzazione delle normative nazionali in materia di IVA ridotta, dall’altra si impone agli Stati membri di rivedere il paniere dei beni e servizi a cui i medesimi potranno accordare l’IVA più leggera.

Più nello specifico, le modalità attraverso cui si attuerà il rinnovamento del sistema delle aliquote IVA, come emergono dalla proposta di direttiva, sono essenzialmente tre:

  1. l’aggiornamento dell’elenco dei beni e dei servizi (allegato III della direttiva IVA) a cui tutti gli Stati membri possono applicare aliquote IVA ridotte. Tra le aggiunte all’elenco figurano nuovi prodotti e servizi che tutelano la salute pubblica e beni e servizi che producano esternalità positive per l’ambiente[4];
  2. l’eliminazione, entro il 1° gennaio 2030, della possibilità per gli Stati membri di applicare aliquote ridotte ed esenzioni sui beni e servizi con un carbon foot print[5] molto elevata[6];
  3. l’estensione a tutti gli Stati membri della possibilità di introdurre deroghe ed esenzioni per determinati beni e servizi, attualmente accordata per ragioni storiche solo ad alcuni Paesi membri dell’Unione, al fine di garantire la parità di trattamento ed evitare potenziali distorsioni della concorrenza[7]. Le deroghe esistenti che non sono giustificate da obiettivi di politica pubblica diversi da quelli che sostengono l’azione per il clima dell’UE dovranno invece essere eliminate entro il 2032.

La proposta di riforma alla direttiva n. 112/2006/Ce (Direttiva IVA) opera una serie di modifiche orientate ad armonizzare maggiormente il complesso mosaico delle aliquote ridotte vigenti nei 27 ordinamenti nazionali dell’UE. Per fare ciò, anzitutto viene delineato un perimetro più definito per l’IVA “di favore”, prevedendo tre aliquote ridotte di diversa entità. In base alle nuove regole, ciascuno Stato UE potrà prevedere:

– due aliquote ridotte di almeno il 5 per cento, da accordare ad un massimo di ventiquattro tipologie di beni e servizi a scelta tra quelle inserite nell’elenco che compone l’allegato III della direttiva IVA, come rinnovato dalla direttiva medesima;

– un’aliquota ridotta inferiore al minimo del 5 per cento e un’esenzione con diritto alla detrazione dell’Iva a monte, da accordare a un massimo di sette categorie selezionate da un elenco più ristretto nell’ambito dello stesso allegato III. Si precisa, inoltre, che tutti gli Stati che applicheranno tale regime di favore a più di sette categorie di beni e servizi avranno tempo fino al 1° di gennaio 2032 per uniformarsi.

Allo stato dei fatti, la prossima tappa procedimentale sarà la consultazione del Parlamento europeo sul testo definitivo di proposta; le modifiche, una volta approvate dagli Stati membri dell’Unione, entreranno in vigore decorsi 20 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.

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[1] Cfr. S. Supino Il ruolo della fiscalità nel Green Deal europeo e la Carbon Border Tax: tra nuove imposte e vecchi temi, interni (coesione tra Stati) e esterni (rispetto degli obblighi internazionali) ai confini dell’UE.

[2] Cfr. A. La Rosa, Revamping di centrale energetica e aliquote IVA ridotte.

[3] Cfr. G. Degani, Manutenzione ed efficientamento di una centrale energetica: si applica l’aliquota IVA ordinaria, in Fisco n. 47-48/2021, p. 4531 ss.

[4] All’interno del documento questions and answers pubblicato dalla Commissione Europea  in seguito all’accordo raggiunto dall’Ecofin, vengono menzionati a titolo esemplificativo, i servizi digitali come l’accesso a internet e la direttiva streaming di eventi culturali e sportivi, nonché i beni che si sono rilevati fondamentali nella lotta alla pandemia da Covid-19 come i dispositivi di protezione individuale, o ancora, i sistemi di riscaldamento ecologici nonché i pannelli solari installati sugli immobili.

[5] La carbon footprint è una misura che esprime in C02 equivalente il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente ad un prodotto o un servizio.

[6] Inoltre, dal 1° gennaio 2032 verranno meno anche le aliquote ridotte e le esenzioni per i fertilizzanti chimici e i pesticidi, in quanto molto inquinanti.

[7] Al fine di raggiungere la c.d. “parità di deroghe”, la proposta di direttiva introduce un meccanismo di transizione alquanto stringente: entro tre mesi dall’entrata in vigore della direttiva, infatti, gli Stati membri avranno l’onere di comunicare al Comitato IVA le eventuali deroghe in essere. Sulla base di tali indicazioni, la Commissione stilerà un elenco completo dei beni e servizi cui si applicano aliquote ridotte o esenzioni, da comunicare a tutti gli Stati membri, affinchè sia garantito a questi ultimi un pari accesso alle deroghe stesse.

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