La Corte Costituzionale si pronuncia sulla riserva di procedimento amministrativo nella materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”
Corte Costituzionale, sentenza del 6 aprile 2022, n. 121
Con la sentenza del 6 aprile 2022, n. 121, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di talune modifiche introdotte nel Piano di indirizzo energetico regionale (PIEAR) della Basilicata, per contrarietà all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Il caso in esame trae origine nel ricorso in via principale proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, con cui veniva censurata l’illegittimità dell’art. 1, comma 1, lettere a) e b), e dell’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Basilicata 26 luglio 2021, n. 30.
Secondo la tesi prospettata dalla Presidenza del Consiglio, le disposizioni impugnate, introducendo indebite restrizioni, si ponevano in contrasto con (i) i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione; (ii) l’art. 117, comma 1, per violazione del principio di massima diffusione delle energie da fonti rinnovabili, sotteso alla disciplina della Direttiva 2009/28/CE, invocata quale parametro interposto.
Nello specifico, l’art. 1, comma 1, lettere a) e b), modificava alcune previsioni del PIEAR, al fine di rendere più stringenti taluni requisiti tecnici minimi previsti per i progetti relativi agli impianti fotovoltaici di grande generazione.
Quanto alla disposizione di cui alla lettera a), il limite di potenza di 10 MW, originariamente previsto per l’installazione, in qualsiasi area, degli impianti fotovoltaici di grande generazione, veniva riferito alle sole aree cosiddette “brownfield”, ossia le «già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto […], tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006» (cfr., paragrafo 16, punto 1, lett. d), del D.M. 10 settembre 2010).
Viceversa, per tutte le diverse aree c.d. “greenfield”, la lettera b) dell’art. 1, comma 1, introduceva un nuovo limite di potenza di 3 MW, preservando la possibilità di aumentarlo del 20 per cento, in presenza di progetti contenenti interventi a supporto dello sviluppo locale e in grado di concorrere, nel loro complesso, agli obiettivi del PIEAR.
Analoga portata precettiva, era contenuta nell’impugnato articolo 2, commi 1, 2 e 3, che modificava in senso restrittivo i requisiti tecnici minimi richiesti per l’autorizzazione di progetti relativi a impianti eolici di grande generazione.
Alla luce delle disposizioni introdotte si doleva della sostanziale introduzione di un divieto assoluto di installazione di impianti nei siti non idonei.
La Regione, nelle proprie difese, invece, sosteneva la compatibilità delle norme impugnate con i principi costituzionali, asserendo che la portata precettiva delle stesse garantisse il corretto bilanciamento tra le esigenze di massima diffusione delle fonti da energia rinnovabile e la tutela paesaggistica. Inoltre, con riferimento ai siti non idonei, evidenziava che la disciplina introdotta non poneva un divieto assoluto di installazione, bensì determinava una “elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione”.
Tuttavia, la Corte, interpretando testualmente e sistematicamente le norme impugnate, ha evidenziato l’illegittimità dell’introduzione di requisiti che vincolavano in astratto e a priori l’avvio della procedura autorizzativa, senza lasciare spazio alla valutazione in concreto da parte dell’amministrazione. A parere della Consulta, le disposizioni sottoposte al vaglio di costituzionalità, cristallizzando per legge taluni (gravosi) elementi indispensabili al fine dell’ottenimento dell’autorizzazione, comprimevano la valutazione in concreto riservata al procedimento autorizzativo, in aperto contrasto con i principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», così come interpretato dalla costante giurisprudenza costituzionale. Sul punto, i giudici costituzionali hanno evidenziato che
“le disposizioni impugnate violano i citati principi fondamentali della materia sotto due profili: per un verso, in quanto riguardano genericamente porzioni significative del territorio, e, per un altro verso, poiché non rispettano la riserva di procedimento amministrativo e la relativa istruttoria, finalizzate a comporre gli interessi pubblici coinvolti e a garantire loro una corretta valorizzazione (ex multis, sentenze n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011). […]
In conclusione, sia che l’interpretazione volga nel senso dell’imposizione di requisiti inderogabili, sia che l’angolatura ermeneutica si ispiri al meccanismo dell’individuazione dei siti non idonei, in ogni caso, si conferma il contrasto delle disposizioni impugnate con i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», con conseguente sacrificio della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (sentenze n. 77 del 2022, n. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011).”
La decisione in commento pone l’accento sul ruolo delle amministrazioni finali, tutelando la cosiddetta riserva di procedimento amministrativo, prevista proprio al fine di consentire la corretta valutazione caso per caso dei progetti presentati, in conformità al principio di matrice europea e internazionale di massima diffusione della produzione di energia da fonte rinnovabile; principio che, mai come in questo periodo di grave crisi energetica, deve permeare l’azione ad ogni livello amministrativo.