28/06/2022

La realizzazione degli interventi nell’ambito dei bonus edilizi comporta, nella maggior parte dei casi, un conflitto con il diritto di proprietà dei vicini confinanti o addirittura tra gli stessi condòmini all’interno del medesimo condominio.

In questa sede si intende esaminare l’ipotesi della costruzione di un cappotto termico che, determinando l’ispessimento dei muri perimetrali, spesso (i) oltrepassa i limiti della proprietà privata dei vicini ovvero (ii) determina una diminuzione della distanza tra un edificio e l’altro.

Per ciò che concerne il diritto di proprietà, la sua qualificazione come diritto assoluto legittimerebbe la sua prevalenza su qualsiasi tipologia di intervento che ne provochi una limitazione o riduzione. Tuttavia la Suprema Corte, con la recente pronuncia n. 15698/2020, riguardante lo sconfinamento di 10 cm del cappotto termico del condominio nel terrazzo di due condomini, ha statuito che il proprietario non può opporsi, a mente dell’art. 840, comma 2, del c.c.,

“ad attività di terzi (quale, ad esempio, l’immissione di sporti) che si svolgano a profondità od altezza tali che egli non abbia interesse ad escluderle e, pertanto, ove ritenga di contestarle, è suo onere dimostrare che dette attività gli arrechino un pregiudizio economicamente apprezzabile, da intendere non in astratto, ma in concreto, avuto riguardo alle caratteristiche ed alla normale destinazione, eventualmente anche futura, del fondo, ovvero alla possibile utilizzazione di tale spazio a scopo di sopraelevazione” (cfr. Cass. Civ., Sez. VI, 23 luglio 2020, n. 15698, p. 4).

Grava pertanto sul proprietario l’onere di dimostrare l’effettivo pregiudizio subìto. Nel caso in esame, il cappotto termico era posto a circa 1 m dal piano di calpestio e inoltre sulla facciata correva in precedenza una tubatura di gas. La Corte di Cassazione ha rilevato che i proprietari avrebbero potuto efficacemente opporre all’intervento il pregiudizio concretamente subito dalla sporgenza del manufatto. Nel caso di specie, non avendo i proprietari presentato alcuna prova, la Cassazione accoglieva il ricorso del condominio, rinviando la causa in appello per un nuovo esame.

Al fine di porre rimedio al problema delle distanze, invece, il legislatore ha introdotto due disposizioni: in primis l’art. 13 del d.lgs. 73/2020 con il quale, modificando l’art. 14, comma 7, D.Lgs. 102/2014, ha previsto che per gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, lo spessore maggiore dei muri esterni nonché degli elementi di chiusura, superiori o inferiori, volti ad ottenere una riduzione del 10% dei limiti di trasmittanza, non venga computato “per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e dei rapporti di copertura”. Inoltre, nei limiti del maggior ispessimento, “è permesso derogare, nell’ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abilitativi […], a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali, o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché alle altezze massime degli edifici”. Resta comunque il rispetto delle distanze minime prescritte dal codice civile.

In secondo luogo, con il d.l. 77/2021, il legislatore ha inserito un periodo all’interno dell’art. 119, comma 3, disponendo che “gli interventi di dimensionamento del cappotto termico e del cordolo sismico non concorrono al conteggio della distanza e dell’altezza, in deroga alle distanze minime riportate all’articolo 873 del codice civile”, ossia alla distanza minima di 3 metri o, in alternativa, a quella maggiore stabilita dai regolamenti locali.

Emerge quindi che gli interventi di efficientamento energetico che provocano un aumento volumetrico o dimensionale degli immobili, non possono essere oggetto di contestazione alcuna, essendo pacifica la loro ammissibilità.

Dall’esame congiunto di tali questioni circa il diritto di proprietà e le distanze è evidente che la soluzione migliore sia quella di prevenire ed evitare la fase giudiziale, raggiungendo un accordo con i proprietari confinanti tramite un’autorizzazione scritta ovvero la definizione di una servitù o, infine, la costituzione di un diritto di superficie. Ove ciò non sia possibile, sarà onere del proprietario dell’immobile dimostrare il pregiudizio concretamente subito.

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