La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19401 depositata l’8 luglio 2021, è intervenuta su di una questione di particolare rilievo, ossia sulla nozione di “uso del gas naturale connesso all’attività industriale”, che concorre a definire  – in base all’art. 26, d. lgs. n. 504/1995 (di seguito, TUA), il campo di applicazione dell’aliquota di accisa “per usi industriali”.

Occorre al riguardo preliminarmente ricordare che il gas naturale è soggetto ad un regime di accisa erariale (e ad uno di addizionale regionale, del quale qui per brevità si ometterà di trattare), differenziato a seconda del tipo di impiego (tra quelli previsti dalla legge) cui il gas in concreto viene sottoposto. Il regime d’accisa, in base all’effettivo uso cui è sottoposto il gas, può quindi essere di esclusione, esenzione o tassazione, e – in quest’ultimo caso – occorre stabilire  l’aliquota appropriata, che potrà essere di tipo civile,  industriale, per produzione di energia elettrica, ecc. L’aliquota più elevata è quella per uso di tipo “civile”, sicché il fornitore del gas (che è l’unico soggetto passivo nell’ambito del rapporto tributario con l’Amministrazione doganale) di regola applica questa al gas, salvo che il proprio cliente gli chieda – sulla base di una apposta istanza – di applicare una diversa e più vantaggiosa aliquota.  L’accisa applicata dal fornitore al gas è quindi  chiesta in rivalsa al cliente (che non è soggetto passivo di accisa, ma subisce la rivalsa sulla base di un rapporto di tipo civilistico col proprio fornitore), come esposto nelle fatture di fornitura: naturalmente l’aliquota così applicata dal fornitore rimane ferma salvo a eventuali accertamenti dell’Agenzia delle Dogane, che riqualifichino la tipologia degli impieghi (riqualificazione poi suscettibile di contestazione in sede giudiziale).

L’art. 26 TUA individua le tre principali tipologie di impieghi del gas naturale: gli usi civili, quelli industriali e l’autotrazione, soggetti alle differenti e specifiche aliquote di cui all’allegato I del TUA.

Per quanto concerne gli usi industriali, in base al comma 3 dell’art. 26 cit., sono considerati compresi in essi “gli impieghi del gas  naturale,  destinato  alla  combustione,  in  tutte le attività industriali   produttive   di   beni  e  servizi” (tra le attività produttive di servizi, tuttavia, l’Agenzia delle Dogane tradizionalmente esclude quelle di tipo bancario e assicurativo). Il legislatore ha poi assimilato alle ore dette “attività industriali   produttive   di   beni  e  servizi”,  altre attività di natura commerciale, artigianale, o prive di scopo di lucro, menzionate dallo stesso comma 3 in commento: ci si riferisce alle attività “artigianali   ed   agricole,   nonché gli   impieghi  nel  settore alberghiero,  nel  settore  della  distribuzione  commerciale,  negli esercizi   di   ristorazione,   negli   impianti   sportivi   adibiti esclusivamente  ad attività dilettantistiche e gestiti senza fini di lucro,  nel teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione […]anche se riforniscono utenze civili” (ulteriori assimilazioni all’attività industriale sono poi previste dal secondo capoverso dell’art. 26, comma 3,TUA, mentre i commi 2 e 4 prevedono ipotesi particolari di confine tra il regime d’accisa industriale e civile).

Il legislatore ha inoltre previsto che scontino il regime d’accisa industriale anche “i consumi relativi ad operazioni connesse con l’attività industriale”: ed è su questa particolare tipologia di impieghi che la Cassazione è di recente intervenuta, fornendone una interpretazione particolarmente restrittiva, a mezzo della pronuncia n. 19401 dell’8 luglio 2021.

Nel caso di specie, una prima società aveva ricevuto una fornitura di gas (con applicazione dell’aliquota industriale), in parte impiegato direttamente da essa per proprie attività industriali, e per altra parte impiegato per produrre calore fornito ad altre seconde società. Secondo il giudice di appello,  l’aliquota industriale poteva essere riconosciuta solo per la fornitura di gas naturale impiegato dalla prima società sia direttamente, per la produzione industriale, sia per la successiva fornitura di calore in favore di società appartenenti allo stesso gruppo di impresa o svolgenti attività ausiliaria in prevalenza rivolta in favore della medesima prima Società; mentre non poteva essere riconosciuta per la fornitura nei confronti delle altre società per le quali mancava la prova che l’attività di queste, complementare a quella industriale, fosse stata svolta prevalentemente in suo favore.

La Suprema Corte ha però accolto il ricorso delle Dogane, stabilendo che l’aliquota industriale può essere riconosciuta solo laddove: “a) sia utilizzato esclusivamente presso i locali destinati alla produzione; b) sia utilizzato ai fini dello svolgimento dell’attività produttiva;”. A tale ultimo scopo, occorre quindi “accertare che l’utilizzo sia compiuto ai soli fini dell’attività di produzione, cioè all’esclusivo fine di realizzare beni o servizi”.

La Cassazione quindi ha precisato che la nozione di  attività connessa di cui all’art. 26 comma 4 deve essere interpretata in modo restrittivo perché l’applicazione dell’aliquota industriale costituisce una agevolazione fiscale:

“… la necessaria considerazione, già precisata, che la norma in esame è di stretta interpretazione, non può non indurre a ritenere che la stessa abbia una estensione limitata alla sola funzione di attività strettamente strumentale e necessaria alla realizzazione dell’attività produttiva, inserendosi, in tal modo, come momento necessario del completamento del ciclo produttivo; si tratta, dunque, di una dimensione più ristretta della mera “accessorietà” dell’attività, che, in quanto tale ha una più ampia e vasta modalità di realizzazione, ricomprendendo, in generale, qualunque attività che, in qualunque modo, possa essere a supporto dell’attività principale ma che, d’altro lato, non implica la necessarietà della sua esplicazione ai fini del completamento del ciclo produttivo; le attività cui ha fatto riferimento il giudice del gravame: la movimentazione del trasporto delle merci, la manutenzione delle reti e dei sistemi informatici e telefonici, la gestione delle campagne pubblicitarie, l’attività di factoring e di marketing, ecc., non possono essere, quindi, ricondotte nell’ambito delle “attività connesse”, poiché non essenziali al completamento del ciclo produttivo, intervenendo solo successivamente, al fine del migliore svolgimento dell’attività di impresa”.

Le conclusioni di Cass. n. 19401/2021, secondo le quali anche le attività connesse devono essere riconducibili al ciclo produttivo industriale, hanno una loro razionalità intrinseca.

Tuttavia, si deve notare che il dichiarato presupposto dell’iter argomentativo adottato dalla Suprema Corte, ossia la natura di “agevolazione” dell’aliquota industriale, non è condivisibile.

L’aliquota industriale, al pari dell’aliquota civile, rappresenta infatti un regime d’accisa ordinario, e non agevolativo.

I prodotti sottoposti ad accisa in base alle aliquote di cui all’Allegato I al TUA (come il gas destinato ad uso civile, ad uso industriale e per autotrazione) scontano regimi d’accisa di tipo ordinario. Differentemente, le agevolazioni riguardano tipologie speciali di impieghi, con applicazione di aliquote ridotte specificate nella Tabella A allegata al TUA. In tale Tabella (che è rubricata “impieghi dei prodotti energetici che comportano l’esenzione dall’accisa o l’applicazione di una aliquota ridotta, sotto l’osservanza delle norme prescritte”) sono previste aliquote ridotte, ad esempio, per il gas naturale impiegato negli “usi di cantiere” (che è una attività industriale speciale), e per le autovetture da noleggio da piazza (che è una autotrazione speciale).

Del resto, è la stessa prassi dell’Agenzia delle Dogane a insegnare che l’aliquota industriale è di tipo ordinario, e non è una agevolazione. Per essa, quindi, non è richiesta una “stretta interpretazione”. Nella Nota prot. n. 46773/2013 del 24 aprile 2013 dell’Agenzia delle Dogane, si legge infatti che

“… l’aliquota per combustione per uso industriale del gas naturale non è un’aliquota agevolata rispetto a quella prevista per combustione agli usi civili, bensì è un’autonoma e distinta aliquota espressamente prevista nell’Allegato I al TUA”. Tale interpretazione è stata ulteriormente ribadita nella Nota prot. n. 102218/RU del 28 ottobre 2013, secondo cui: “Al riguardo occorre precisare, in premessa, che l’aliquota d’accisa prevista nell’Allegato I al TUA (Testo unico delle accise) per combustione per usi industriali è un’aliquota specifica legata agli usi industriali del gas naturale, la cui applicazione non si configura quindi, come un “beneficio” rispetto ad aliquote più alte previste per altri usi, come, ad esempio, le varie aliquote previste per i diversi scaglioni di consumo di gas naturale utilizzato per usi civili”.

Ti può interessare anche: